Il primo scudetto del Napoli: tutti i protagonisti dell’impresa
15 Marzo 2021
“La parola esagerazione non esiste nel vocabolario dell’amore”. Il libro s’intitola Così parlò Bellavista. L’autore è Luciano De Crescenzo. Ambasciatore di Napoli e della napoletanità. In Italia e nel Mondo. E vallo a spiegare a uno di Düsseldorf o di Wolverhampton cosa vuol dire l’amore per il Napoli al tempo di Maradona. Nella frase del compianto maestro risiede l’identità di un popolo che inspira ed espira vita e calcio all’unisono con la sua squadra. E quel che accadde durante il campionato 1986-87 rappresenta quanto più in simbiosi vivano questi mondi, fondendosi sempre di più in un unicum inscindibile. È l’anno dello Scudetto di Maradona. È l’anno del primo Tricolore del Sud Italia. È l’anno in cui si sconquassano gli equilibri del calcio italiano. È l’anno dello Scudetto del Napoli.
Sono passati quasi trentaquattro anni, ma i nomi dei protagonisti che diedero nomi e volti ad una rivoluzione “chiassosissima e coloratissima” rimangono nelle memorie dei pasionarios partenopei. Ed eccoli qui.
Raffaele DI FUSCO
È stato, è, sarà l’eterno secondo portiere. Cresce calcisticamente nel settore giovanile dei partenopei che, alla soglia dei venti anni lo mandano in giro per l’Italia in prestito: due anni e mezzo in prestito al Lanerossi Vicenza durante i quali, però, non riesce a conquistare il posto da titolare che, però, troverà a Catanzaro durante il campionato cadetto 1985-86. Torna a Napoli dopo i Mondiali del Messico per assistere Garella che gli lascia il posto da titolare solo in occasione della passerella di Ascoli per l’ultima giornata di campionato. Lo stesso campo dove, due anni dopo, il tecnico Bianchi lo avrebbe mandato in campo con consegne da attaccante. Ma questa è un’altra storia.
Claudio GARELLA
Quando arriva al San Paolo, fresco di Scudetto appena conquistato con il Verona di Bagnoli, si è già guadagnato il soprannome di Garellik. Non sarà il portiere stilisticamente più aggraziato del mondo, ma dove non arrivano le sue mani, ci sono sempre gomiti, ginocchia, caviglie e piedi che, alla bisogna, possono essere utili alla causa. Spesso riesce ad essere decisivo – seppur in maniera bohemien – ma quando qualcosa va storto, le frittate son così eclatanti da guadagnare l’appellativo di Garellate. Tuttavia, Claudio è in un ottimo momento di forma e festeggia il suo secondo tricolore nel giro di due anni, per giunta con entrambi i club novizi. Il portiere più forte del mondo. Ma senza mani. Stando, almeno, all’avvocato Agnelli.
Tebaldo BIGLIARDI
Catanzarese di nascita, palermitano di adozione, Tebaldo è una colonna della formazione rosanero. Ha soltanto ventitré anni ed ha disputato più di centoventi partite in Serie B. Un rincalzo di sicuro affidamento nell’ottica del direttore sportivo azzurro, Pierpaolo Marino, per rinforzare la rosa a disposizione di Ottavio Bianchi. Il tecnico lo impiega con parsimonia: mette insieme dieci presenze tra campionato e Coppa Italia, ma rimane alla corte dei partenopei fino al 1990, vincendovi un altro titolo.
Giuseppe BRUSCOLOTTI
Un simbolo. Una colonna. Anzi, un Pal ‘e fierr’ come venne ribattezzato dai tifosi del Napoli che vedevano nell’arcigno terzino uno dei marcatori più forti che abbiano mai calcato l’erba del San Paolo. Quando la sua squadra conquista lo Scudetto, Giuseppe ha ormai trentasei anni ed ha accumulato quasi quattrocento presenze in campionato con la maglia azzurra. Nell’anno in cui Maradona vince la Coppa del Mondo, il capitano compie il beau geste di cedergli la fascia da capitano. Seppur in distinta non compaia la © accanto al suo nome, tutti – in campo e fuori – lo considerano ancora un leader.
Antonio CARANNANTE
Il fertile vivaio del Napoli produce giovani e promettenti calciatori in quantità industriale. Carannante è uno di questi e annusa l’aria della prima squadra già dall’età di diciassette anni, quando esordisce in Serie A. Con l’andar del tempo conquista un posto sempre più stabile tra i senior ma non riesce ad effettuare il colpo di coda decisivo per dargli la titolarità definitiva del ruolo. In più ci si mette anche la sfortuna: un gravissimo infortunio lo tiene via per tutto l’anno dello Scudetto, impedendogli di dare il suo contributo in campo. Riesce a farsi vedere solo in occasione della Coppa Italia nel 3-0 rifilato al Bologna. Meglio poco che nulla, no?
Ciro FERRARA
Si diceva del florido settore giovanile del Napoli? Beh, ecco il suo più autorevole rappresentante. Napoletano fino al midollo, si chiama Ciro per ribadirlo se non fosse stato chiaro. È un difensore tecnico, grintoso, atletico, forte. Surclassa i suoi coetanei e si distingue per la duttilità in tutti i ruoli della difesa. In due parole: un fenomeno. Dopo aver esordito a diciotto anni contro la Juventus, Ferrara fa passi da gigante nelle gerarchie della squadra fino a convincere Ottavio Bianchi che gli dà una maglia da titolare in pochissimo tempo. Nell’immaginario della tifoseria, Ciro raccoglie l’eredità di Bruscolotti e rimarrà fedele ai suoi colori finché cause di forza maggiore lo porteranno lontano da Fuorigrotta.
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