Privacy Policy Tutti gli stranieri nella Serie A 1995-96

Tutti gli stranieri nella Serie A 1995-96

1 Aprile 2021

Già vi vedo lì. Con il gelato sotto l’ombrellone che si scioglie pian pianino. Il costumino in bella vista e i piedini sulla sabbia che portano il tempo su Baby, baby di Corona. Ma rigorosamente con la Gazza fra le mani, per ribadire al mondo circostante che, nonostante le apparenze, si è uomini navigati e di concetto. Con gli amici non si parla che di pallone e della partenza di Baggio che ha trafitto i cuoricini dei tifosi juventini e fa battere quelli dei milanisti. Ed il rito è sempre lo stesso. Dannatamente ripetitivo, con la speranza di vedere nella colonna degli acquisti – o delle trattative – della propria squadra, qualche nome che possa essere all’altezza di quello del Divin Codino. Sennò ci si mette a piangere. Oh, e che cavolo. Così non va bene.

Eh sì, perché nell’estate del 1995 si è consumato il passaggio che ha portato Roby all’ombra della Madunina. Messo in secondo piano dal tecnico Lippi e dall’esplosione di Del Piero, il Milan ha deciso di puntar forte sull’ex Pallone d’Oro per far tornare il tricolore sul petto delle proprie maglie dopo l’exploit della Juventus, tornata al successo dopo un’attesa di nove anni. Ed il Diavolo, che ha dominato l’ultimo quinquennio, per mano del suo presidente Berlusconi, tira giù dei pezzi da novanta che fanno sognare i Rossoneri.

Durante il mercato estivo, infatti, sposa la causa milanista anche George Weah, centravanti liberiano del Paris Saint Germain e futuro Pallone d’Oro, mentre arrivano anche i giovani dalle belle speranze Ambrosini, Locatelli e Vieira. Mosse necessarie per alleggerire il trauma del definitivo distacco da Marco van Basten che, dopo aver tentato di recuperare la forma fisica negli ultimi due anni, alza definitivamente bandiera bianca e dà l’addio al calcio.

Nell’annata che ci porta verso gli Europei del 1996, però, è soprattutto il Parma a far parlare di sé, annunciando l’acquisto di Hristo Stoickhov, funambolo bulgaro del Barcellona, che sposa la causa ducale insieme a Fabio Cannavaro, erede in pectore di Ciro Ferrara in quel di Napoli e ceduto dai partenopei per arginare i problemi finanziari che affliggono le casse societarie.

Ma il nostro obiettivo, oggi, è quello di fare un viaggio all’interno della legione straniera che popola il campionato di Serie A. È l’ultimo campionato prima della fragorosa apertura delle frontiere all’indomani della legge Bosman che squasserà gli equilibri delle squadre europee. Crollano le frontiere, non l’affetto, le gioie – o le maledizioni – riposte dai tifosi sparsi su tutto lo Stivale nei circa settanta protagonisti provenienti da ogni angolo del globo per cimentarsi nel campionato più bello del mondo. Eccezion fatta per il Piacenza, ovviamente, che rimane ancora ultimo presidio foreign-free ed interamente composto da calciatori italiani. Quando si dice una squadra fatta in casa.

ATALANTA

José Oscar HERRERA

Dopo cinque anni vissuti in Sardegna con la maglia del Cagliari, nel 1995 l’uruguaiano sposa la causa atalantina ed arriva alla corte della neopromossa per guidare la mediana della squadra neopromossa. José è sinonimo di affidamento e Mondonico gli affida le chiavi del centrocampo per dettare i tempi della squadra. La missione riesce egregiamente e a fine stagione sono ben ventinove le presenze messe a referto, condite da due reti realizzate rispettivamente alla Sampdoria e al Padova.

Paolo Iglesias MONTERO

Così come il suo connazionale, anche Paolo viene pescato dall’inesauribile cantera del Peñarol. Il coriaceo difensore, ormai, è un bergamasco d’adozione. Quella del 1995-96 è la quarta stagione con i colori nerazzurri addosso e in molti sanno già che sarà l’ultima all’Atleti Azzurri d’Italia. Infatti, Montero è monitorato dai grandi club, i quali apprezzano la sua grinta dirompente ai quali si abbina una buona tecnica. Al termine del campionato dice sì alla Juventus, ritrovando in panchina Marcello Lippi, il suo primo allenatore dopo il suo arrivo in Italia.

