Il Maradona dei Carpazi e la generazione d’oro della Romania
5 Febbraio 2020
Un Eldorado di un livello di nostalgia ben al di sopra dei livelli di guardia. Una vera e propria età dell’oro che inizia con un mondiale per cuori forti, quello delle Notti Magiche di Italia ’90, che passa per la dolce e dolorosa – ahimè, per i colori azzurri – Coppa del Mondo di Usa ’94 e termina con Francia ’98. I colori sono il rosso, il giallo e l’azzurro, e quello che stiamo per raccontarvi è un pezzo di una piccola grande epopea di una nazionale e di una generazione di calciatori che mai ha più raggiunto i livelli di quegli anni. Parliamo della Romania, di Gheorghe Hagi e non solo. Gloria e nostalgia, perché di quella nazionale facevano parte calciatori che arrivarono in Italia nelle cosiddette squadre di provincia, e le resero imbattibili, non tanto sul campo quanto nei cuori di tifosi grazie a fenomeni come il Maradona dei Carpazi con la maglia del Brescia. Prima di parlare dei calciatori, seguiteci in questo viaggio tra Europa e Stati Uniti.
L’inizio dell’epopea
Una vittoria, un pareggio e una sconfitta nella fase ai gironi, e i rigori fatali agli ottavi. Decisamente una bella figura quella dei rumeni a Italia ’90, protagonisti di una vittoria prestigiosa contro l’Urss con la doppietta di Lacatus, “erede” – perlomeno sulla carta – di Roberto Baggio a Firenze, preso da Mario Cecchi Gori per far dimenticare il Divin Codino ai tifosi viola, e di un altrettanto prezioso pareggio contro i campioni in carica dell’Argentina, con l’intermezzo della partita col Camerun, vincitore grazie alla doppietta di Roger Milla. Girone di ferro, e un ottavo di finale perso con l’Irlanda rivelazione del torneo. La favola della Romania inizia di fatto qui: in quella selezione erano presenti Hagi, Raducioiu, oltre ovviamente al già menzionato Lacatus. Scuola dell’Est Europa, talento e sregolatezza, tutti militanti nel campionato nazionale. Quel mondiale fu la vera vetrina che aprì le frontiere calcistiche: così quella generazione dorata e nostalgica partì alla conquista dell’Europa.
Dominatori nel girone dei padroni di casa
Le basi erano state poste, i calciatori erano finalmente arrivati nei maggiori campionati europei. Per la spedizione di Usa ’94 nella selezione rumena sono tre gli atleti che avevano militato in Italia: Hagi, ceduto dal Brescia al Barcellona, Raducioiu reduce dal campionato con la maglia del Milan e in procinto di passare all’Espanyol, e Dan Petrescu, che dopo quel mondiale sarebbe passato dal Genoa allo Sheffield Wednesday. Formazione tecnica e rocciosa, assoluta protagonista nella rassegna iridata statunitense. Vittoria con la Colombia (in rete ovviamente Raducioiu e Hagi), sconfitta contro la Svizzera di Sutter e Chapuisat (che tempi, e che giocatori in giro per il mondo…) e vittoria contro i padroni di casa con la rete dell’altro “italiano” Petrescu. Girone vinto, e primato in classifica. Il destino ha poi messo contro quella squadra a una delle favorite del torneo, sotto shock per la squalifica per doping di Maradona. La Romania sconfigge così l’Argentina per 3 reti a due: segnano Hagi, due volte Dumitrescu, Balbo e Batistuta. I rumeni arrivano così ai quarti, miglior risultato di sempre per la selezione. Uno scontro che è Storia della Nostalgia: da un lato la generazione d’oro della Romania, dall’altro la Svezia rivelazione del torneo: due a due nei tempi supplementari con la doppietta di Raducioiu e le reti di Brolin (quel Parma, che ricordi…) e Kenneth Andersson (proprio lui, futura gloria di Bari, Bologna e Lazio). Gli errori dal dischetto di Petrescu e Belodedici sancirono la sconfitta ai calci di rigore.
La fine dell’Eldorado
Gli ex italiani Hagi e Petrescu tra i convocati, e una credibilità internazionale in aumento, nonostante la non brillante partecipazione agli Europei di due anni prima (tre sconfitte in altrettante gare): così si presenta la Romania a Francia ’98, e come sempre il girone eliminatorio è di alto livello, due vittorie e un pareggio. Prestigioso il 2 a 1 contro l’Inghilterra, quella di Owen, Shearer, Scholes e Ince (sì, proprio quel Paul Ince: se avete un nodo alla gola, è normale). Ancora ottavi, e ancora scontro contro la squadra rivelazione della rassegna. Nel derby dell’Est contro la Croazia la Romania esce sconfitta dal gol di Suker. Finiscono così gli anni d’oro e di nostalgia di quella nazionale e di quei giocatori che in Italia sono ancora nei sogni di tifosi e appassionati.
