Dalla A alla Z, abbiamo scelto un allenatore di provincia per ogni lettera dell’alfabeto
2 Maggio 2020
Nedo SONETTI
Nel nostro immaginario, Sonetti può rappresentare una riproposizione calcistica di mister Wolf: «Sono mister Nedo e risolvo problemi». La sua candidatura è stata puntualmente proposta dai più disparati presidenti per raddrizzare situazioni complicate. Obiettivi conclusi perlopiù con soddisfacenti risultati. D’altronde l’esperienza è dalla sua parte e le cinque promozioni in Serie A parlano per lui. Si affaccia alla Serie B con la Sambenedettese al termine della stagione 1980-81 e nel 1983 viene scelto dall’Atalanta per tornare nella massima serie. Obiettivo centrato al primo colpo: seguono due salvezze consecutive e, nell’anno che si conclude con la retrocessione, trascina i nerazzurri sino alla fine di Coppa Italia con il Napoli. Maturano, così, altre quattro promozioni con Udinese (1988-89), Ascoli (1990-91), Lecce (1998-99) e Brescia (1999-00).
Oscar Washington TABAREZ
El Maestro giunge in Italia con i crismi dell’uomo risoluto e visionario. L’uruguaiano viene scelto dal presidente del Cagliari, Massimo Cellino, per impiantare nel DNA dei sardi una nuova concezione e filosofia. I suoi dettami attecchiscono velocemente ed al Sant’Elia i rossoblù si fanno notare per un gioco che abbina la quantità alla qualità. Colpisce per il suo modus operandi, tant’è che Silvio Berlusconi lo sceglie per guidare il Milan campione d’Italia, ereditandolo dalle mani di Capello. La sua esperienza a San Siro, però, mal si concilia con il suo credo e l’esperienza si chiude prematuramente dopo il celebre 3-2 patito a Piacenza. Prova una nuova esperienza in Sardegna nel 1999, ma i risultati non sono gli stessi. Dal 2006 è alla guida della Celeste e piuttosto che quelli di un allenatore, veste i panni del maestro di vita.
Renzo ULIVIERI
Quadrato, deciso e tutto d’un pezzo. Forse si abuserà dell’appellativo di “trascinatore” ma è inevitabile quando il soggetto è l’allenatore di San Miniato. Inizia ad allenare sin dall’età di ventiquattro anni e, dopo quindici anni di apprendistato, conquista la Serie A dopo due buoni campionati con Ternana e L.R. Vicenza. Il Perugia lo sceglie per affrontare il campionato 1980-81 con la zavorra della penalizzazione, ma viene esonerato a metà campionato. Riporta in A la Sampdoria e dopo due mezzi campionati con il Cagliari e la squalifica di tre anni, torna ad allenare a Modena. Con i Canarini stabilisce il record di difesa meno battuta della storia dei campionati italiani e con il Bologna vive il percorso che dalla Serie C1 porta alle soglie della Coppa UEFA fino al campionato con Roberto Baggio in campo. Fallisce il ritorno in A con il Napoli e dopo le esperienze con Cagliari, Parma, Torino, Padova e il ritorno a Bologna, chiude nel 2008 con la Reggina per ricoprire il ruolo di presidente dell’Associazione Italiana Allenatori.
Giovanni VAVASSORI
Una vita all’Atalanta. Sia da giocatore che da allenatore. Vavassori è un monolite nella storia della squadra bergamasca, incarnando il ruolo di valido soldato sempre pronto a sostenere la causa orobica. Dopo i successi con le selezioni giovanili, l’Atalanta lo promuove al ruolo di allenatore della squadra senior nel 1999-00 e centra la promozione nella massima serie al primo tentativo. Resta alla guida della Dea sino al 2003 per poi passare alla Ternana ed al Genoa in Serie C1. Riporta il Grifone tra i cadetti, nonostante un fugace avvicendamento con Perotti. Passa nel 2007 all’Avellino ed accompagna gli irpini nel rush finale che porta ad un’altra stagione conclusa centrando il grande obiettivo. Fallisce al terzo tentativo quando guida il Verona, dopo aver vissuto l’esperienza di Cesena. E quella con gli scaligeri rappresenta la sua penultima esperienza alla guida di un club, prima di chiudere definitivamente nel Pavia dopo un’inattività di cinque anni che guida in due sole partite nella corsa dei play-off per la B, dalla quale viene immediatamente estromesso.
Zdenek ZEMAN
Controcorrente? Anacronistico? Utopista? Difficilmente si riuscirebbe a definire con un solo aggettivo il tecnico boemo. Sicuramente divisivo: o lo si ama, o lo si odia. Ha lasciato il segno ovunque sia passato, declinando la sua idea sui paradigmi di un calcio improntato all’assalto dell’avversario e con l’obiettivo di segnare semplicemente un gol in più dell’avversario. Dopo le esperienze di Licata e Parma, viene scelto dal presidente Casillo per guidare – di nuovo – il suo Foggia nella stagione 1989-90. Allo Zaccheria impianta il suo luna park che esalta i tifosi dei Satanelli e quelli del resto d’Italia. Nasce così Zemanlandia sulle cui montagne russe salgono le squadre di tutta la Serie A. La sua parabola tocca il suo massimo quando si trasferisce a Roma, portando la Lazio alle soglie dello Scudetto e poi con la Roma. Dopo un periodo di appannamento durante il quale si spinge sino in Turchia, torna a dar spettacolo nel Lecce (2004-05) e nel Pescara (2011-12) lanciando il trio composto da Verratti, Immobile ed Insigne. Dopo un nuovo e brevissimo flirt con la Roma, si rivede alla guida di Cagliari e Pescara – di nuovo – con cui chiude – per il momento – la sua carriera.
di Nando Di Giovanni
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