Il curioso caso di Antonio “Benjamin” Di Natale
13 Ottobre 2019
Il sogno comincia ad Empoli
Sui capelli bianchi avete ragione: quelli di Antonio di Natale sono incomprensibilmente aumentati negli anni. Non sappiamo che dire. In effetti, è un fatto veramente strano, incoerente col resto della storia. Un po’ come se l’autore non avesse ricontrollato bene il testo, oppure si fosse lasciato sfuggire il dettaglio proprio per le troppe riletture. Ad ogni modo, non c’è nulla che possa dire a questo proposito. Quel che possiamo affermare con certezza invece, riguarda tutto il resto. So che ai più potrà apparire assurdo, eppure, basta riflettere un istante in più su ciò che già si conosce per convincersene senza difficoltà.
Stranamente, Napoli c’entra poco col calcio in questo caso, perciò partiamo da Empoli. Antonio Di Natale muove infatti i primi passi, impacciati come quelli di un vecchio qualunque, nella pianura del Valdarno, circondato dalle colline del Chianti. Il clima è ottimale e anche il talento sembra incominciare a manifestarsi. Tuttavia, l’età ancora troppo avanzata spinge i dirigenti a prendere l’unica decisione possibile: d’altra parte, un paio di stagioni in prestito non potranno che giovare al giocatore.
Tra Zola Pedrosa e Viareggio i gol non sono tantissimi, ma è anche vero che le attenzioni nei confronti di un anziano devono essere maggiori; Di Natale gioca infatti prevalentemente come esterno sinistro, al riparo dalla zone più “calde”, senza che questo gli impedisca peraltro di affinare tutte le sue qualità e offrendo sempre più spesso lampi di classe purissima. Il ritorno ad Empoli è scontato, ed essendo Totò ormai più vicino ai cinquanta che ai sessanta, anche il fisico risponde di più. La Serie B, d’altro canto, si dimostra palcoscenico adeguato: in tre anni crescono molto le prestazioni e, soprattutto, aumentano considerevolmente i gol. Nella primavera del 2002, dopo 16 centri messi a segno, per l’Empoli è promozione in Serie A.
A questo punto, gli addetti ai lavori si domandano se, compiuti i quarantacinque anni, Di Natale sia pronto per la massima competizione nazionale. Bisogna dirlo: aleggia un certo scetticismo. Lui però non si scompone. Crede nelle sue qualità e nei suoi miglioramenti e, guardandosi allo specchio, prova persino una certa impressione: «Forse l’intrico di rughe sulla sua faccia stava diventando meno pronunciato? E la sua pelle non era, per caso, più liscia e più compatta, con addirittura una sfumatura di rosso colorito invernale? …“Possibile che..” pensò tra sé, o, per meglio dire, ardì appena pensare.»
L’Empoli resta in Serie A per due stagioni, schierando Di Natale insieme a Tommaso Rocchi e Francesco Tavano. Il rendimento della squadra è altalenante e ad una salvezza tranquilla il primo anno, segue la retrocessione al penultimo posto l’anno dopo. Totò si è divertito, tutto sommato resterebbe, ma ha sposato da poco Ilenia e la coppia ha voglia di costruirsi una vita nuova, in un’altra città. Udine chiama, la maglia numero 10 di Zico anche più forte: arrivato a trent’anni, Antonio Di Natale pensa che sia davvero la scelta migliore.
Di Natale all’Udinese
Da qui in poi, ciò che accade rispecchia ancor più esattamente l’osservazione di Mark Twain dichiarata come fonte di ispirazione per il proprio racconto da Francis Scott Fitzgerald, «cioè che è un peccato che la parte migliore della nostra vita venga all’inizio e la peggiore alla fine».
Infatti, al primo anno in bianconero è subito Champions League. I friulani superano il primo turno preliminare e si giocano il passaggio del girone fino all’ultimo. La doppietta di Totò in rimonta contro gli avversari diretti del Werder Brema purtroppo non basta: vanno avanti i tedeschi, insieme al Barça di Ronaldinho. Poco male comunque, a venticinque anni c’è tutto il tempo. E proprio il tempo dà ragione a Di Natale. I tanti allenatori che transitano sulla panchina dell’Udinese non hanno dubbi: il giovanotto, che ogni anno sembra aggiungere nuovi numeri al proprio bagaglio tecnico, deve giocare sempre di più per il gol. Tra 2007 e 2013 sono 132 reti in 198 partite di campionato, due titoli di capocannoniere e due qualificazioni ai preliminari di Champions. Scegliere è davvero dura, ma credo che i due gol contro la Reggina nella stagione 2007/2008 siano un tale aggregato di classe e follia da rappresentare la perfezione estetica e filosofica insieme.
Il no alla Juve
Nel mezzo c’è stato l’agosto 2010. Troppo facile dire che quella non fosse la vera Juventus o, peggio, che Totò abbia avuto paura. Semplicemente il ragazzo, scopertosi poco più che ventenne, non poteva sentirsi attratto da una Signora così attempata. Mi rendo conto che il concetto non sia molto intuitivo, ma per fortuna Fitzgerald viene nuovamente in nostro soccorso, descrivendo vividamente la madama sfiorita: «i suoi capelli color miele si erano mutati in un castano bruno piuttosto banale, lo smalto azzurrino dei suoi occhi aveva assunto la sfumatura della terracotta più a buon mercato».
No, Udine è ancora casa, il posto giusto in cui poter vivere serenamente gli anni della più tenera gioventù e infine quelli dell’infanzia. Certo, i gol pian piano diminuiscono e anche la divisa si fa più larga, ma tutto questo è nell’ordine delle cose.
Verso il ritiro
Antonio Di Natale decide di ritirarsi nella primavera 2016, alcuni mesi dopo aver definitivamente smesso di radersi il viso. È ormai chiaro a tutti che sia diventato davvero troppo giovane per continuare a giocare a livello professionistico.
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