La classifica marcatori 1992-93 della Serie A è un inno alla nostalgia
17 Marzo 2021
Jean-Pierre PAPIN (Milan) – 13 reti
Ogni domenica Fabio Capello deve affrontare la solita questione: quale degli stranieri lasciare in tribuna? Il regolamento parla chiaro: in distinta ne vanno al massimo tre. Eppure, insieme a Rijkaard, Gullit e van Basten ci sono anche Savicevic e proprio Papin, il centravanti titolare della Francia, autore di una valanga di reti con la maglia dell’Olympique Marsiglia. Insidiare il Cigno di Utrecht non è semplice per tutti. Anche se si è vinto il Pallone d’Oro l’anno prima. Infatti, finché la caviglia di Marco regge, Papin è relegato nelle retrovie. Solo l’infortunio dell’olandese gli concede di avere più spazio. Tuttavia, il suo rendimento non è costante come ci si attende, sebbene riesca a firmare venti reti complessive nelle trentaquattro partite disputate. La scintilla col pubblico non scocca, così come quella con Capello e l’esperienza in rossonero del centravanti francese è tutto fuorché memorabile. Resiste a Milano ancora un anno e, pur con due Scudetti cuciti sul petto ed una Champions League levata al cielo guardando i compagni di squadra dalla tribuna, lascia il Diavolo senza particolari drammi per accasarsi al Bayern Monaco.
Marco VAN BASTEN (Milan) – 13 reti
Nessuno avrebbe mai creduto che le ali del Cigno si sarebbero chiuse definitivamente ad appena ventotto anni d’età. Eppure, è l’amara realtà con la quale i tifosi e lo stesso van Basten devono fare i conti. Ci proverà il centravanti olandese a tornare in pista, ma ogni tentativo sarà vano e, dopo tre anni d’attesa, alzerà bandiera bianca. Peccato. Peccato perché il Van Basten visto all’opera in quello scorcio di campionato sembrava avesse tutti i numeri in regola per sfondare il record di venticinque reti messo a segno l’anno prima e che gli è valso il titolo di capocannoniere. Il gioco del Milan di Capello sublima ed amplifica le sue già eccelse qualità e nelle prime giornate del torneo in corso è devastante: rimette in pista da solo la sua squadra che sta naufragando a Pescara per 4-2 con una tripletta che vale il 4-5 finale. Contro il Napoli segna addirittura una quaterna nell’1-5 del San Paolo. Ma la caviglia cede a dicembre e lo tiene fuori per quattro mesi. Tenta il ritorno per disputare la finale contro l’Olympique Marsiglia e segna nel 3-1 che il Milan rifila all’Ancona al Del Conero, ma cede di nuovo di schianto dopo il match contro la Roma e non riesce più a riprendersi. L’epilogo inatteso di una favola finita troppo presto.
Maurizio GANZ (Atalanta) – 14 reti
Ci vuole una notevole dose di coraggio e determinazione per passare dal Brescia all’Atalanta. Non certo il più “indolore” dei trasferimenti. Ma la voglia di Ganz di mettersi in mostra sul massimo palcoscenico nazionale, dopo esser sbocciato precoce nella Sampdoria ed aver affrontato un lungo periodo di crescita che l’ha costretto a girare la provincia fra Monza e Parma, prima di affermarsi al Brescia, è davvero tanta. I nerazzurri devono dimenticare in fretta l’equivoco Bianchezi, copia sbiadita dell’osannato Evair e la ricerca del centravanti si posa sul profilo dell’attaccante friulano. A guidare gli orobici c’è Marcello Lippi, tecnico nascente del calcio italiano ed il viareggino compie un mezzo miracolo, portando la Dea al settimo posto, miglior piazzamento nella storia del club dal dopoguerra. Ganz segna con un’impressionante continuità e, statistiche alla mano, quella del 1992-93 rappresenta l’annata più prolifica di una carriera che terminerà solo quindici anni dopo.
Roberto MANCINI (Sampdoria) – 15 reti
È dura tenere alto il morale dei propri tifosi quando si ha la consapevolezza di aver chiuso un ciclo. La finale di Wembley contro il Barcellona è ancora lì a tormentare i pensieri dei tifosi blucerchiati e, quando inizia il campionato, non ci sono più molti dei protagonisti che hanno conquistato lo Scudetto due stagioni or sono. Vialli, il suo gemello, ha salutato tutti per cedere alle lusinghe della Vecchia Signora, mentre sulla panchina non c’è più il profeta Boskov che, ora, allena la Roma alla ricerca della sua identità. Alla guida tecnica viene chiamato Sven-Göran Eriksson, vecchia conoscenza del calcio italiano e reduce da un triennio al Benfica. Capitan Mancini, invece, è rimasto a Marassi e festeggia il decimo anno con la casacca doriana indosso. La stagione, però, non è memorabile: la squadra termina al settimo posto, fuori dalle coppe europee, mentre la Coppa Italia viene salutata già in agosto dopo l’eliminazione patita per mano del Cesena, formazione di Serie B. L’arrivo di Jugovic ripaga della delusione Walker e Il Mancio è costretto a far gli straordinari per tenere alto il morale della truppa e del pubblico di fede doriana. Lo jesino non ha mai segnato così tanti gol in campionato come quest’anno e, almeno, il dato gli consente di non cestinare del tutto l’annata.
Gabriel Omar BATISTUTA (Fiorentina) – 16 reti
Batigol vive sulla sua pelle cosa vuol dire passare dalle stelle alle stalle nel giro di pochissimo tempo. Ed è un peccato perché, dopo un inserimento abbastanza difficoltoso, finalmente l’attaccante argentino sembrava aver trovato una dimensione felice. È un leader dello spogliatoio e le ambizioni per portare la Fiorentina in Coppa UEFA sono concrete come non mai, specie dopo gli arrivi dei vari Baiano, Effenberg e Laudrup. La Viola si arma fino ai denti per tornare in Europa. E l’inizio corrobora questa speranza, visto l’alto rendimento del bomber di Reconquista e della squadra guidata da Radice. Tuttavia, le durissime polemiche fra il tecnico ed il presidente Cecchi Gori minano alle fondamenta l’atmosfera che si respira in campo e quando il numero uno della Fiorentina decide di mandar via l’ex tecnico di Torino, Milan ed Inter, l’incantesimo si spezza e si spalanca la botola della crisi. Gabriel prova a tenere a galla una barca che fa acqua da tutte le parti, ma per quanto lui segni, sono tante, troppe le partite in cui non si torna a casa con dei punti utili per evitare lo scivolone fra i cadetti. Non sarà facile digerire questa batosta, specie nell’anno in cui ci si avvia verso i Mondiali. Ma Batistuta non è tipo da perdersi d’animo. E un po’ tutti, in tutto il mondo, oggi lo sanno ancora.
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