Capitan Biffi e il Palermo dei Picciotti
21 Agosto 2021
È una domenica d’agosto del 1995 e allo stadio La Favorita di Palermo c’è il clima delle grandi attese. Molti sono tornati dal mare per godersi lo spettacolo. Sono quasi venticinquemila.
Un evento del genere non capita da tempo e pazienza se si è sottratta qualche ora di svago alla spiaggia di Mondello. È pur sempre mercoledì e in ballo c’è una sfida di Coppa Italia. Sul campo si schierano ventidue ragazzi.
Undici hanno la maglia rosa e i calzoncini neri. Gli altri sono in completo bianco. A dispetto del colore, fanno paura. Eccome. La maglia numero 8 la veste il Pallone d’Oro in carica: è bulgaro, ma è stato re di Barcellona per anni. La 10, invece, è sulle spalle dell’erede in pectore di Maradona. E mentre si avvicinano al pallone posizionato al centro del campo, si dispongono sul rettangolo di erba arsa dal caldo altri nove ragazzi: cinque sono vice-campioni del mondo.
Quelli di rosa vestiti, invece, hanno visto i Mondiali americani soltanto in televisione. Il portiere è un diavolo di toscanaccio. Altri quattro sono biondi: uno è un mastino marchigiano, gli altri sono milanesi. Ma non sono lì per caso o in vacanza. Anzi.
Dieci giorni prima, dall’altra parte della Sicilia – al Tupparello di Acireale – il loro neo-presidente ha attaccato l’allenatore: «Lei si rende conto di quanto vale questa partita per noi?». Gli altri che stanno per scendere in campo sono tutti ragazzi di Palermo. Hanno le ginocchia e i polpacci segnati dai graffi della pozzolana dei terreni di gioco sparsi sull’Isola di Tifone. Sono giovani ma non hanno paura. Sono tutti picciotti.
Il loro allenatore è Ignazio Arcoleo. Il mister non ha il nome altisonante, ma è un personaggio che di calcio ne mastica. Eccome. È stato una colonna del Palermo, di Palermo, tra gli anni ’60 e ’80. Ha vestito quei colori per più di duecento volte – tra Serie A e B – mentre tra il 1974 e il 1978 ha vestito la casacca del Genoa, giocando al fianco di personaggi del calibro di Mario Corso, Bruno Conti e Roberto Pruzzo. «Presidente, se vuole me ne vado. Fate la squadra voi» risponde con calma.
Al fischio d’inizio, Arcoleo è lì al suo posto. In panchina. Reduce da una cavalcata con il Trapani e con il budget ridotto all’osso, il tecnico ha fatto affidamento su tutta la sua esperienza, mettendo su una squadra di ragazzi affamati di calcio, caparbi ed eclettici. Come solo chi nasce tra le strade del capoluogo siciliano sa essere.
Dopo aver fatto fuori i cugini granata nel primo turno per 2-0, l’avversario stavolta si chiama Parma. I ducali sono i detentori della Coppa UEFA e durante l’ultima edizione della Coppa Italia hanno conteso il trofeo alla Juventus di Marcello Lippi, nella sfida infinita che ha caratterizzato la stagione appena conclusa. Infatti, proprio ai bianconeri gli emiliani hanno strappato dalle mani il titolo continentale. Alla loro guida c’è Nevio Scala, deus ex machina del Parma dei miracoli. I pronostici sembrano già indicare la fine corsa per i rosanero. Eppure…
A guidare quella truppa di picciotti c’è un guerriero con le fattezze da normanno: i capelli lunghi e ricci, un fisico da corazziere e la cadenza milanese. Si chiama Roberto Biffi ed è il capitano da diversi anni. Ha accompagnato le imprese e la rinascita del Palermo dalle ceneri dopo il fallimento del 1987, facendo leva sul fisico da Odino e sul carisma trascinante.
