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Chi sono gli attaccanti che hanno la migliore media-gol degli anni ’90?

9 Novembre 2021

15. George WEAH (114 presenze e 46 reti – media-gol: 0,404)

Le sue scarpette rosse sono il marchio distintivo nell’esperienza maturata in serie A con il Milan. Dopo aver deliziato le platee del continente africano e quelle francesi con la maglia del Monaco e Paris Saint Germain, George approda a Milano alla corte del patron Berlusconi. All’ombra dei navigli La Pantera vive cinque anni incredibili, contribuendo alla conquista del quindicesimo scudetto rossonero nell’annata 1995-96. Memorabile il suo gol nel coast to coast contro il Verona nella prima giornata del torneo seguente, vera dimostrazione di prestanza fisica, resistenza e precisione balistica, che mandò letteralmente in delirio i tifosi. Nell’anno del suo arrivo a Milano conquista Pallone d’Oro, FIFA World Player e il premio di calciatore africano dell’anno, divenendo l’unico ed il solo calciatore del continente nero ad aver raggiunto tali premi. Totalizza 114 partite e quarantasei gol complessivi in Serie A. Nel gennaio 2000, forte dell’esperienza in rossonero, lascia la città all’età di trentaquattro anni, per trasferirsi in Inghilterra, dove vestirà le maglie di Chelsea e Manchester City, prima di far ritorno in Francia e successivamente concludere la sua avventura in Europa con la maglia dell’Olympique Marsiglia.

14. Christian VIERI (82 presenze e 35 reti – media-gol: 0,427)

Un vero e proprio incubo per le difese avversarie. Se pensi al concetto di bomber, ti viene in mente lui, perché fondamentalmente racchiude tutte le caratteristiche dell’attaccante moderno. Abile nel gioco aereo, prestante fisicamente e dotato di un sinistro micidiale. Moratti lo acquistò dalla Lazio per la sua Inter, per una cifra record nel 1999: novanta miliardi di lire, sborsati per puntare in alto. Nasce a Bologna e la sua irrefrenabile passione per la sfera lo porterà presto a diventare un nomade del calcio italiano. Torino, Pisa, Ravenna, Venezia, Atalanta e ancora Juventus, Lazio, Milan e Fiorentina sono le altre piazze che hanno avuto il piacere di assistere ai suoi gol nel Belpaese. Ovunque è andato Bobo ha sempre lasciato il segno. Ben due volte sale in cima al gradino più alto della classifica cannonieri con ventiquattro reti: nel 1997-98 con l’Atletico Madrid e nel 2002 con l’Inter. La sua bacheca è impreziosita da uno Scudetto, una Coppa Intercontinentale e una Supercoppa Europea conquistate con la Juventus, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Italiana con la Lazio oltre alla Coppa Italia vinta con l’Inter. In Italia, sfiora le 350 presenze e 194 reti con le maglie dei club senza contare naturalmente quelle con la nazionale, di cui è stato assoluto mattatore dal 1997 al 2005, con performance di livello assoluto.

13. Gianluca VIALLI (164 presenze e 70 reti – media-gol: 0,427)

Photo: Imago – Image Sport

Il ragazzo di Cremona saluta il nuovo decennio con il peso sulle spalle di doversi confermare miglior centravanti d’Italia in occasione dei Mondiali del 1990. Forse l’unica macchia in una carriera zeppa di soddisfazioni. Gianluca, leader insieme a Mancini della Sampdoria dei giovani terribili, fallisce clamorosamente l’appuntamento iridato. E per questo inizia il primo campionato italiano degli anni ’90 con un’incredibile voglia di riscatto. Obiettivo centrato, con lode finale. Lo Scudetto torna a Genova dopo sessantasette anni d’attesa, ma per la prima volta viene festeggiato dalla componente blucerchiata della città. L’anno successivo chiude amaramente la sua esperienza doriana con la cocente delusione della finale di Coppa dei Campioni persa a Wembley contro il Barcellona. Passa così alla Juventus nell’estate del 1992, ma – complici un infortunio e le incomprensioni tattiche con Trapattoni – fatica ad imporsi, fino all’arrivo di Lippi sulla panchina bianconera che lo elegge a leader del gruppo. Nel 1996 alza finalmente al cielo la Coppa dalle Grandi Orecchie sotto al cielo di Roma con la fascia da capitano al braccio e saluta l’Italia per vivere l’avventura inglese con la maglia del Chelsea, con cui conclude la carriera.

