Il primo scudetto del Napoli: tutti i protagonisti dell’impresa
15 Marzo 2021
Fernando DE NAPOLI
La trasposizione irpina di Rambo non è meno grintosa e combattiva rispetto alla versione hollywoodiana. Per questo i tifosi del Napoli prendono subito a cuore il giovane centrocampista proveniente dall’Avellino. E Nando ripaga l’affetto prenotandosi un posto a centrocampo e la titolarità delle manovre per guidare gli assalti alle porte avversarie. È imprescindibile la sua presenza nello scacchiere di Bianchi e ben presto anche Azeglio Vicini, commissario tecnico della Nazionale, lo ripaga con la medesima fiducia. Nomen Omen. Lega il suo nome al capoluogo partenopeo per lunghissimo tempo, ben oltre la conquista del secondo Scudetto e fino al 1992 quando, poi, verrà chiamato al Milan stellare di Capello. Nell’annata del double azzurro è sempre presente e segna anche due reti. Cosa volete di più da Rambo?
Ciro MURO
L’unico torto che ha avuto è stato quello di giocare nello stesso ruolo di Maradona. Si riassume qui la parabola calcistica di Ciro Muro, uno dei talenti che non abbiamo avuto la fortuna di ammirare come si conviene. Nasce nella periferia della metropoli partenopea, condividendo con molti suoi coetanei il paradigma che vuole tanti ragazzini sulla strada affamati di calcio e non solo. Dopo aver fatto il suo ingresso nell’orbita della prima squadra, viene mandato a Pisa per assaggiare la Serie A. All’Arena Garibaldi si ritrova con Volpecina e mette in mostra di saperci davvero fare. L’ottimo feedback proveniente dagli emissari della squadra inviati in Toscana convince la dirigenza a tenerlo sott’occhio al San Paolo, ma nella migliore stagione che si ricordi di Maradona, Ciro non può che raccogliere le briciole che gli lascia il Pibe de Oro. Conclude l’annata con sole undici presenze, condite da una rete in campionato ed un’altra nella finale di Coppa Italia contro l’Atalanta.
Francesco ROMANO
Cosa vuol dire tirare un coniglio fuori dal cilindro può spiegarlo il direttore sportivo del Napoli, Pierpaolo Marino, dopo l’acquisto dalla Triestina di Francesco Romano, forse il vero e proprio crack della stagione. Perché se tutti i riflettori sono puntati su Maradona, el Diez non avrebbe potuto compiere il miracolo tutto da solo. L’innesto dell’ex centrocampista del Milan durante il mercato autunnale costituisce il completamento di un puzzle precedentemente incompleto. Nei meccanismi della squadra di Bianchi, infatti, manca qualcosa a centrocampo: c’è chi recupera palloni, chi cuce e chi interdice, ma manca qualcuno che completi l’opera con “l’ultimo passaggio”. La chiamata dalla Serie B del ragazzo di Saviano sorprende tutti, ma con la stessa sorpresa, Romano non si fa intimidire e lascia inequivocabilmente il segno sulla conquista dello Scudetto con prestazioni da primo della classe. Nell’immaginario collettivo la presenza di Diego è accecante e priva gli altri componenti della rosa della giusta considerazione. Beh, Francesco ha brillato. Eccome.
Luciano SOLA
L’arrivo dal Bari del centrocampista di Seregno non è solo chiesto dalla necessità di aumentare il numero delle alternative per Bianchi, ma viene fatto nell’ottica di garantire quantità e qualità quando ce n’è bisogno. E Luciano non si tira mai indietro quando viene chiamato in causa. Per sedici volte scende in campo nella stagione che porta allo Scudetto, dando anche il suo cospicuo contributo nella corsa che porta al successo in Coppa Italia. Resta al San Paolo per due anni, durante i quali trova anche il tempo di esordire al Santiago Bernabeu in Coppa dei Campioni.
Andrea CARNEVALE
Da alcuni anni, il profilo di Andrea Carnevale è sui taccuini di tutte le squadre di Serie A. Gioca nell’Udinese ed ha raccolto l’eredità di Pietro Paolo Virdis, senza farlo rimpiangere. Il Napoli affonda il colpo e versa quattro miliardi nelle casse dei friulani, portandosi a casa l’ultimo elemento che consente di completare il trio d’attacco azzurro: nasce così la MaGiCa. Andrea è il più giovane dei tre, ma ha esperienza da vendere e la sua duttilità tattica gli consente di adeguarsi al meglio nelle dinamiche dei compagni di squadra: a lui vengono chieste la corsa e il lavoro di raccordo, svincolando i colleghi di reparto da ulteriori compiti. Si integra così bene che segna otto reti, laureandosi vice-capocannoniere della squadra alle spalle di Maradona. Con il Napoli rimarrà sino al 1990, lasciando la città partenopea dopo la conquista del secondo e ultimo Scudetto.
Bruno GIORDANO
Ha quasi trent’anni, Bruno, quando si ritrova a fare una scelta importantissima. Cuore o cervello? Seguendo il primo, scenderà in Serie B con la sua amata Lazio; ascoltando il secondo, avrà la possibilità di giocare al fianco del giocatore più forte del Mondo, assecondando le legittime ambizioni di un calciatore. Alla fine, complice una situazione finanziaria non propriamente florida dei capitolini, la sua cessione nell’estate del 1985 si concretizza. La concretezza sotto porta non gli manca ed anche al San Paolo continua a fare ciò che l’aveva reso un mito agli occhi dei tifosi laziali. Con l’arrivo di Carnevale, in molti pensano che Giordano potrà fare ancora meglio. E invece, almeno sotto il profilo realizzativo, vive la stagione meno performante con soli cinque gol all’attivo. Ma sono tutte decisive. Dopo il fattaccio del 1988, Giordano lascia Napoli per vivere le ultime stagioni in Serie A con le maglie di Ascoli e Bologna.
Diego Armando MARADONA
Incarnava semplicemente il calcio. Con tutta la bellezza e le sue contraddizioni. L’animo tanto tormentato, quanto orientato a rendere felice il prossimo. Facendo quel che più gli piaceva, ma anche per gli altri. Diego è stato una commistione d’emozioni e sensazioni che condensava nel suo sguardo magnetico, quasi come il suo piede dal quale la palla non voleva proprio saperne di staccarsi, se non per finire in fondo al sacco. Nel 1986, sono due anni che Diego è un re senza corona, almeno per gli almanacchi. Napoli lo adora e lo ha già eletto a suo sovrano. Ma in campionato si langue. La sfida a distanza con Platini lo vede quasi sempre costretto all’inseguimento. Ma il 1986-87 inizia con un piglio diverso. Maradona è tornato dal Messico col mondo ai suoi piedi dopo il successo iridato con la sua Nazionale ed ora il popolo partenopeo gli chiede di far lo stesso. El Pibe de Oro compie l’impresa, lasciando che un’aura divina avvolga la sua persona. La città lo idolatra, lui la ripaga con prestazioni sempre più debordanti. Che portano, finalmente, alla conquista di un agognato Tricolore. La sua effigie appare nelle nicchie votive nei numerosi crocicchi in città. Napoli ha il suo Messia.
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