Cannavaro al terzo posto fa capire quanti mostri sacri ci siano in questa classifica
13 Settembre 2021
10. Robert PIRES
Sulla corsia sinistra nell’Arsenal degli Invincibles c’era un francese, trequartista di nascita, ala per vocazione e assistman in purezza. Uno dei pochi ad ubriacare mezzo stadio con una finta, abile nel fare gol e nel rifinire per i compagni. Pires lega il suo nome nella prima parte di carriera al Metz, in cui agisce da seconda punta; dopo una parentesi all’Olympique Marsiglia, approda alla corte di un certo Arsene Wenger e diventa centrocampista offensivo totale. Con i Gunners gioca sei stagioni, segna 84 gol in 284 presenze e alza sette trofei nazionali. Con la maglia dei Galletti vince Mondiale ed Europeo in due anni (1998 e 2000), a cui si aggiungono due Confederations Cup consecutive (2001 e 2003). Illuminerà anche il Sottomarino Giallo del Villarreal per quattro anni.
9. Claude MAKELELE
Si elogia giustamente il lavoro di Kantè, ecco se c’è un giocatore che in passato aveva le stesse doti di Kantè è Makelele. Esplode nel Celta Vigo dopodiché si trasferisce nel Real Madrid dei Galacticos e forse fa il lavoro più difficile del mondo: correre per tutti. Sia chiaro, stilare classifiche e mettere d’accordo tutti è la cosa più difficile, ma se c’è un giocatore tra questi (quasi) insostituibile quello è Claude Makelele e quindi secondo noi merita di entrare nella Top 10.
8. Filippo INZAGHI
Scoordinato? Sì. Tecnicamente rivedibile? Anche. Tiro potente? No. Abilità nel dribbling? Non proprio. Fisico statuario? Nemmeno. Eppure se una palla rimbalzava in area e andava solo spinta in rete, senza dubbio l’ultimo tocco era il suo. Una vita passata a insaccare palloni, senza badare all’estetica, senza pensarci un attimo. SuperPippo è stato il modello, l’esempio perfetto di attaccante letale negli ultimi quindici metri: di testa, di destro, di sinistro, sbucciandola, strozzando il tiro, per caso, con il corpo, con fortuna o senza volerlo. Inzaghi bramava entrare sul tabellino dei marcatori che fosse una partitella fra vecchie glorie o la partita della vita e quando accadeva era un’esplosione unica di adrenalina sportiva. Alta Tensione. Possiamo raccontare dei venticinque gol in Nazionale, o delle oltre trecento marcature in carriera. Dei trofei alla Juventus, delle Champions con il Milan (2003 e soprattutto 2007, con doppietta in finale), oppure del Mondiale 2006, con quella corsa infinita e inutile di Barone, mentre lui scartava Cech e impazziva alla bandierina. Ce n’è da dire, ma basta una frase di Sacchi: «Se in un campo di calcetto a sette, si giocasse una partita duecento contro duecento, state certi che il primo gol lo fa Inzaghi».
7. JUNINHO PERNAMBUCANO
Forse sua mamma lo chiama Antônio Augusto Ribeiro Reis Júnior, ma per tutti è il numero 8 del Lione degli inarrestabili: sette campionati consecutivi, sei Supercoppe di Lega e una Coppa di Francia. E va bene tutto quello che ha vinto, le geometrie, i lanci, i passaggi smarcanti, la fase di interdizione poco brasiliana, il carisma da capitano e uomo chiave: ma lui è stato il migliore di tutti sulle palle inattive. Settantasette reti in carriera da calcio di punizione, record assoluto. Se c’era un fallo dalla media o lunga distanza, il portiere avversario guardava il cielo e pregava una divinità qualsiasi, spessissimo senza essere ascoltato: Juninho prendeva la sfera, la posizionava con precisione esatta, avendo cura di sistemare la valvola in quello che sarebbe stato il punto d’impatto del suo destro maligno; si allontanava, aspettava il fischio e poi prendeva la rincorsa. Il tiro di mezzo collo imprimeva al pallone una traiettoria beffarda, imprevedibile, potente e a effetto, che scendeva al momento giusto e finiva quasi sempre per gonfiare la rete e far esplodere di gioia i propri tifosi. Settentasette gol su punizione, più lo si scrive e più vengono le vertigini.
6. Edgar DAVIDS
Il suo nomignolo era Pitbull e questo dovrebbe bastare per descrivere la tenacia, la determinazione e anche la rabbia che metteva sul campo di gioco. Botte date e prese, chilometri per arginare e far ripartire l’azione, potenza caraibica e un discreto sinistro. Olandese del Suriname, Davids rischiava il cartellino spesso e volentieri, ma non si tirava mai indietro, che fosse una rissa senza quartiere o un corpo a corpo per contendersi il pallone: perdere senza sputare sangue non era contemplato. Questo suo carattere indomabile gli ha fruttato diciannove trofei, principalmente con Ajax e Juventus, oltre a settantaquattro apparizioni con la nazionale dei Paesi Bassi. Infine divennero iconici gli occhiali protettivi che era costretto a indossare dopo una diagnosi di glaucoma.
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