The Best of Africa, provate a vincere contro questo 11
11 Marzo 2020
Iniziamo subito recitando un mea culpa preventivo durante la realizzazione di questo articolo: la faticosa scelta della Top 11 del calcio africano ci ha messo in enorme difficoltà. Non abbiamo potuto inserire diversi protagonisti che il continente africano ha portato in dote al gioco più bello del mondo. Che, per chi si fosse collegato solo in questo momento, è il gioco del calcio.
Chi per questioni anagrafiche, chi per esigenze d’equilibrio in campo, ci siamo ritrovati nostro malgrado ad escludere grandi campioni senza tempo: pensiamo a Roger Milla e Rabah Madjer, i primi in grado di imporsi in Europa negli anni ’80; pensiamo a Yeboah e Mboma, che hanno gonfiato reti a più non posso, insieme ai cuori dei loro tifosi; Abedì Pelé, campione d’Europa con l’Olympique Marsiglia; Jacques Songo’o, erede fatto in casa del camerunense N’Kono; Lucas Radebe e Phil Masinga, rappresentanti di quel meraviglioso Sudafrica post-apartheid; non possiamo inserire tutta la squadra della Nigeria per ovvi motivi di spazio e, quindi, ci prepariamo a batterci il petto per non aver dato spazio ai vari Kanu, Babangida, Babayaro e Finidi George.
E allora, con tutte le attenuanti del caso e con lo spirito di costruire un undici che risponda ai crismi dell’equilibrio e dell’imparzialità, ecco la nostra formazione distribuita in campo sui dettami di un classico 3-4-3.
Thomas N’KONO
Quando hai il bollino di garanzia circa la statura atletica e tecnica, oltreché fisica, che hai conferito al ruolo di portiere attribuito da Gigi Buffon, vuol dire che fra i pali eri davvero il numero uno. Sebbene l’IFFHS abbia premiato il suo compatriota Bell come portiere del secolo, nell’immaginario del prototipo del portiere africano non può che esserci lui, l’estremo difensore del Camerun. Comparve per la prima volta sugli schermi degli italiani in occasione del Mondiale del 1982: le sue movenze feline ipnotizzarono gli Azzurri, incapaci di perforarlo finché uno scivolone non gli diede la possibilità di darsi lo slancio necessario per parare il colpo di testa di Ciccio Graziani. Tuttavia, la sua prima esibizione in mondovisione fatta di parate spettacolari ed uscite da kamikaze gli diede l’imprimatur per diventare l’idolo di milioni di ragazzini, ivi compreso Gigi. Dopo quel Mondiale, venne ingaggiato dall’Espanyol con il quale parò per nove anni, diventando il calciatore africano con il numero maggiore di presenze in Liga, battuto solo successivamente da Eto’o.
Samuel KUFFOUR
È il 1992 quando sul gradino più basso del podio, con la medaglia di bronzo al collo, sale un ragazzino di soli sedici anni. Veste la maglia del Ghana che, il giorno prima, ha battuto l’Australia. Il suo nome è Samuel Kuffour e sono numerosi gli osservatori che sul loro taccuino hanno appuntato il suo nome. Ma lui, già da un anno, è in Italia all’ombra della Mole Antonelliana con i colori granata del Torino addosso. Mondonico lo tiene d’occhio, ma nel 1993 è il Bayern Monaco a bussare alla porta dei piemontesi per portarlo in Germania. E lì s’impone come colonna difensiva dei bavaresi. Cinque titoli della Bundesliga, una Champions League ed una Coppa Intercontinentale popolano il palmares del ghanese che rimane vestito in Lederhosen fino al 2005. Perso il posto da titolare, Samuel torna nel Belpaese per vestire la maglia della Roma nell’anno che porta ai Mondiali tedeschi e che vedrà la prima, storica partecipazione della sua Nazionale alla kermesse, poi eliminata agli ottavi dal Brasile. Un’altra stagione sulla penisola con il Livorno per poi concludere la sua carriera che verrà archiviata con i due premi di miglior giocatore del Ghana e del BBC Footballer of the Year 2001.
Kolo TOURÉ
Poter vantare, fra i mille titoli conquistati, quello di Invincible è roba per pochi. Particolarmente per chi, come lui, ha ricoperto un ruolo da protagonista assoluto con la maglia dei Gunners nel 2003-04: imbattuti e campioni d’Inghilterra. Il ragazzo che proviene dalla Costa d’Avorio è uno degli elementi più promettenti che il continente africano abbia prodotto in questa prima fase del nuovo millennio e l’Arsenal riesce ad accaparrarselo dopo averlo visto giocare con l’ASEC Mimosas. Bastano 150.000 sterline per la sua firma sul contratto e per formare una coppia difensiva insuperabile insieme a Sol Campbell. Dal 2001 al 2009 mette insieme 326 presenze condite da quattordici reti, che gli conferiscono la palma di difensore tecnico, sicuro ed affidabile. Infatti, il Manchester City scuce ben quattordici milioni di sterline per portarlo sulla sponda Blue della città mancuniana e l’ivoriano riesce ad imporsi anche lì. Insieme al fratello compone un tandem che consente a Roberto Mancini di alzare il trofeo della Premier League 2011-12 che vince, seppur senza i galloni da titolare. Due anni dopo, ecco la chiamata da parte del Liverpool che lo acquista all’età di trentadue anni come utile rincalzo. Non trova la via del successo ad Anfield, ma la possibilità di vestire la maglia dei Reds gli dà la fiducia e la continuità per prendere parte al terzo mondiale con la maglia della Costa d’Avorio, con cui collezionerà ben 120 presenze.
Taribo WEST
Nei nostri cuori le sue treccine colorate fanno necessariamente da padrone nell’immaginario di uno dei più forti difensori della Nigeria. Eppure la sua carriera parla chiaro. L’Auxerre di Guy Roux vince il campionato 1995-96 e accanto a Laurent Blanc c’è proprio Taribo che a ventidue anni risulta uno dei prospetti più promettenti in una squadra che annovera, fra gli altri, futuri campioni come Diomede, Lamouchi e Guivarc’h. Nell’estate del 1997, durante la faraonica campagna acquisti di Moratti, il presidente dell’Inter scuce sei miliardi per assicurarsi le sue prestazioni. Con i nerazzurri si fa notare per le doti atletiche e qualche intervento oltre le righe, ma il bilancio al termine dell’anno sarà più che positivo, coronato dal successo in Coppa UEFA, raggiunto anche con il suo contributo dopo il gol decisivo contro lo Schalke 04 nei quarti di finale. Qui, forse, tocca il punto più alto della sua parabola. I suoi messaggi recapitatigli, a suo dire, da Dio in persona circa la necessità di schierarlo titolare nell’undici iniziale non scalfiscono le certezze di Lippi che, infatti, avalla la sua cessione ai cugini del Milan e poi al Derby County. Le sue doti mistiche, con il tempo, prevalgono su quelle tecniche e, ben presto, uscirà dal “giro che conta” per concludere la sua carriera in Iran a soli trentatré anni.
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