I calciatori che hanno esordito in Serie A nella stagione 1999/2000
30 Gennaio 2020
André Pinga
Il calcio dà, il calcio toglie. Anche se nel caso di Pinga, forse, è stato proprio “un” calcio a mandare all’aria quel che di buono aveva compiuto il ragazzo di Fortaleza durante la sua esperienza in Italia. Eh sì, perché il ragazzo del 1981 avrebbe avuto l’opportunità di lasciare un ricordo migliore di sé, se non fosse stato per l’incidente “con dolo” che lo vide protagonista nello scontro con il povero Nicola Pavarini che ci rimise alcuni denti durante un concitato Treviso-Reggina: gli fu fatale l’occhio della telecamera che immortalò il tentativo di allargare la gamba per cercare il fallo da rigore su un’uscita del portiere avversario. Il consueto caravanserraglio che si metteva in moto dalla domenica sera lo mise sul tavolo degli imputati, finché il clamore mediatico che gli si creò intorno – etichettato come capro espiatorio di un comportamento antisportivo in voga fra gli attaccanti in Italia – lo costrinse a dire addio al Belpaese. E pensare che si era messo in mostra per il suo talento, agli occhi degli addetti ai lavori e del suo allenatore, Emiliano Mondonico nella fattispecie, il quale lo fece esordire a 18 anni a Perugia con la maglia del Torino. Di quella stagione 1999-00, culminata con la retrocessione, però, in molti ricordano quella doppietta al Milan, Campione d’Italia in carica: il secondo gol da accademia del calcio, stop di petto e pallonetto su Abbiati in uscita. Che poesia. In sette anni vissuti fra Serie A e B, quattro con il Torino, due con il Siena e l’ultimo con il Treviso, Pinga ha messo insieme 189 presenze condite da 32 reti. Poi, una carriera da nababbo fra Emirati Arabi Uniti e Qatar, prima del ritorno in Brasile e il conseguente ritiro a 33 anni.
David Pizarro
El Pek ha compiuto da poco quarant’anni e gli mancavano due settimane per compierne venti quando De Canio, tecnico dell’Udinese, decide di mandarlo in campo a dieci minuti dal novantesimo durante il pareggio con il Venezia (1-1) che si regista in occasione della prima giornata di campionato. Di quel ragazzino cileno, bassino e senza il proverbiale e manualistico fisico da atleta, i dirigenti friulani hanno apprezzato il senso della posizione e la capacità di dettare i tempi del centrocampo, oltre al passaggio millimetrico. Insomma, mille qualità concentrate in 168 cm. Attraversa l’Oceano con il ruolo di trequartista, si ritrova nel giro di poco tempo ad agire da regista arretrato e questo spostamento all’indietro costituirà la sua fortuna. Diventa una colonna della formazione bianconera con cui esordisce anche in Europa. Al termine del campionato 2003-04 lo vogliono tutti e l’asta viene vinta dall’Inter di Mancini con cui, però, non riesce ad esprimersi ai consueti livelli. È Luciano Spalletti a cucirgli il centrocampo addosso quando lo chiama alla Roma nel 2006, diventando uno dei centrocampisti più forti a livello planetario. Nel 2012 il tecnico di Jesi lo richiama a sé quando è sulla panchina del Manchester City: in quei sei mesi riesce anche ad aggiudicarsi il titolo di Campione d’Inghilterra. La sua ultima parentesi in Italia la vive a Firenze, per poi far ritorno in Cile, dove chiuderà la carriera lì dov’era iniziato tutto: con la maglia dell’Universidad de Chile.
