I 15 argentini meno argentini che abbiamo visto giocare in Serie A
2 Settembre 2021
Lo ben sappiamo. Il fattore K rappresenta una variabile imprescindibile della nostra esistenza terrena che condiziona sensibilmente ogni ambito della nostra vita. Sia in bene, che in peggio. Neutralizzare il suo influsso? Praticamente impossibile. Anche quando si è dirigenti di un club di Serie A e ci si arrischia nella pratica tanto divertente (per noi osservatori) quanto snervante (per gli allenatori) del calciomercato.
Seppur la massima serie rappresenti la crème de la crème della categoria in circolazione, la proverbiale “buccia di banana” è sempre lì dietro l’angolo a guastare piani meticolosamente programmati. Certo, quando poi il rischio diventa vero e proprio azzardo, la probabilità di passare sul lato “sbagliato” degli almanacchi o dei libri di storia è alta.
Abbagli, miopie e vere e proprie cassandre. C’è di tutto un po’ nel lungo elenco di calciatori argentini che hanno deciso di varcare l’Oceano per mettersi alla prova in quello che era “Il campionato più bello del mondo”. E se dalle scalette di piroscafi ed aerei sono scesi nel corso degli anni personaggi del calibro di Sivori, Maradona e Batistuta, sulla medesima tratta sono comparsi carneadi d’ogni specie che, spesso e volentieri, sembrava avessero attitudini molteplici, fuorché quelle richieste a chi si approcci con il gioco del calcio. O almeno quelle che si richiedono per partecipare a questo torneo.
Per questo, oggi celebriamo l’angelo biondo che illuse la Roma giallorossa. Oggi, che è il giorno del suo compleanno. Oggi che rendiamo onore a Gustavo Javier Bartelt e questi sono i 15 argentini più “scarsi” che abbiamo visto in Serie A negli anni ’90.
15. Oscar Alberto DERTYCIA

Doveva essere l’erede di Stefano Borgonovo e la spalla ideale di Roberto Baggio. El Tiburon, invece, viene ricordato dai tifosi della Viola per un’alopecia da stress causata dai postumi di un infortunio in uno scontro di gioco con Maradona che rischiò di compromettergli la carriera. La prospettiva del ritiro, infatti, gli fece perdere nel giro di poco tempo quella fulva chioma che nascondeva la faccia da pugile, ostentata ispirandosi al suo mito di sempre: Mario Kempes. Proprio come il numero nove della Seleccion, Dertycia esordì fra i grandi con la maglia dell’Instituto di Cordoba e dopo un ottimo campionato con l’Argentinos Juniors – con cui si laureò capocannoniere – venne scelto dalla Viola per raccogliere l’eredità del centravanti di Giussano. Ma la cattiva stella che brillava in quell’anno sul capoluogo toscano non fece bene all’argentino che mal digerì l’impatto con i ritmi della Serie A e con le arcigne difese italiane. Goffo e impacciato, il tecnico Giorgi ben presto lo relegò in panchina per lasciare spazio a Buso. Tuttavia, quando le cose sembrarono aggiustarsi – doppietta all’Ascoli, gol al Cesena e al Genoa – un altro impatto (stavolta più fisico che metaforico) sul neutro di Perugia contro il Napoli in Coppa Italia gli costò il resto dell’annata. Lasciò la Fiorentina nel 1990 per tentare l’avventura in Spagna e consentire alla società del neo-presidente Cecchi Gori di consegnare nelle mani del nuovo tecnico Lazaroni il cartellino di Marius Lacatus. Parleremo di lui quando ci concentreremo sui flop romeni in Serie A.
14. Diego Fernando LATORRE

