Il decennio d’oro della Repubblica Ceca
24 Maggio 2020
In principio era la Cecoslovacchia, la Nazionale dei tanti campioni del passato, quella campione d’Europa nel 1976 con il “cucchiaio” di Panenka, che nella finale contro la Germania Ovest beffa nientemeno che Sepp Maier. Il fenomenale calciatore di Praga non poteva ancora sapere che in un’altra partita di un campionato europeo (quello del 2000) un ragazzo con la maglia azzurra di nome Francesco Totti lo avrebbe emulato contro l’Olanda.
Questa è un’altra storia però. È la storia di una Nazionale nata dalle ceneri di quella Cecoslovacchia che con il genoano Thomas Skuhravy partecipava ad Italia ’90 prima di essere “politicamente” travolta dalla scissione del 1992. Slovacchia da una parte, Repubblica Ceca dall’altra, due Paesi e due Nazionali.
E qui, oggi, raccontiamo il decennio dei cechi dal 1996 al 2006, gli anni della generazione d’oro composta da tantissimi giocatori scoperti dopo il super-Europeo del 1996, che andarono poi a conquistarsi il loro posto al sole nei maggiori campionati italiani. Il resto è storia e comincia il 9 giugno 1996 ad Old Trafford.
Il Teatro dei Sogni: l’inizio di un nuovo cammino
La neonata Repubblica Ceca arriva da esordiente agli Europei del 1996 in Inghilterra. Ci arriva con giocatori bravi, qualcuno fantastico, ma sconosciuti al grande pubblico, e dopo aver vinto il girone di qualificazione. Nedvěd e Poborský, Bejbl, Kuka, Berger, Srníček e Šmicer (di cui oggi festeggiamo il compleanno) tra i giocatori più rappresentativi di quella selezione; c’era anche Lubos Kubik, in Italia con la maglia della Fiorentina dal 1989 al 1991che fa il suo esordio ad Old Trafford contro la Germania. Si inizia al Theatre of Dreams, un auspicio che è diventato partita dopo partita una splendida realtà.
I cechi arrivano agli Europei inglesi da outsider, ben altre erano le favorite. Ma talento, grinta e tecnica hanno colmato qualsiasi tipo di distanza: la Repubblica Ceca passa il girone al secondo posto con quattro punti, dietro la Germania e a pari punti con l’Italia, sconfitta per 2-1 con le reti di Nedvěd e Bejbl, con il provvisorio pareggio di Enrico Chiesa.
Arriva la fase ad eliminazione diretta, e qui il capolavoro di Poborský: al minuto 53 dei quarti di finale contro il Portogallo di Figo, Rui Costa, João Pinto e Paulo Sousa, Karel prende palla sulla trequarti e si invola verso l’area di rigore. Un paio di rimpalli vinti e poi il pallonetto meraviglioso a scavalcare Vitor Baia. Un gol incredibile, storico, memorabile, che porta i cechi in semifinale contro ogni pronostico.
La partita contro la Francia è di nuovo ad Old Trafford, un teso 0-0 che conduce le due squadre ai rigori: i cechi segnano sempre, i transalpini ne sbagliano uno. Ad attendere la Repubblica Ceca alla finale di Wembley c’è la Germania, che vince per 2-1 con la doppietta di Oliver Bierhoff: al quinto minuto del primo tempo supplementare il centravanti di Udinese e Milan segna la rete che condanna Poborský e compagni alla resa. Era stato introdotto per la prima volta il golden goal e la Germania ne aveva subito approfittato.
La partecipazione alla Confederations Cup
La Germania rinuncia, la Repubblica Ceca ci si tuffa. Ed ecco pronto il menu per il secondo grande appuntamento internazionale della giovanissima Repubblica Ceca, chiamata a rappresentare l’Europa alla Confederations Cup del 1997, competizione che riunisce le nazionali vincitrici delle varie competizioni continentali e della Coppa del Mondo. I cechi vengono eliminati dal Brasile, che vince in semifinale con le reti di Romario e Ronaldo (sì, avete letto bene), ma si rifanno battendo l’Uruguay per 1-0 nella finalina, classificandosi così al terzo posto della manifestazione.
L’inizio della discesa
Sono anni vissuti ad alta intensità per i cechi, i quali sembrano – almeno nel 1997 – una delle nazionali più forti del continente europeo. Dopo la vetta, come spesso accade, inizia la parabola discendente, lenta ma non per questo meno deludente. Basta andare a guardare le nazionali che hanno partecipato a Francia ’98: la Repubblica Ceca non era presente alla rassegna iridata transalpina a causa del terzo posto dietro Spagna e Jugoslavia nel girone di qualificazione. Un flop che è costato il posto al commissario tecnico Uhrin.