Kewullay CONTEH

Il nazionale della Sierra Leone si aggrega alla prima squadra dopo il suo acquisto dagli svedesi dello Spånga. Conteh è veloce ed ha fisico, caratteristiche che convincono gli orobici ad investire sul diciottenne. Desta buone sensazioni fra i tecnici della squadra Primavera e Mondonico lo aggrega presto alla rosa della prima squadra, facendolo esordire a fine torneo in occasione del match all’Artemio Franchi che si conclude con il successo dei Viola per 1-0.

BARI

ABEL XAVIER Luis da Silva Costa

Cosa vuol dire prendere un abbaglio. Lo sanno bene a Bari dopo il passaggio di Abel Xavier al San Nicola. Il portoghese – nato in Mozambico – viene acquistato in prestito dopo le buone referenze provenienti dal Benfica. Ha ventitré anni, ma può vantare già esperienze in Champions League con la maglia delle Aguias. Tuttavia, il suo rendimento è disastroso. Materazzi lo impiega con il contagocce ed ogni sua presenza fa rima con una sconfitta dei Galletti. La sua prima partita da titolare coincide con una sonora bocciatura: rimane negli spogliatoi e solo dopo il Bari riesce a trovar la quadra per aggiudicarsi il match con il Cagliari. L’esperimento viene ripetuto altre due volte, ma maturano altrettante sconfitte contro Padova e Roma. Arriva, dunque, Fascetti alla guida dei pugliesi ed il suo esordio è disastroso: sconfitta per 7-1 contro la Cremonese. Il tecnico toscano capisce l’antifona e lo lascia nella naftalina per tutto il resto del campionato, concedendogli un’altra apparizione a febbraio contro il Vicenza. L’esito è sempre lo stesso. Il Bari perde per 2-0 al Romeo Menti e quella rimane l’ultima di otto disastrose presenze.

GERSON Candido de Paula

L’usato sicuro è sinonimo di affidabilità. Il centrocampista brasiliano è tornato a Bari nel 1994 dopo l’esperienza in Turchia con la maglia del Fenerbahçe e un passaggio a Lecce coinciso con la disastrosa retrocessione dei salentini in Serie B. Gerson accetta di buon grado di rivestire i colori de La Bari e il carioca ripaga l’affetto dei suoi tifosi con ottime prestazioni che, però, non saranno sufficienti per evitare il ritorno fra i cadetti.

Miguel Angel GUERRERO

Il colombiano viene acquistato per rinforzare l’attacco, ma l’impatto con il torneo italiano è più duro del previsto. Tuttavia, le poche realizzazioni gli consentono comunque di passare alla storia dopo l’1-2 inferto all’Inter a San Siro l’anno precedente: fu proprio in quell’occasione che Miguel esultò insieme ai suoi compagni di squadra mimando il gesto del trenino. E ciò basta per passare alla storia. Nel campionato in corso, vista la prorompenza di Protti che con Andersson compone una coppia di grande efficacia, gli spazi sono pochi e per non perdere il ritmo partita viene ceduto in Spagna, al Merida, dove però non riesce mai ad andare in rete. Torna al termine del campionato per dare una mano ai biancorossi nella nuova scalata alla Serie A.

Kennet ANDERSSON

Il gigante svedese viene acquistato per supplire alla partenza del Cobra Tovalieri che, nel frattempo, ha trovato nell’Atalanta la sua nuova casa. Nelle mire della società c’è la volontà di dare un partner d’attacco complementare a Protti, piccolo e scattante. E l’esperimento riesce perfettamente, nonostante la gran mole di gol non impedisca al Bari di retrocedere. Tuttavia, lo svedese si distingue positivamente all’interno della legione straniera per la sua grande attitudine al sacrificio: insieme al riminese, Kennet segna dodici reti che gli fanno guadagnare la chiamata del Bologna, dove diventerà un simbolo della squadra felsinea.

Klas INGESSON

È novembre quando il Bari annuncia l’acquisto del centrocampista svedese dallo Sheffield Wednesday. E non si tratta certo di un innesto da poco, vista la grande esperienza del mediano che con la Svezia ha già disputato due Mondiali – centrando il clamoroso terzo posto ad USA ’94 – ed ha alle sue spalle molte presenze nelle coppe europee. Si ricompone, così, il binomio con l’amico Andersson, con cui ha già condiviso le esperienze con IFK Göteborg e KV Mechelen (dal 1991 al 1993). Il suo arrivo a centrocampo, però, non riesce a raddrizzare un cammino ormai compromesso. Tuttavia, si leva lo sfizio di segnare il suo primo gol italiano nel clamoroso 4-1 rifilato all’Inter nel primo match del 1996. Grande Klas.

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