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I 47 giocatori stranieri portati in Italia da Luciano Gaucci per il suo Perugia (se ne salvano 5, forse 6)

9 Novembre 2021

Thomas THORNINGER (Danimarca)

È il giocatore che unisce due tra le società più votate allo scouting mondiale: Perugia e Udinese. Il biondo attaccante, però, non è mai riuscito a trovare il feeling con il campionato italiano. Cresce nel Vejle BK e poi gioca nientemeno che nel PSV Eindhoven, vincendo una Supercoppa Olandese. Nella finale decisa da Koeman contro il Feyenoord, in attacco fece addirittura coppia con Romario. Archiviata l’esperienza con i Gloeilampen, Thorninger fa ritorno in patria, all’AGF Aarhus, dove nel 1995-96 esagera vincendo la classifica dei cannonieri con venti gol. Lucianone sente odore di affare e lo porta a Perugia. L’intuizione, però, si rivela un buco nell’acqua. Il danese segna solamente in Coppa Italia contro il Napoli e, dopo poco più di tre mesi, ritorna a Copenaghen. Vince il campionato e l’Udinese prova a riportarlo in Italia qualche anno più tardi: il perché è ancora un mistero. Gioca da ex la bellezza di otto minuti proprio contro il Grifo, poi sparisce nei gorghi del calcio nordico.

Massimo LOMBARDO (Svizzera)

Photo: Daniela Zumbrunnen – FreshFocus

Per il mediano elvetico si ricorda una sola annata in Serie B, durante l’edizione targata 1997-98. Una stagione che alla fine si rivelerà vincente, ma non senza patemi e sofferenze. Gaucci, come al solito, cambia tecnici come il colore della sua cravatta: manda via Perotti per prendere Bigon, poi torna nuovamente Perotti che viene definitivamente allontanato a beneficio di Castagner. In tutta questa confusione il centrocampista svizzero colleziona ventinove presenze segnando tre reti. All’esordio contro la Fidelis Andria, poi si registrano i gol contro Ancona e Chievo Verona. Ricorderà l’esperienza umbra come una parentesi un po’estrema, durante la quale ogni sconfitta veniva vissuta in maniera esagerata: dopo ogni passo falso, il ritiro era un’automatica conseguenza. Tuttavia, questo modus operandi fu molto importante però per la sua crescita caratteriale.

Bruno VERSAVEL (Belgio)

Un idolo in patria. Uno dei tanti “enigmi” importati dalla famiglia Gaucci. A trent’anni arriva in Italia con un curriculum di tutto rispetto. Quattro campionati, una Coppa e una Supercoppa belga e soprattutto la Supercoppa UEFA 1988 vinta con il Malines contro il PSV Eindhoven. L’ottimismo, dunque, non poteva mancare dopo il suo arrivo. L’inizio è più che positivo: doppietta al Savoia in Coppa Italia e rete all’esordio in campionato contro la Fidelis Andria. E poi? Perotti viene esonerato, Bigon non lo considera proprio e anche con Castagner il feeling è praticamente inesistente. Bruno scompare mestamente dai radar perugini, fino all’eclissi finale che lo riporta in Belgio

Marc EMMERS (Belgio)

In coppia con l’amico e connazionale Bruno Versavel, il centrocampista centrale sbarca a Perugia, dopo aver vinto sette titoli nazionali ed aver conquistato a sorpresa la Coppa delle Coppe e la Supercoppa UEFA con il Malines dei Miracoli. In realtà la sua avventura italiana non era iniziata male: Attilio Perotti riponeva una certa fiducia nel belga. Ma la sconfitta interna con il Padova fu fatale all’allenatore. Con il cambio tecnico, Emmers perse immediatamente il posto e dopo appena sei mesi decise di mettere fine alla sua avventura italiana. Si trasferisce così al Lugano, dove nasce suo figlio Xian, anche lui calciatore, con un passato tra le fila dell’Inter.

Hidetoshi NAKATA (Giappone)

Il più forte giocatore straniero acquistato negli anni della presidenza Gaucci? Può darsi. L’affare economico più fruttuoso per le cassa del bilancio del Grifo? Sicuramente sì. Comprato per tre milioni e mezzo di dollari, venduto un anno e mezzo dopo alla Roma per trenta miliardi di lire. Sulla classe del giocatore c’è poco da discutere. Hide, infatti, è uno dei talenti più affermati nel panorama calcistico asiatico. Trequartista dai piedi raffinati, Nakata è arrivato in Italia fra tanta diffidenza, dopo il primo Mondiale disputato dal Giappone durante Francia ‘98. Il trequartista zittisce immediatamente tutti i pregiudizi segnando dieci reti in campionato, tra cui una doppietta alla Juventus all’esordio in campionato. In tutto il mondo diventa ben presto un fenomeno mediatico. Dopo l’esperienza con gli umbri, Hidetoshi passa alla Roma. Gioca poco, è vero. Ma vince comunque il campionato con i Giallorossi ed è protagonista assoluto della sfida-Scudetto terminata 2-2, guarda caso sempre contro la Vecchia Signoria. Sotto di due gol, segna la rete che riapre il match e propizia il pareggio di Montella. Nel suo palmares compare anche una Coppa Italia vinta con il Parma.

MA Mingyu (Cina)

Che fine ha fatto Ma, il primo giocatore cinese a far parte di una squadra italiana? L’interrogativo, probabilmente, rimarrà tale. L’uomo invisibile. In Serie A non è mai sceso in campo. Presenze: zero. Minuti giocati: zero. Un corpo estraneo, un flop totale. Lui non si ambienta e non si integra: si isola. Non parla italiano e non dialoga con Cosmi: viene spedito una volta in tribuna e l’altra pure. Arrivato a Perugia dopo il primo Mondiale della Cina nel 2002, dicono che il capitano della sua Nazionale abbia ventotto anni, ma ne dimostra molti di più, tanto è vero che i compagni lo chiamano Il Nonno. Una coincidenza? Molto difficile. Il giapponese Nakata e il sudcoreano Ahn avevano mobilitato intere truppe di televisioni e battaglioni di taccuini asiatici. Il povero Ma, invece, non se lo fila nessuno. Il ritorno in Cina è una logica conseguenza.