Privacy Policy Tutti gli africani campioni d'Europa

Tutti gli africani campioni d’Europa

10 Marzo 2021

Oggi celebriamo il Continente Nero. E lo facciamo attraverso il volto e il sorriso di Samuel Eto’o. Il suo quarantesimo compleanno ci riporta indietro nel passato per ricordare, prima del calciatore, l’esperienza di un bambino cresciuto nel Camerun, nel cuore profondo dell’Africa. Sono tempi duri. Dove la vita ti insegna presto a diventare adulto. E Samuel è la figura cardine di una nazione intera. Fatto di storie dentro le storie, dove la dura realtà può segnare la vita di un uomo. Qui lo sport deve giocare un ruolo fondamentale perché diventare un atleta potrebbe rivelarsi non solo una valvola di sfogo imprescindibile, ma soprattutto un appiglio che, se coltivato con costanza, può trasformarsi in una meravigliosa opportunità.
Per questo, la lista dei calciatori africani che sono riusciti nell’impresa di vincere la Coppa dei Campioni prima e la Champions League poi, è dedicata a coloro che ce l’hanno fatta. Tanti auguri Samuel, capace di salire per tre volte sul tetto d’Europa, due delle quali consecutivamente, centrando il treble – o triplete – per ben due stagioni consecutive.

Bruce GROBBELAAR (Zimbabwe) – Liverpool 

La carriera dello storico numero uno del Liverpool inizia dividendosi tra il Continente Nero e il Canada, dove affina la tecnica allenandosi con Tony Waiters. Gli anni formativi passati oltreoceano e le ottime prestazioni convincono i Reds a puntare sul baffuto portiere africano. Sarà una scommessa vinta. Il matrimonio con Grobbelaar durerà per quattordici anni e porterà nella bacheca di Anfield Road qualcosa come diciotto trofei, con una menzione speciale per la vittoria della Coppa dei Campioni nel 1984. Il movimento dinoccolato delle sue gambe – che induce Ciccio Graziani all’errore decisivo dal dischetto – è ancora oggi una delle immagini più iconiche nella storia della Coppa dalle Grandi Orecchie. Le ginocchia molleggiano e lo sguardo beffardo si incrocia con quello di Graziani. Tiro, palla alle stelle. E Liverpool festeggia. Qualche anno dopo arriverà la quinta Coppa per i Reds, con un certo Dudek tra i pali. A chi si ispirò per il rigore decisivo? Beh, provate a immaginare…

Rabah MADJER (Algeria) – Porto

Classe funambolica, estro e velocità di esecuzione. Il fantasista algerino, tra i più forti della sua generazione, nonché Pallone d’Oro africano nel 1987, era capace di dipingere ed incantare per poi infilare la zampata al momento più opportuno con un colpo di genio. Si, perché il gol del pareggio nella vittoriosa finale del Porto contro il Bayern Monaco, non è altro che pura intuizione. Un gesto tecnico di rara bellezza – passato alla storia come il Tacco di Allah – che mette in luce quell’istinto sopraffino con cui si distinguono i grandi calciatori. Madjer aveva iniziato la carriera in patria, trasferendosi presto in Francia, dove contribuisce con venti gol alla promozione del Racing Club di Parigi. Successivamente al Porto, fece vedere le cose migliori, prima di una breve parentesi al Valencia dopo che saltò il suo trasferimento all’Inter. In Spagna, però, fece fatica ad adattarsi, scegliendo il ritorno ai Dragões per poi giocare, infine, un’ultima stagione in Qatar.  

ABEDI PELÉ Ayew (Ghana) – Olympique de Marseille

La stella di Abedì brilla di luce propria, fosse solo per la pesante convivenza con lo stesso soprannome del campione brasiliano. Se giochi a calcio e ti chiamano Pelé, non può essere di certo figlio del caso, e né tantomeno un appellativo troppo esagerato regalato dall’estasi di qualche tifoso. Il paragone no, quello magari è eccessivo, ma in effetti le qualità di Abedì ci sono tutte. Per tre anni consecutivi vince il Pallone d’Oro africano ed è universalmente riconosciuto come il più forte calciatore ghanese di tutti i tempi. Inizia in patria, nel Real Tamale, per poi seminare il suo talento a sprazzi tra Al-Sadd, Zurigo e Dragons de l’Ouémé (oltre che una successiva parentesi al Torino). La svolta arriva in Francia, dove gioca per gran parte della sua carriera. Mulhouse, Lille e Lione, ma soprattutto Olympique Marsiglia con cui nel 1993 conquista la prima storica Champions League dei transalpini ai danni del Milan di Capello. Fu suo l’assist da cui scaturì il colpo di testa vincente di Basile Boli. 

FINIDI George (Nigeria) – Ajax

Tecnica di base, resistenza atletica, scatto da centometrista e una abnegazione al lavoro fuori dal comune. Quello di Finidi è un nome portafortuna: “Futuro pieno di sole” che rivela tutte le qualità di un calciatore straordinario, capace di concentrare la sua potenza debordante sulla fascia destra. Gli osservatori dell’Ajax si accorsero presto delle sue capacità, già dall’esordio in nazionale, e ne avallarono l’acquisto regalando allo scacchiere dei Lancieri una pedina tanto importante quanto imprescindibile. Durante il suo triennio olandese Finidi era imprendibile, lasciava la polvere agli avversari che, a mal fatica, cercavano di arrancare dietro le sue scorribande. Vince ben nove trofei, tra cui la Champions League del 1995 – dove l’Ajax si impose contro il Milan grazie ad un gol allo scadere di Kluivert – e quella sfiorata l’anno successivo contro la Juventus di Lippi. La corsa di Finidi si chiuderà tra le maglie del Real Betis e del Mallorca, senza impedire alla freccia nigeriana di entrare comunque nella Hall of Fame dei Godenzonen (Figli degli Dei).

Nwankwo KANU (Nigeria) – Ajax

Gli stessi Talent Scout di Finidi George portarono alla corte dei Godenzonen un altro calciatore nigeriano dal futuro promettente. A differenza del connazionale, l’esplosione di Kanu è stata graduale ed incompleta. Una maledetta disfunzione al cuore, corretta durante il periodo interista con un’operazione ventricolare, non gli impedì comunque di proseguire la sua carriera, ma fu sufficiente per limitarne le prestazioni atletiche. Kanu sapeva fare gol. E dall’alto dei suoi 197 centimetri iniziò proprio con la casacca dell’Ajax a buttare il pallone in fondo al sacco con frequenza. I suoi gol contribuirono alla vittoria del campionato, mentre nella finale di Champions League di Vienna – contro il Milan – subentrò nella ripresa al posto di Seedorf, cambiando il volto dell’attacco aiacide che vinse, alla fine, per la quarta volta la Coppa dalle Grandi Orecchie. Dopo il triennio olandese, arrivò l’esperienza nerazzurra, avara dal punto di vista sportivo ma piena di gratitudine sul lato umano, per chiudere infine con le divise di Arsenal, West Bromwich Albion e Portsmouth.

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