I calciatori che hanno esordito in Serie A nella stagione 1999/2000
30 Gennaio 2020
Giacomo Cipriani
Se avete bisogno di un compendio sprint su come celebrare un esordio da urlo, andate a cercare gli highlights della sfida di Coppa UEFA fra Bologna e Zenit San Pietroburgo del 1999: lì vedrete le immagini di un giovane di quasi diciannove anni che veste la maglia con i colori della squadra in cui è cresciuto e vissuto. Quel giovane che scaglia un siluro sotto la traversa da 35 metri è Giacomo Cipriani: il tecnico Buso ha schierato da titolare al posto dell’acciaccato Signori. Inizia, dunque, sotto i migliori auspici la parabola del gigante (190 cm per 90 kg) con i piedi buoni: a dicembre dello stesso anno arriva anche l’esordio in Serie A e quello con la maglia dell’Under 21 di Tardelli. Alle porte dei felsinei bussa la Juventus che vede in lui un giocatore dall’avvenire radioso, tant’è che i bianconeri lo acquistano in comproprietà. La doppietta di San Siro contro il Milan fa presagire i crismi del campione in erba, ma sul più bello arrivano i gravi problemi al ginocchio che ne costelleranno la carriera, fino a comprometterla in maniera definitiva. Il primo e più grave arriva nell’estate del 2001: oltre un anno e mezzo lontano dai campi. Prova a rimettersi in corsa con le esperienze di Piacenza e Sampdoria, ma Cipriani non riuscirà più a toccare i livelli precedenti. Ritrova la sua dimensione solo diversi anni più tardi, in Lega Pro, con la maglia della SPAL: allo stadio Paolo Mazza forma un ottimo tandem d’attacco insieme a Bazzani, già suo compagno di reparto in maglia blucerchiata, ma ormai i sogni di gloria sono riposti in un cassetto. Decide di dire basta al calcio dei grandi nel 2015 dopo la sua ultima esperienza con i colori del Savoia.
Matteo Ferrari
La figurina di Matteo Ferrari fa capolino nella difesa di quel Bari che, fra gli altri, annovera compagni di squadra di un certo spessore: Garzya, De Rosa, Innocenti, Neqrouz e Mancini fra i pali. Giusto per fare un esempio. In quel reparto, Ferrari assicura il giusto apporto di gioventù ed esplosività, caratteristiche che non rientrano (più) nel bagaglio dei succitati colleghi di retroguardia. L’esordio in Serie A coincide con la sfortunata trasferta in casa della Fiorentina, finita con la vittoria di misura dei padroni di casa. Nell’economia del campionato, Matteo risulta uno dei giocatori più promettenti e le sue doti si confermano anche con la maglia dell’Under 21 con cui al termine dell’anno vincerà l’Europeo. L’Inter, proprietaria del cartellino, si frega le mani, convinto di avere uno dei difensori di maggior prospettiva del panorama italiano. Purtroppo, però, entrambi non fanno i conti con l’annata storta vissuta dalla compagine nerazzurra e, di riflesso, dallo stesso Ferrari che sembra patire il passaggio ad una grande squadra. Dopo una stagione deludente, viene mandato al Parma: all’ombra del Battistero trova la sua dimensione e nel giro di tre anni riesce a conquistare la maglia della Nazionale di Trapattoni che lo manda in campo in undici occasioni diverse fino ad arrivare all’Europeo di Portogallo 2004. Il passaggio alla Roma non gli dà lo slancio necessario per entrare in pianta stabile nel giro dei grandi e, complice qualche errore di troppo, viene mandato all’Everton dopo un anno in giallorosso. Concluderà la carriera fra Genoa, Besiktas e Montreal Impact, fino al ritiro avvenuto nel 2014 a 35 anni.