Ormai, sono sette anni che ha piantato le sue tende sul prato de La Favorita e i tifosi rosanero lo hanno eletto a loro beniamino. Anche se è un bauscia. Ma chi se ne importa. È lui il condottiero che guida i picciotti all’assalto dei ducali in quell’afosa serata d’agosto. Sulla fascia c’è un folletto indemoniato che si chiama Gaetano Vasari. Corre come un matto su e giù per la fascia, facendo venire i capelli bianchi ora a Benarrivo, ora a Mussi. Ha sempre giocato in Sicilia, ma mai nella sua Palermo. E questa è l’occasione giusta per Tanino di restituire a mister Arcoleo la fiducia che il tecnico gli ha conferito per portarlo a vestire i colori della sua città, dopo averlo visto all’opera nella sua esperienza a Trapani.
Il Palermo domina la sfida: segna dopo sette minuti con uno dei tre milanesi in squadra: Giovanni Caterino – uno che i gol dovrebbe solitamente evitarli e non farli – batte Bucci con una staffilata imparabile sotto la traversa. E la curva esplode. Gli altri ragazzi che da tifosi sulle gradinate sono diventati dei protagonisti in campo rispondono ai nomi di Francesco Galeoto, Massimiliano Pisciotta e Giacomo Tedesco, mentre durante il match subentrano Davide Campofranco e Giovanni Di Somma, mentre tra panchina e tribuna spuntano Pietro Assennato, Gaetano Lo Nero ed un giovanissimo Alessandro Parisi.
Sono tutti di Palermo. E non hanno alcuna paura. Al triplice fischio finale il risultato è di 3-0. Stoichkov – forse – inizia a realizzare che l’avventura sulla via Emilia non sarà così facile come era stata preventivata. E mentre i gialloblu tornano negli spogliatoi, in campo e sugli spalti esplode la festa. È nato il Palermo dei picciotti. Con tanti bei saluti al Parma dei miracoli. E quei ragazzi smaliziati, entusiasti, guidati dal ruvido ma efficace capitan Biffi, giungono fino al settimo posto nella graduatoria del campionato cadetto, fermandosi ai quarti di finale della Coppa Italia soltanto davanti alla Fiorentina – futura vincitrice – ma levandosi la soddisfazione di far fuori anche il Vicenza di Guidolin.
È questo uno dei giorni più belli vissuti in Sicilia da capitan Roberto. Ha vestito la corazza rosanero per 372 volte – stabilendo il primato assoluto di presenze in campionato con il Palermo – andando all’arrembaggio dell’avversario in ogni occasione: che sia stato il Parma o l’Atletico Catania. Non ha fatto certo differenza. Seppur la vita professionale lo abbia portato lontano dal capoluogo siculo, il suo nome è legato indissolubilmente alla storia recente del sodalizio palermitano: lontano dai riflettori e dalla celebrità, Biffi attualmente guida le giovanili dell’Ospedaletti, in Liguria. E celebriamo la sua figura oggi che spegne le sue prime cinquantasei candeline.
Il Palermo dei picciotti rappresenta uno degli ultimi esperimenti “local” del calcio professionistico, prima che le ondate della legge Bosman e della globalizzazione si siano abbattute sul mondo del pallone che rotola. Chissà se, tra le pieghe dell’avvenire, vi sarà ancora spazio per esperienze “fatte in casa” come quella dei rosanero, o de La Bari dei baresi di mister Catuzzi o de L’Ascoli degli ascolani del presidente Rozzi, presenza fissa del massimo campionato durante la seconda metà degli anni ’80. Fa ancor più sorridere pensare che, proprio in quel Palermo, vi fossero due superstiti proprio di quell’Ascoli come Iachini e Scarafoni.
Ah, non conoscete la loro storia? Beh, se siete su questa pagina, vi trovate nel posto giusto. La conoscete? Allora siete nel posto giustissimo.
Nando Di Giovanni

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