Qualificazioni dieci e lode, però poi…
La Repubblica Ceca arriva da trionfatrice alla fase finale di Euro 2000, con dieci vittorie nelle dieci gare del girone di qualificazione. In Olanda c’è lo zoccolo duro della Nazionale del 1996, arricchito da Koller – che aveva esordito con la maglia della selezione ceca nel 1999 in amichevole contro il Belgio: ovviamente con gol – Rosický e le vecchie conoscenze del nostro calcio Repka e Jankulovski. La manifestazione continentale tuttavia non riserva alcuna gioia per la squadra, che esce sconfitta dai match con Olanda e Francia e ottiene i tre punti soltanto nell’inutile ultima gara contro la Danimarca (doppietta del solito Šmicer). La finalista del 1996 si ferma, dunque, al primo turno di un torneo che noi italiani ci ricordiamo bene per quanto successo nell’incredibile e amarissima finale contro la Francia. Il golden gol di Trezeguet è tuttora uno dei nostri maggiori incubi a livello calcistico, ed è meglio pertanto non dilungarci oltre.
Mondiali 2002? Assente
Ormai una habitué dei campionati europei, la Repubblica Ceca continua invece ad avere scarso feeling con i Mondiali. La nazionale di Poborský e Koller salta anche l’appuntamento di Corea e Giappone 2002, eliminata agli spareggi dal Belgio, che vince per 1-0 sia all’andata che al ritorno.
Sprazzi di risveglio in Portogallo
Una bella cavalcata quella della nazionale agli Europei del 2004. Una squadra arricchita dagli italiani Jiranek – dignitoso nella sua esperienza con la maglia della Reggina – e Ujfaluši – in viola dopo quell’Europeo – dal portiere Čech (che sarà il miglior estremo difensore del torneo) e dal talentuoso Milan Baroš raggiunge la semifinale dopo aver chiuso il girone a nove punti e aver sconfitto la Danimarca per 3-0. Quella Danimarca protagonista con la Svezia del “biscottone” ai danni dell’Italia del Trap). Un grande Koller a guidare l’attacco non basta per superare l’ostacolo Grecia – che altra storia magnifica, questa… – che batte i cechi in semifinale con il silver gol di Traianos Dellas, in Italia stopper di Perugia e Roma, prima di andare a vincere quell’irripetibile torneo con il gol di Charisteas nella finale contro i padroni di casa del Portogallo.
Finalmente ai Mondiali!
Al terzo tentativo finalmente i cechi conquistano il loro posto ai Campionati del Mondo, quelli per noi dolcissimi di Germania 2006. La selezione finisce al secondo posto del girone di qualificazione dietro l’Olanda, conquistandosi poi il pass verso Berlino grazie alla doppia vittoria nello spareggio contro la Norvegia. Čech in porta, Jankulovski, Ujfaluši, Nedvěd, Poborský, Rosický, Koller e Baroš, oltre a tanti altri, una squadra ambiziosa che parte forte con il 3-0 agli Stati Uniti – subito in gol Jan, poi doppio Rosický – ma che si ferma a quella vittoria. I cechi vengono sconfitti per 2-0 sia dal Ghana con i gol “italiani” di Asamoah Gyan e Muntari e sia dagli azzurri – futuri Campioni del Mondo! – con le reti di Materazzi e Inzaghi.
La fine di un decennio d’oro
Ogni grande storia ha la sua fine e quella della Repubblica Ceca inizia a vedere i titoli di coda con gli addii dei suoi uomini più rappresentativi. Dopo Germania 2006 sia Nedvěd che Poborský annunciano il loro addio alla maglia della nazionale. Karel chiude con 118 presenze e otto reti: davanti a lui come presenze soltanto Čech. Quello di Koller arriva dopo gli Europei del 2008: Jan si toglie la soddisfazione di entrare nella storia come miglior realizzatore nella storia della Repubblica Ceca, con 55 reti in 91 partite.
Dal 2006 in poi la selezione ceca non riesce a qualificarsi ad alcuna edizione dei Campionati del Mondo: fuori nel 2010, nel 2014 e nel 2018. Si ferma invece al primo turno negli Europei del 2008, sconfitta in extremis dalla Turchia e sfiorando così la qualificazione ai quarti di finale. Va meglio nel 2012 (quelli dell’Italia sconfitta in finale dalla Spagna), eliminata dal Portogallo ai quarti, e di nuovo fuori al primo turno nel 2016. Ci sarà invece nei prossimi Europei, quelli che si terranno nel 2021.
Della squadra che incantava l’Europa del 1996 non è rimasto nulla, ma ciò non toglie valore e memoria all’epopea di quella Repubblica Ceca coriacea e talentuosa, i cui calciatori andarono poi sotto i riflettori dei maggiori campionati continentali. Con alterne fortune, come la parabola di quella squadra, sconfitta dal primo golden gol della storia e arrivata sempre a un passo dalla gloria. Non senza divertirsi, non senza divertire. Una parabola discendente, come quella disegnata da Panenka e dal suo rischiosissimo cucchiaio del 1976, ma non per questo meno bella. Del resto, senza rischio, senza passione e senza talento il calcio è un gioco come un altro. Ed altro calcio, nel senso bello che piace a noi, è stato quello giocato nel loro decennio d’oro. Quello di Poborský, Berger, Šmicer e Koller, e di tanti altri campioni, veri o presunti tali, fenomeni o meteore.
di Yari Riccardi
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