David Suazo
In pochi, in quel lontano 1999, avrebbero scommesso che quel ragazzo dell’Honduras sarebbe diventato uno dei simboli del Cagliari dell’epoca moderna. Eppure, David ci ha messo poco a farsi amico il popolo sardo, vincendo tutti i legittimi dubbi di chi lo vide scendere per la prima volta dalla scaletta dell’aereo proveniente oltreoceano. Tuttavia, dalla sua poteva vantare credenziali di un certo livello: fu Oscar Washington Tabarez, tecnico dei rossoblù, a consigliare l’acquisto di quel giaguaro d’area di rigore con il talento da rifinire al presidente Cellino. I buoni uffici del tecnico uruguagio ed un talento potenzialmente esplosivo fecero il resto. Il battesimo del fuoco avvenne il 26 settembre 1999 nella gara interna contro il Venezia, mentre per il primo gol bisognerà attendere la penultima giornata del torneo, quando al Garilli di Piacenza, David infilò Nicoletti dopo sette minuti. Seguirono altri 93 gol che lo portarono a recitare un ruolo da protagonista assoluto nei cuori dei tifosi casteddani. L’exploit del torneo 2005-06 in Serie A, conclusosi con un bottino di ben 22 reti, lo trasformarono nel vero e proprio oggetto del desiderio delle sessioni di mercato. Dopo un altro anno sfavillante con Langella ed Esposito lì davanti a far sfracelli, visse in prima persona la telenovela che per settimane tenne sulle spine i tifosi di Inter e Milan: nel tourbillon di firme, dichiarazioni, intendimenti e carte bollate la spuntarono i nerazzurri che se lo aggiudicarono nell’estate del 2007. Tuttavia, non appena si allontanò dall’isola, le sue prestazioni calarono d’intensità e di qualità, fino a rimanere fuori dalla rosa dei nerazzurri. A nulla valsero i prestiti con Benfica e Genoa. La strada, ormai, sembrava persa e a 33 anni, dopo sole sei presenze con la maglia del Catania, Suazo annunciò il suo ritiro dal calcio giocato.
Nello Russo
Debuttare a San Siro andando in gol non è roba da tutti. Sicuramente è roba da Nello Russo. Il centravanti di Vimodrone guida l’attacco della primavera dell’Inter e mister Lippi lo porta con sé in panchina nel match dei nerazzurri contro l’Udinese. È il 5 dicembre 1999 e corre il 72° minuto quando il tecnico toscano lo invita a svestire la tuta per subentrare ad Alvaro Recoba: il risultato è sul 2-0 e, complici gli infortuni di Ronaldo, Baggio e Zamorano, quale occasione migliore per dar spazio ad un giovane dal sicuro avvenire? La determinazione di rendere memorabile il suo esordio si fa strada tra i brividi e la grande emozione. Sta per scoccare il novantesimo quando Nello raccoglie un tiro sporco di Vieri e scaglia il pallone alle spalle di De Sanctis per la gioia e l’incredulità di tutti. Specialmente di Russo. È nato un nuovo campione? Purtroppo, la grandissima concorrenza in attacco non gli consentirà più di tornare in campo. La favola di Nello Russo sul massimo palcoscenico calcistico d’Italia si esaurisce in quei diciotto minuti. Inizierà per lui un lungo peregrinare in giro per l’Italia: in Serie B fa esperienza con le maglie di Albinoleffe, Crotone, Pescara e Spezia accumulando 74 presenze condite da sette reti, mentre la sua parentesi più prolifica sarà in Serie C con la maglia del Lumezzane. La sua carriera si conclude a soli 33 anni.
Georgios Vakouftsis
Cosa vi sovviene in mente quando pensate alla Grecia? Filosofi? Scienziati? Matematici? Guerrieri? Le Olimpiadi? Anche a noi. Ma se nelle succitate categorie non compare la voce “attaccanti” un motivo ci sarà pure. La spiegazione si esplicita, a ragion veduta, dando un’occhiata alla pletora di carneadi che hanno poggiato i loro piedi mortali sui campi di calcio del nostro Stivale. Proseguendo nell’ardita metafora calzaturiera, qualche pantofolaio in Serie A s’è visto, eccome. Più che baciati dagli dei, i piedi di diversi attaccanti ellenici giunti nel massimo campionato italiano sembrava fossero baciati da qualche altro tipo di divinità. Non hanno fatto eccezione neanche quelli di Georgios Vakouftsis che, come i suoi illustri predecessori Anastopoulos e Choutos, al termine della loro esperienza nel Belpaese, ci hanno lasciato in eredità un pingue bottino di zero gol. La Fiorentina lo acquistò dal Panathinaikos non ancora maggiorenne, quando vestiva il ruolo di terza scelta dietro Liberopoulos e Warzycha e, nonostante avesse in Trapattoni il suo nume tutelare, Vakouftsis non riuscì ad incidere minimamente. Il Trap lo buttò nella mischia sin dal primo minuto in una sciagurata trasferta a Bari in sostituzione dell’infortunato Batistuta: è il 23 gennaio 2000 ed i viola s’inchinano all’incornata di Spinesi che dà la vittoria ai pugliesi. Dopo la sua comparsata ed un prestito al Ravenna, Giorgios accumula altri otto scampoli di partita con i toscani senza mai andare in rete. Saluta la Toscana nel 2002, subito dopo il fallimento della Fiorentina di Cecchi Gori.
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