Alessandro Gamberini
Colui che sta scrivendo lo ha vissuto come una delle incrollabili certezze al Fantacalcio. Onnipresente, inossidabile. Citando lo spot, Gamberini vuol dire qualità. Se ne accorgono a Bologna, quando il vivaio rossoblù fornisce alla prima squadra diversi elementi che faranno parte dello scacchiere di Buso prima e di Guidolin poi. Il difensore è uno di questi – insieme a Cipriani, ad esempio – ed il tecnico veneto premia qualche giorno dopo la Befana, il 9 gennaio 2000, regalandogli l’adrenalina che solo un esordio dal primo minuto e a 18 anni può darti: la partita è Lazio-Bologna e terminerà 3-1 per i capitolini, però la sua prova non è affatto da buttare. Anzi, si intravedono le prime avvisaglie di un talento su cui doversi dedicare per avere un piccolo campione fatto in casa. Col passar dei mesi il minutaggio cresce e, dopo un anno “da grande” in quel di Verona, il Bologna lo riaccoglie con i crismi del titolare. Nonostante la retrocessione in B dei felsinei nel 2005, è la Fiorentina ad aggiudicarselo per farne il perno della sua difesa: sono quasi 200 le partite in campionato messe insieme nei sette tornei in viola, poi Napoli, Genoa e i quattro anni con il Chievo Verona che segnano la fine della sua quasi ventennale carriera.
Alberto Gilardino
Uno dei più forti centravanti della generazione del Mundial, quelli del 1982 che costituiranno la colonna vertebrale della Nazionale italiana degli ultimi anni. Gilardino fa l’esordio fra i grandi quando non è ancora diciottenne e lo fa per volere del tecnico del Piacenza, Gigi Simoni, che lo manda in campo il 6 gennaio 2000 quando gli emiliani sfidano in casa il Milan. Il tecnico ci ha visto lungo, tant’è che disputa praticamente tutte le partite del girone di ritorno, mettendo a segno tre reti alla fine del torneo. Lo nota il Verona che sborsa ben 7,5 miliardi per la metà del suo cartellino. In due anni, sotto la cura di Malesani, affina il suo talento in una squadra dove passano campioni come Frey, Oddo, Camoranesi e Mutu. La consacrazione avviene quando firma per il Parma: il tecnico Prandelli stravede per lui e dopo un anno di rodaggio alle spalle di Adriano e dello stesso Mutu, esplode nella stagione successiva che si conclude con il bottino di 23 reti. Dopo aver bissato la performance l’anno successivo, si guadagna la chiamata del Milan, nell’anno che precede i Mondiali di Germania. Insieme al titolo di Campione del Mondo nel 2006, torna a far sfracelli nelle aree avversarie con indosso i colori viola della Fiorentina. Le ultime due annate in doppia cifra si registrano a cavallo dei trent’anni con le maglie di Genoa, Bologna e Palermo, prima di un finale di carriera che lo vedrà dire basta a 36 anni, dopo l’annata in Serie B a La Spezia.
Thomas Manfredini
Mentre sul prato di San Siro sta per fare il suo ingresso in campo con la maglia dell’Inter il giovane Nello Russo, mister De Canio decide di mandare nella mischia un ragazzo di appena diciannove anni in sostituzione di Bisgaard. L’Udinese sta perdendo contro i padroni di casa e i friulani hanno bisogno del dinamismo del giovane ferrarese per cambiare il corso degli eventi. Se al termine della partita l’attaccante nerazzurro trascorrerà una giornata memorabile, non potrà dirsi lo stesso per Manfredini che, purtroppo per lui, vive un esordio ai limiti del melodramma: quindici secondi dopo aver messo i tacchetti sul manto erboso si dirige verso Vieri per contrastarlo, ma inciampa e caracolla a terra, interrompendo la corsa dell’attaccante interista. Thomas non fa neanche in tempo a rendersi conto di aver ricevuto la sua prima ammonizione in A che i postumi dell’impatto con Bobone lo costringono ad uscire immediatamente per un trauma cranico. Per sua fortuna, l’esordio disgraziato non gli ha impedito di avere una carriera ricca di soddisfazioni con più di duecento presenze in Serie A costellate da cinque reti. Ben oltre la metà delle sue apparizioni nella massima serie avvengono con la maglia dell’Atalanta, con cui ha collezionato 116 presenze, condite da tre reti.
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