Il riassunto della nostra diretta con Alessandro Del Piero
7 Giugno 2020
Un pò di emozione all’inizio e poi oltre mezz’ora di una chiacchierata che ci ha fatto capire, una volta di più, che per diventare una leggenda del calcio internazionale non basta il talento ma servono umiltà, sacrificio e voglia di non accontentarsi mai.
È stato davvero bello poter ascoltare le parole di Alessandro Del Piero, non è stata un’intervista, è stata una chiacchierata dove si è parlato soprattutto del suo “Gol alla Del Piero”, a proposito, settimana prossima aspettatevi grandi novità.
5 gol consecutivi “Alla Del Piero”, 8 in un solo anno tra il 1994 e il 1995, ma com’è nato questo gol?
«Ho avuto la fortuna di vedere fare questi gol da Baggio, Zola, giocatori che avevano la qualità di fare quel tipo di tiro che ho sempre privilegiato perché è difficile da intercettare e se si infila all’incrocio dei pali è difficile da parare.
Il fatto che io lo abbia fatto con continuità è quello che ha lasciato un po’ tutti perplessi.
È stato importante sia l’allenamento che creare delle varianti. La sequenza dal ’94 al ’95 è stata incredibile e non nego che ogni tanto, quando mi capita di rivederli, mi emoziono ancora.
Quando facevo quelle cose non pensavo di doverlo fare, difficile entrare in campo e pensare, devo fare questo gol ad ogni costo, ma sapevo che prima o poi nei 90 minuti si presentava un’opportunità per tirare in quel modo, a volte entrava ma spesso andava anche fuori e quando usciva di poco rosicavo parecchio…”.
Ma come si fa a 21 anni, dopo tutto questo clamore a non perdersi per strada?
«Contano l’umiltà che è importante soprattutto per riportarti a terra. Ma non basta. È importante circondarsi di persone che ti indirizzano».
Torniamo al “Gol alla Del Piero”, un gol divenuto un marchio di fabbrica, qual è secondo te il più bello?
«Ci sono 2-3 gol davvero particolari. Probabilmente con la Steaua è uno dei più belli, c’è lo stop, il dribbling. Poi sicuramente quello a Dortmund è qualcosa di speciale anche a livello emotivo. La prima partita in Champions League, il primo gol… Questi due sono tra i top 3.
Ed è incredibile pensare che sempre a Dortmund, 11 anni dopo, hai segnato un altro gol pazzesco, forse il più importante.
«Si quel gol con l’Italia è il più importante per significato, per la Germania, per lo stadio di Dortmund, dove loro erano confidenti del Mondiale in casa… Per il fatto che Italia-Germania è sempre unica, per la telecronaca di Caressa, per i minuti finali, per il fatto che era una semifinale, per il mio momento personale e storico. Quel Mondiale rappresentava l’ultima possibilità per un’intera generazione di vincere qualcosa. Anche perché successivamente avevo sperato di andare al Mondiale del 2010 in Sudafrica. Mister Lippi è stato fondamentale per la mia carriera ma quella volta scelse diversamente e ci rimasi male».
Torniamo al quel triennio 1994/1995/1996, dove sostanzialmente vinci tutto quello che c’era da vincere. Qual è il significato di quelle vittorie e soprattuto come si fa a non mollare quando arrivi al top mondiale da giovanissimo?
«Pensiamo al fatto che oggi se arrivi quarto in alcuni campionati puoi vincere la Champions League. Prima dovevi arrivare primo, già solo questo può far capire il livello di quelle competizioni. Tra l’altro anche il gol in finale contro il River Plate, non viene considerato un gol “Alla Del Piero” ma il pallone è finito sempre in quel punto. Non potevi pensare di ritirarti, in tre anni ho vinto le cose più importanti: lo scudetto, la Champions League e poi l’Intercontinentale che chiude un percorso. Ma non puoi smettere, cerchi di crearti nuove sfide».
Oggi si sarebbe dovuto disputare il nostro raduno, qual è il ricordo dello scorso 6 luglio a Cesena (Operazione Nostalgia Stars vs. LaLiga Legends)
«Ragazzi, l’emozione che si vive nel vostro evento è qualcosa di incredibile. Vedere tutte quelle maglie di squadre differenti sugli spalti, tifare per il calcio in quanto sport e passione è davvero speciale. Mi ricordo un episiodio negli spogliatoi di Cesena, parlando con Hierro, con lui ho condiviso sfide magnifiche in competizioni magiche, eppure entrambi non ci aspettavamo di vivere un clima di festa come quello che abbiamo visto al vostro raduno di Cesena.
E lo è ancora di più in un momento così particolare come questo, in cui siamo stati forzati a stare chiusi in casa e ci siamo resi conto che molte cose le davamo per scontate. Ecco il bello di Operazione Nostalgia è proprio questo: rivivere momenti che ci hanno suscitato emozioni, che forse in quegli attimi non siamo riusciti ad assaporare totalmente».
Immaginiamo sia bello anche poter rivedere compagni e avversari.
«Si anche questo è un aspetto bellissimo del raduno di Operazione Nostalgia. Abbiamo l’opportunità di rivedersi e magari scoprire lati personali che quando giocavi non avevi modo di approfondire. Molti dei ragazzi con cui ho giocato contro una vita, sapevo molto di loro dal punto di vista calcistico e non umano. Oggi magari riesci a conoscere di più una persona a livello umano attraverso i social ma prima non era così e in ogni caso è sempre più bello il contatto umano. Ho avuto modo di dire al difensore che mi ha legnato per una vita: “Adesso cosa fai?”. Anche quella è stata la bellezza del momento, oltre al clima che si è creato in partita, lo stadio esultava per ogni gol. Ed è stato anche bello che la partita sia stata combattuta fino alla fine. Ok il clima di festa ma quando si gioca nessuno vuole perdere, è così al campetto con gli amici, è così nelle partite ufficiali, è così negli appuntamenti speciali. Ed infatti non vedo già l’ora del prossimo raduno e della prossima sfida con gli spagnoli…».
Possiamo dire che ad Alessandro Del Piero è mancato solo il Pallone d’Oro?
«Se me lo danno oggi, vado a prenderlo. Ma non è un’ossessione, era una cosa importante, ma ci sono delle dinamiche, dei criteri di giudizio. Sono contentissimo della mia carriera, di quello che sono riuscito ad ottenere, dell’affetto di tutte le persone che mi vogliono bene. Rosico per quello che non sono riuscito a rivincere, ma quello è stato uno stimolo per migliorare, non poter giocar più è difficile, quello è un dramma per certi aspetti.
Quello che posso dire è che ho dato sempre il massimo e più del massimo e mi ha portato a quello che ho fatto con tante cose positive e una vita dedicata al calcio e le mie passioni. Pensando ad un ragazzino di un paesino del Veneto, di strada ne è stata fatta. Sono felice di aver vissuto un periodo storico calcistico probabilmente irripetibile».
E per concludere dobbiamo fare anche a te la nostra classica domanda: qual è il primo giocatore nostalgico che ti viene in mente?
«A me è venuto in mente Torricelli. Perché ha fatto un percorso straordinario nella sua carriera, dai dilettanti fino alla vittoria della Champions League. È una persona adorabile».
E non avevamo dubbi Alessandro, la semplicità, l’umiltà e l’impegno sono i valori necessari per diventare persone e sportivi da ricordare per sempre.
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