13 giugno 1999: Reggio Calabria esplode gioia, la Reggina conquista la promozione in A
13 Giugno 2020
La visione della cosiddetta “prima volta” è, nell’immaginario collettivo, una visione romantica che è spesso ricordata con malinconia, propria di tempi che furono. Si tratta di qualcosa di unico ed irripetibile, troppo difficile da spiegare a parole: esse non sarebbero in grado di trasmettere le reali emozioni provate dai singoli protagonisti. Eravamo abituati a leggere il nostro massimo campionato come quasi una kermesse privilegiata quasi alle sole squadre del Centro e del Nord Italia: erano gli anni in cui in quelle stesse compagini approdavano Campioni con la C maiuscola, dove si dominava perfino in Europa e infatti, in una favolosa stagione di ventuno anni fa – quella del 1998-99 – il grande Parma di Malesani stava riservando un trattamento tutt’altro che dolce ai francesi del Marsiglia in finale di Coppa UEFA. E pensare che l’epopea ducale in Serie A era iniziata appena qualche anno prima sotto la guida di Nevio Scala, un uomo che sul finire degli anni ’80 aveva sfiorato una storica prima promozione in Serie A con una squadra del profondo sud: la Reggina, protagonista dai tratti atipici del campionato cadetto, la quale dovette poi soccombere alla Cremonese in uno spareggio terminato con l’atroce giudizio che solo la lotteria dei rigori può dare.
Atipico è anche l’uomo della svolta e si chiama Tonino Martino: è il 13 giugno 1999, ultimo atto del campionato cadetto. Al Delle Alpi sta per andare in scena la festa granata del Torino che, insieme al Verona, è già matematicamente promosso in Serie A. Di fronte c’è la Reggina del subentrato Bruno Bolchi, ex allenatore anche di quel Bari degli inglesi Cowans e Rideout, che è in piena corsa per giocarsi le sue chances di promozione avendo gli stessi punti del Lecce e un punto di vantaggio sul Pescara.
La Reggina e Tonino Martino stanno per giocare la partita più importante della storia amaranto: a distanza di dieci anni dallo sfortunato epilogo contro i lombardi, c’è ancora la possibilità di rifarsi e di centrare un importantissimo appuntamento con la storia.
A Torino si gioca in un contesto in cui si intrecciano situazioni e vicissitudini a tinte romanzesche: era il giorno del trentesimo compleanno di Martino, purosangue abruzzese della provincia di Pescara. All’ombra della Mole si presentano circa ventimila reggini, il Delle Alpi è ammantato da colori talmente simili tra loro che distinguerli risulta davvero proibitivo: in un clima dettato dalla festosa elettricità della Maratona e dall’adrenalina calabrese per la possibilità di essere protagonisti di un’impresa storica. Gli ingredienti per un incontro carico di emozioni sono tutti lì. Gli amaranto sono concentrati, la voglia di gemellarsi con gli avversari in un tripudio da promozione senza eguali è troppo grande: non dev’essere il sogno di una notte di mezza estate, ma di un caldo pomeriggio che sta per aprire le porte alla stagione balneare. Un Carnevale a tinta unita.
Le cose si mettono bene già nel primo tempo quando Ciccio Cozza, uno dei giocatori-simbolo della Reggina, realizza il rigore del vantaggio. Bisogna però fare i conti con uno dei bomber più prolifici e nostalgici di quegli anni: Marco Ferrante, con un’incornata da vero Toro – non a caso – al minuto 62, aggiorna il suo score a ventisette gol e questo, in virtù dei momentanei vantaggi di Lecce e Pescara, condanna la Reggina ad abbandonare il sogno tanto inseguito. La malinconica delusione ha la durata di soli tre minuti, perché il protagonista atipico della nostra storia si prende inaspettatamente la scena: lancio per Possanzini in area, elegante anticipo di tacco all’indietro su Sorrentino, subentrato a Pastine, che trova Tonino Martino il quale scarica un destro violento nell’angolino basso. Reggina avanti ancora e promozione ad un passo.
L’ultima mezzora è di gestione, il Torino non vuole forzare la presa in un giorno di festa che sta per diventare totale. Quando Bettin della sezione di Padova fischia tre volte, esplode tutta Reggio Calabria: Martino manda in delirio gli amaranto nel giorno del suo compleanno e diviene quasi l’antitesi di Ciccio Cozza: se questo è il figliol prodigo per i reggini, Martino risulta il figliol prodigo rinnegato per la sua Pescara che, a causa del suo gol, piangeva la mancata promozione.
In quei giorni non si parla che della città calabrese intenta a festeggiare con grandi caroselli e lacrime di magica felicità: di quel giorno in cui Tonino Martino spegne le sue candeline, diventando reggino d’adozione e trasformando le strade del Più bel chilometro d’Italia in una sorta di Carnevale fuori stagione.
A distanza di ventuno anni esatti, la piazza calabrese sta festeggiando una nuova risalita in Serie B dopo anni di purgatorio nelle serie minori. Tuttavia, la gioia di quella prima storica promozione nel massimo campionato resta tuttora ineguagliabile: l’ho chiesto ad un amico, gran tifoso amaranto nato e cresciuto sullo Stretto, quando nella sua stanza ho notato una meravigliosa maglia incorniciata, sponsorizzata “Caffè Mauro”, con un autografo di Salvatore Aronica che però quell’anno non scese mai in campo. I suoi occhi si sono illuminati in maniera così visibile da poterci leggere attraverso. Emozioni e nostalgia di anni in cui si viveva e si respirava un calcio totalmente diverso, fatto di imprese impossibili e inguaribilmente romantiche, che testimoniano una volta di più come realmente le prime volte siano speciali ed inspiegabili.
di Nicola Leno
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