I 20 Flop più incredibili dell’Inter dal 1990 al 2006
9 Ottobre 2020
4 – Sebastian RAMBERT

Il 5 giugno 1995, l’Inter presenta due ragazzotti argentini: uno che viene definito un potenziale crack del calcio mondiale, l’altro, invece, un semplice gregario. Il gregario, alla fine, vanterà più di 850 presenze in nerazzurro, un gol in finale di Coppa UEFA, una Champions League alzata da capitano ed il numero quattro che viene ritirato in suo onore. Citare il nome appare superfluo. Il potenziale crack del calcio mondiale, invece, giocherà in nerazzurro per sei mesi, raggranellando una presenza in Coppa Italia, una in Coppa UEFA e nessuna in campionato. Il suo nome è Sebastian Rambert, el Avioncito. Che volerà radente al suolo per tutto il resto della sua carriera.
3 – Marcos André Batista Santos VAMPETA

Ronaldo, in un giorno d’estate del 2001, chiese a Massimo Moratti di investire sul centrocampista del futuro: Vampeta. È sufficiente un assegno da trenta miliardi di lire – per la cronaca il Fenomeno ne costò oltre cinquanta – da intestare allo Sport Club Corinthians Paulista per regalarsi il miglior prodotto in circolazione nella terra che ha dato i natali a Socrates, Falcão e Dunga. Inconsapevolmente, Moratti regalò al calcio italiano uno degli oggetti misteriosi per antonomasia. Un giocatore che sconvolse – tragicomicamente – anche il tifoso interista più ottimista. Vampeta, che riuscì anche a segnare all’esordio in Supercoppa Italiana contro la Lazio – nota a margine, tutti e tre i marcatori della sfida sono presenti in questa classifica – si distinse per la sua lentezza in campo e, paradossalmente, per la velocità con cui sparì dai radar nerazzurri dopo appena tre mesi.
2 – Vratislav GRESKO

Tardelli, all’epoca commissario tecnico dell’Under 21 azzurra, restò impressionato dalle prestazioni del terzino slovacco. Fluidificante moderno, abile nei calci piazzati, Vratislav fu prelevato dal Bayer Leverkusen per quattordici miliardi. Anche stavolta, gli abbagli di buone prestazioni lontane dai campi della Serie A furono nefasti per l’economia nerazzurra e, soprattutto, per i cuori dei tifosi di fede interista. La sua esperienza fu incolore sin dall’inizio per poi sublimare drammaticamente nella funesta data del 5 maggio 2002: una sua pessima prestazione costò all’Inter il tanto agognato Scudetto. Superfluo dire che fu presto ceduto dalla compagine meneghina per acclamazione popolare.
1 – Darko PANCEV

Attaccante letale: alla Stella Rossa è un cecchino infallibile, segna a grappoli, tanto da vincere la Scarpa d’Oro, la Coppa dei Campioni (con rigore decisivo al seguito), la Coppa Intercontinentale con gol e per tre stagioni consecutive vanta il primato di reti nella Crvena Zvezda. Con un ruolino che vantava oltre duecento marcature, l’Inter lo acquista senza colpo ferire, fiutando il grande affare. Nelle prime apparizioni in Coppa Italia, il Cobrasegna cinque reti in due gare alla Reggiana, ma in Serie A siglerà solo una rete. Le sue amnesie in area di rigore hanno un che di clamoroso ed il povero Ruben Sosa deve dannarsi l’anima per reggere solo sue spalle il peso delle manovre d’attacco interiste, visto che anche Totò Schillaci sembra aver perso lo smalto dei tempi migliori. Tra palloni in tribuna e prestazioni al limite del comico, passerà anche alla leggenda per aver dichiarato di non dare conto alle critiche – e sì, stiamo utilizzando un eufemismo – e che in risposta si sarebbe comportato di conseguenza: «Tifosi fischiano, giornalisti criticano… Importa sega a me: io domani compro Ferrari». Anche questa è nostalgia.
Daniele Riefolo

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