12. Marcio AMOROSO dos Santos (91 presenze e 40 reti – media-gol: 0,440)

E chi se lo dimentica? In quegli anni l’Udinese non appartiene all’élite delle sette sorelle di fine anni ’90. Ma si rivela senza dubbio un incredibile sorpresa. Solo il regolamento dell’epoca infatti esclude i friulani dalla prima storica partecipazione alla Champions League. Bierhoff insieme ad Helveg si sono accasati al Milan, e così lo stesso Zaccheroni. Il posto da allenatore è affidato a Francesco Guidolin, appena arrivato dal Vicenza dei Miracoli. Amoroso affiancato dal Pampa Sosa vivrà una stagione che lo porterà all’apice della sua carriera, prendendo per mano i friulani e vincendo la classifica marcatori con ventidue reti. Nel 1999 per una cifra da capogiro, che si aggirava intorno ai settanta miliardi di lire, passa al Parma. Con i Ducali vivrà due stagioni sottotono, segnando solo undici reti a causa di un infortunio. Nel 2001-02 torna di nuovo tra i protagonisti, ma questa volta fuori dall’Italia. Ad acquistarlo, infatti, è il Borussia Dortmund. Appena arrivato al Westfalenstadion, il BVB vince il campionato tedesco, trascinato dai gol del suo nuovo gioiellino. Piccoli passettini di samba conditi da improvvise sterzate carioca fanno di Amoroso uno dei più incredibili attaccanti di fine anni ’90, portatore di un calcio pieno di inventiva che si svincola da qualsiasi forma di schema. Dopo tre anni in Germania, vola in Spagna al Malaga con cui colleziona ventinove presenze e cinque gol. Tuttavia la saudade della madrepatria non tarda a farsi sentire, cosi rientra in Brasile al San Paolo, dove vince Coppa Libertadores e Mondiale per club segnando diciotto reti in ventisei presenze. Il Milan sarà la sua ultima spiaggia in Italia, dove però troverà poco spazio a causa di un elevata concorrenza, decidendo per tanto di concludere la carriera nella sua terra natia, con la maglia del Grêmio.

11. Ruben SOSA Ardaiz (155 presenze e 72 reti – media-gol: 0,465)

Ci sono giocatori che restano nel cuore e nella memoria della gente anche se magari hanno trascorso un arco di tempo piuttosto fugace all’interno di una squadra. È il caso di Ruben Sosa. Ultimo di undici fratelli, si avvicina al mondo del calcio, giocando con gli altri chicos per le strade del Barrio Piedras Blanca, un quartiere povero nella periferia di Montevideo. Muove i suoi primi passi nel campo del Potencia, squadra dilettante della zona, ma non passa molto tempo prima che le società più blasonate gli mettano gli occhi addosso. Talento incredibile, ad accaparrarselo è il Danubio. Gioca in Uruguay fino al 1985, anno della svolta. L’Europa lo ha messo nel mirino, e precisamente la Spagna diventa la sua prima dimora fuori dai confini nazionali. Il Real Saragozza è il più lesto a concludere la trattativa. Con i Blanquillos vive tre stagioni tra alti e bassi, conquistando anche una Coppa del Re ai danni della corazzata Barcellona. Nel 1988 approda in Italia, alla Lazio del presidente Calleri. In quattro stagioni con i biancocelesti disputa 140 partite segnando quarantasette reti. Raggiunge l’apice della sua carriera con la maglia dell’Inter, che lo acquista per due miliardi e mezzo di lire. A Milano si inserisce perfettamente nei meccanismi di gioco dell’allora tecnico, Osvaldo Bagnoli, affiancando Totò Schillaci o Darko Pancev nel reparto d’attacco, ovviando alle loro polveri bagnate. Nella prima stagione raggiunge le venti realizzazioni, contribuendo in maniera decisiva al secondo posto dei milanesi in campionato. Affiancherà altri mostri sacri, come Dennis Bergkamp, Wim Jonk, conquistando la Coppa UEFA del 1994. Nel corso della sua avventura in Italia, Sosa raggiunge le ottantaquattro reti confermandosi come l’uruguayano più prolifico in Italia, record poi successivamente superato dal connazionale Edinson Cavani.

E’ UN CASO CHE A PAGINA 3, NELLA POSIZIONE NUMERO 10, CI SIA PROPRIO LUI?