Il Maradona dei Carpazi e la vittoria a Wembley
Prima di lui nessuno. Dopo di lui, come talento, solo Adrian Mutu. Solo nel calcio degli anni ’90 un fenomeno come Hagi poteva arrivare in Italia e giocare in una meravigliosa provinciale come il Brescia, che ha al suo attivo giocate di veri e propri totem del calcio mondiale: ben poche squadre possono vantare nel loro passato un tris d’assi come Baggio, Hagi e Guardiola, seppur in epoche diverse. Hagi, nato il 5 febbraio del 1965 (auguri!) è stato un vero e proprio fenomeno, mancino puro, estro, dribbling, lancio, assist e gol. Arriva in Italia dal Real Madrid nel 1992: con il Brescia retrocede, vince da protagonista la Coppa Anglo Italiana (che meriterebbe un libro a parte) in finale contro il Notts County a Wembley (rete di Ambrosetti, nome marchiato d’oro negli annali della nostalgia) e risale in serie A. Resta a Brescia fino ai Mondiali di Usa ’94, poi passa al Barcellona. Talentuoso, ma anche duro: nei ricordi di tutti il terribile fallo di Hagi su Antonio Conte durante Italia-Romania degli Europei del 2000. Il fantasista disse di non averlo fatto apposta. La caviglia dell’attuale allenatore dell’Inter continua a non essere molto d’accordo.
La cinquina di Florin
Bari, Verona, Brescia (due volte) e Milan., dal 1990 al 1994 e nel 1997-1998. Florin Valerian Raducioiu è Nostalgia pura, è talento e tecnica, è classe ed è una lunghissima serie di gol sbagliati. È stato l’unico calciatore ad aver segnato nei cinque principali campionati europei. Numeri importanti, ma Florin è famoso per essere stato un incompiuto di prim’ordine: Mondiali da protagonista, Europei, stagioni buone ma mai quel salto di qualità in termini di reti. Resta comunque nel cuore di tutti, per aver fatto ovunque bene ma non benissimo, per i gol sbagliati e quelli realizzati, per l’essere stato forse nel posto giusto ma nel momento sbagliato. Nel Milan, nel 1993, arrivò in un reparto offensivo di primissimo ordine. Così, qualche nome: Van Basten, Papin, Massaro, Simone. E Raducioiu a tentare di trovar spazio. Lo trovò: 7 presenze e due reti (una in Coppa dei Campioni). Il povero Florin fu vittima anche di Pasquale Bruno, che intervenne da par suo il 7 febbraio del 1993 sulla gamba sinistra dell’attaccante. Nove punti di sutura.
Destinazione Zemanlandia
Protagonista dell’epopea dorata della Romania, Dan Petrescu arriva in Italia nel 1991 con destinazione Foggia, dove ad attenderlo c’è Zdenek Zeman, artefice di quella squadra meravigliosa, lui, Casillo e una miriade di giocatori che il boemo contribuì a rendere immortali. Tra questi Petrescu, che resiste ai gradoni del tecnico per due stagioni, prima di passare al Genoa. Un anno sotto la Lanterna, i mondiali americani e l’avventura inglese, a Sheffield prima e a Londra poi: cinque stagioni con il Chelsea degli italiani Zola, Di Matteo, Vialli e compagnia. I Blues più azzurri e più romantici di sempre.
Storie di eredità (finite male)
C’è una generazione in mezzo a due fenomeni. C’è un post Baggio e un pre Batistuta a Firenze, ed è raccontato e simboleggiato da Marius Lacatus, in maglia viola nella stagione 1990 – 1991. Ala destra, tra i primi acquisti di Mario Cecchi Gori da presidente della Fiorentina, Lacatus arriva nella Viola di Dunga, di Mareggini e Landucci, di Kubik, di Fuser e di Orlando, di Iachini, di Nappi, Buso e Borgonovo. Arriva a Firenze dopo i mondiali italiani da protagonista. Poteva diventare l’erede del Codino. È apparso per 21 partite, segnando 3 reti. Meteora in Italia, ma degno di essere nei ricordi. Un intermezzo, dopo Baggio e prima di Batistuta. È valsa la pena aspettare una stagione, no?
Provincia dolce Provincia (con Lucescu in panchina)
Fenomeni come Hagi, ottimi giocatori come Raducioiu e lo stesso Lacatus, gregari carismatici come Petrescu. Ma non sono stati soltanto questi i calciatori che dalla Romania arrivarono in Italia negli anni Novanta. Una selezione che non può non vedere Mircea Lucescu alla guida di questa ipotetica “super squadra della nostalgia” del calcio rumeno, nella quale di certo c’è Ioan Ovidiu Sabau, a Brescia non solo con l’allenatore tra gli altri di Pisa e Inter. Sabau resta alle Rondinelle dal 1992 al 1996, prima dell’intermezzo con la Reggiana e del ritorno a Brescia nel 1997, dove iniziava a brillare la stella di Andrea Pirlo. Per un anno c’è stato anche Lupu, 15 presenze nel 1994 con il Brescia, fortemente voluto da Lucescu. Con le Rondinelle nel 1992-1993 anche Dorin Mateut, 4 presenze: va meglio l’anno successivo con le 25 presenze con la maglia della Reggiana, quella di Taffarel, Futre e Michele Padovano. Perché quando di parla di Nostalgia, la provincia racconta storie che sono davvero impossibili da dimenticare.
Di Yari Riccardi
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