È ampia la letteratura sportiva sull’incredibile serie di coincidenze che s’intrecciano negli anni e che portano alla corte di Cecchi Gori il Re Leone Gabriel Omar Batistuta. Bocciato l’esperimento-Lacatus, i Viola sono alla ricerca di un fantasista che possa far dimenticare – o almeno alleviare – ai tifosi il doloroso addio di Baggio. In Argentina, con la maglia del Boca Juniors, fa faville un ragazzo che ha appena venti anni che alla Bombonera ha conquistato tutti, tanto da meritarsi il soprannome di Gambeita (la finta). Gli emissari della Viola cercano qualcuno che possa appagare il palato raffinato dei fiorentini, abituati alle pennellate del talento di Caldogno ed individuano nel profilo di Latorre quello dell’erede perfetto da ingaggiare in vista del torneo 1991-92. Ma quando Cecchi Gori visiona i filmati che arrivano dal Sudamerica, ha occhi soltanto per un ragazzo che raccoglie ogni assist di Diego e lo scaglia in fondo al sacco e il suo nome è Batistuta. Fino a poco tempo prima El Gordo giocava lontano dall’area di rigore e solo un’intuizione del Maestro Tabarez, quell’anno alla guida degli Xeneizes, lo trasformò nel bomber che tutti conosciamo. Il presidente della Fiorentina è così innamorato del numero nove che decide di acquistare sia Batistuta che Latorre, oltre all’ingaggio dell’erede al Boca di Gabriel. La prospettiva di ripetere all’Artemio Franchi le magie dei due si scontra, però, con il regolamento che vuole al massimo tre giocatori stranieri tesserati per squadra. La scelta cade sul centravanti e così Latorre è costretto a vivere un’altra stagione in Sudamerica. L’arrivo a Firenze, dunque, avviene nell’estate del 1992 e quello che arriva in estate sembra essere una copia sbiadita del Diego ammirato alla Bombonera. Non riesce ad adattarsi agli schemi di mister Radice, è lento, bolso ed impacciato. Insomma, un disastro che riesce ad accumulare la miseria di diciotto minuti contro Foggia e Genoa. Poi, la cessione nel mese di gennaio del 1993 con un sentito grazie: quello di aver fatto scoprire alla Fiorentina il talento di Batistuta grazie ai suoi assist in videocassetta.
13. Gustavo Enrique REGGI

Forse il suo nome lo ricorderà soltanto Toldo che, su un pallone spiovente calciato da capitan Giacchetta nel cuore dell’area fiorentina alla disperata ricerca del pareggio, vide la sfera scappargli di mano e finire sulla testa del centravanti argentino per il gol del definitivo 2-2. È stata quello l’unico segno di vita battuto dal gigante di San Martin, giunto sulle sponde dello Stretto per segnare i gol necessari a garantire la salvezza della Reggina nella stagione del debutto assoluto in Serie A. Le speranze che i tifosi amaranto riponevano nel granitico centravanti ex Ferro Carril Oeste, Independiente e Gimnasia La Plata erano più che giustificate: d’altronde, Reggi, eccelleva in patria per il gioco di testa ed il suo fisico. Ed invece, in Italia, è stato proprio quel fisico così possente a rivelarsi il suo più grande fardello con cui convivere. Lento ed impacciato, Reggi si ritrovava spesso a dover combattere con una struttura fisica che gli impediva di avere la meglio sulle difese italiane, scattanti ed arcigne. Difatti, con il passar delle giornate, Reggi è finito sempre più ai margini del progetto reggino e neanche il prestito a Crotone servì a dargli una sveglia. Dopo due anni, il rapido ritorno in patria con l’Union Santa Fé, prima di trovare una dimensione a lui più consona in Spagna, dove ha vissuto i migliori anni della sua carriera tra Union Las Palmas, Levante e Cartagena.

Grigoris Georgatos nella classifica dei 20 terzini più prolifici di sempre
Ci sono terzini che nel corso della loro carriera sono stati apprezzati più per la loro fase offensiva che per quella difensiva. Addirittura in alcune stagioni sono risultati più decisivi di tanti attaccanti. Un esempio? Nel ricordare oggi il compleanno di Grigoris Georgatos ci è venuta in mente la sua incredibile stagione del 1998/1999, quando […]

Le rose dell’Europeo Under 21 2002: il pianto dell’Italia e l’insuperabile Cech
Tutte le rose dell’Europeo Under 21 2002, vinto dalla Repubblica Ceca di Baros e Cech. Quanti campioni e quanti talenti perduti.

Riscriviamo la storia del trofeo mai vinto da Diego
Se la giuria di France Football avesse potuto premiare anche i calciatori sudamericani, di certo la classifica del Pallone d’Oro 1986 sarebbe stata diversa. Ecco la nostra graduatoria Come sarebbe andata se non avessero costruito il Muro di Berlino? E se gli americani non fossero andati sulla Luna? E se non si fossero sciolti i […]

Halloween nel calcio: l‘enciclopedia delle notti horror dagli anni ‘80 ad oggi!
Prepararsi ad Halloween non è mai stato così masochistico e autoironico. Per questo, ripercorriamo le peggiori e più clamorose disfatte delle big italiane negli ultimi quaranta anni Dolcetto o Caporetto? Cos’hanno in comune la festa che esorcizza la paura dei mostri con la più grande sconfitta militare nella storia del nostro Paese, tanto da diventare […]