Privacy Policy Caduta e rinascita azzurra. Tutti i protagonisti del Napoli Soccer

Caduta e rinascita azzurra. Tutti i protagonisti del Napoli Soccer

22 Marzo 2021

I Morcheeba ci hanno fatto una fortuna. Così grande che, tuttora, paga cospicui dodicesimi ai componenti del gruppo. E la loro fortuna sta nel successo della canzone “Rome wasn’t built in a day”, presenza immancabile nelle raccolte su musicassetta – o compact disc, per i più tecnologici – che venivano riprodotte sui walkman – o lettori CD portatili, per i più tecnologici – di intere generazioni sparse sul globo terracqueo. Ed alla fine hanno avuto ragione. Una bella melodia, un adagio che oltremanica viene rispolverato ogniqualvolta ci si appresta ad intraprendere un compito. Bisogna far le cose con calma e dar loro il tempo. D’altronde, Roma non fu costruita in un giorno.

Andatelo a dire al patron del Napoli, Aurelio De Laurentiis, che vestì i panni dell’argonauta calcistico insieme ai paramenti di gran lusso che si confanno ad un grande impresario nel mondo del cinema. Il suo progetto è stato chiaro, sin dall’inizio. Sin dall’estate di quel 2004 quando rilevò il titolo sportivo dell’ormai morente Società Sportiva Calcio Napoli, dichiarata fallita dal Tribunale del capoluogo partenopeo, iscrivendola in extremis nel campionato di Serie C1 per ripartire da zero e fondare su una nuova realtà.

A pensarci bene, il destino è già scritto nel suo nome. Napoli, difatti, deriva dal greco Neapolis che vuol dire città nuova. Ed è proprio con l’intento di creare una nuova dimensione intorno alla società che ADL ha affrontato l’avventura all’ombra del Vesuvio: con l’obiettivo di veder nuovamente eruttare di gioia il San Paolo, da diversi anni in forte crisi ed in astinenza di gioie sportive.

Nell’estate del 2004, dunque, partì l’operazione-ricostruzione che, com’era ampiamente pronosticabile, dovette affrontare più di un ostacolo lungo il proprio cammino. I piani si scontrano con la realtà e, dopo un primo anno conclusosi con l’illusione e la beffa amarissima del mancato ritorno in Serie B, l’anno successivo – con una società ed una realtà consolidata – si riuscì a centrare l’obiettivo del ritorno in cadetteria.

Ed è per questo che oggi, in occasione del trentanovesimo compleanno di João Batista Inacio Pià, uno dei protagonisti della risalita nel calcio che conta del Napoli Soccer, che vogliamo celebrare i ragazzi che, in quei due anni di Serie C, si distinsero in campo, prendendo un pezzettino del cuore dei tifosi partenopei, perlopiù occupato dal ricordo di quello argentino con il dieci sulle spalle e i riccioli in testa.

Portieri

Emanuele BELARDI

Quando è il Napoli che chiama, dire di no è impossibile. E pazienza se si difendono i pali della Reggina che gioca in Serie A. Il tecnico Ventura lo vuole per affidargli la maglia numero uno nell’anno-zero e, sebbene da tre anni sia il titolare in amaranto, la volontà di cimentarsi al San Paolo è più forte di qualsiasi progetto. Tuttavia, la sua avventura dura pochissimi mesi: arriva nel mese di settembre e saluta tutti a gennaio, dopo sedici partite. Lo chiama il Modena in Serie B, ma per fare il dodicesimo. Una parentesi negativa per entrambi. Non tutti i matrimoni finiscono nel migliore dei modi.

Matteo GIANELLO

Dopo le esperienze con le maglie di Chievo Verona e Siena, Matteo viene chiamato per ricoprire il ruolo di portiere di riserva dietro a Belardi. L’addio dell’ex numero uno della Reggina, dunque, gli spalanca le porte della titolarità nella seconda parte del campionato 2004-05. Tuttavia, l’anno successivo è costretto nuovamente a fare un passo indietro, dopo l’arrivo di Iezzo. Resta in riva al golfo fino al 2011, accompagnando la risalita della società partenopea dalla Serie C all’Europa, accontentandosi di scendere in campo quando i titolari che si sono succeduti negli anni non erano a disposizione, collezionando quarantacinque presenze in totale.

Gennaro IEZZO

Cosa c’è di meglio per un ragazzo cresciuto a pane e Napoli se non difendere la porta della propria squadra del cuore? Questo è il premio che viene riservato al trentaduenne che ha girato mezza Italia prima di ritrovarsi a coronare il suo sogno di bambino. Dopo aver centrato la Serie A con la maglia del Cagliari, nell’estate del 2005 il suo telefono squilla: «Vuoi essere il nuovo portiere del Napoli?». C’è da tornare fra i grandi dopo la grande delusione della mancata promozione del campionato precedente e con Reja in panchina e Iezzo fra i pali, la porta degli Azzurri diventa un bunker inespugnabile. Diventa anche capitano nel torneo che riporta il Napoli in Serie A e lì rimane fino al 2011 quando saluta all’età di trentotto anni ed oltre cento partite.

Olivier RENARD

L’Udinese l’ha portato in Italia nel 1999, a vent’anni appena compiuti, forte delle ottime impressioni destate con le selezioni giovanili del Belgio. Ha provato a crescerlo per sei anni, mandandolo in prestito tra Charleroi, Modena e Napoli. Senza mai riuscire nell’intento. Approda in Campania durante la sessione invernale di calciomercato, ma non riesce mai a scalzare dal ruolo di titolare Gianello. Sono due le apparizioni che Reja gli concede: contro la Sambenedettese ed il Giulianova nell’ultimo turno della regular-season, prima di rimandarlo in Friuli per chiudere così definitivamente la sua esperienza in Italia.

Difensori

Ignazio ABATE

Ignazio è figlio d’arte. Il suo papà, Beniamino, è stato un ottimo portiere che ha vissuto tutta la sua carriera in Serie A negli anni ’80 e ’90. Dopo gli esordi nella massima serie ed in Champions League con la maglia del Milan, la società rossonera vuole “testarlo” per verificare che, effettivamente, ci sia della stoffa. Ed Ignazio non delude le aspettative, disputando un bel torneo con i partenopei. Il suo ruolo, inizialmente, lo vede maggiormente impegnato nelle manovre d’attacco in qualità di cursore sulla fascia destra e, seppur non riesca a centrar la promozione, le ventinove apparizioni condite da due gol convincono il Milan circa la bontà del suo investimento. Che si rivelerà tale man mano che Abate cresce.

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