La classifica marcatori 1992-93 della Serie A è un inno alla nostalgia
17 Marzo 2021
Daniel FONSECA (Napoli) – 16 reti
L’acquisto dell’uruguaiano avviene su esplicita indicazione di Claudio Ranieri. Il tecnico guida il Napoli da un anno ed ha già avuto l’opportunità di conoscerlo quando si è affacciato per la prima volta nel nostro campionato, nel 1990, in quel di Cagliari. È arrivato al Sant’Elia insieme ai connazionali Herrera e Francescoli e l’impatto con la Serie A è stato buono, se non ottimo. Per portarlo a Napoli, il presidente Ferlaino dissangua le già esigue casse societarie con la speranza che l’innesto dell’attaccante porti la squadra a navigare nelle zone alte della graduatoria. E le prime sensazioni sono entusiastiche, specie se l’esordio in Coppa UEFA viene salutato da una cinquina di Fonseca al Mestalla di Valencia che vale l’1-5 nell’andata dei trentaduesimi di finale, con l’aggiunta del gol decisivo del ritorno. Saranno, però, le ultime gioie europee: il Paris Saint-Germain di Weah spazza via i napoletani nel turno successivo. Ed in campionato? Il Napoli segna sì, ma prende tantissimi gol. Davanti Fonseca, Zola e Careca fanno il possibile, ma la difesa è da registrare. Ne fa le spese proprio Ranieri che viene esonerato e il ritorno di Bianchi alla guida tecnica non esalta l’ambiente come accadde negli anni addietro. Alla fine, matura una risicata salvezza: il campionato termina a due punti dalla zona salvezza e la vena realizzativa di Daniel rimane una delle pochissime voci positive di una brutta annata.
Ruben SOSA Ardaiz (Inter) – 20 reti
In nerazzurro non si vedeva un uruguaiano da oltre cinquant’anni. Era appena scoppiata la Seconda Guerra Mondiale e con la maglia dell’Ambrosiana fecero la loro comparsa Pedemonte, Volpe e Zapirain. Tre carneadi di cui si persero le tracce ben presto. La rapida punta sbarca a Milano, sulla sponda nerazzurra, con l’obbligo di tirar le fila di un organico profondamente rinnovato. Archiviata l’esperienza traumatica con Orrico e salutati Matthäus, Brehme e Klinsmann dopo un pessimo ottavo posto, il presidente Pellegrini ha fatto tabula rasa ed ha chiamato a sé un tecnico esperto come Osvaldo Bagnoli, ansioso di mettersi alla prova dopo le ottime esperienze vissute con Verona e Genoa. Ruben giunge a Milano in sordina: tutte le attenzioni sono rivolte ai vari Sammer, Pancev e Shalimov che, insieme agli ex juventini De Agostini e Schillaci, rappresentano i colpi che possono dare all’Inter la spinta necessaria per insidiare il primato del Milan. Mentre i succitati acquisti steccano, chi più, chi meno, Sosa si rivela un bomber prolifico, ricalcando le ottime prestazioni – se non migliorando – fornite negli ultimi quattro anni con la Lazio. Il suo sinistro esplosivo gli consente di risolvere spesso e volentieri dei match complicati e tutto il peso dell’attacco, fino al 1995, rimane sempre sulle sue spalle. Fino all’arrivo di Cavani, Ruben Sosa è stato l’uruguaiano più prolifico nella storia della Serie A.
Abel Eduardo BALBO (Udinese) – 21 reti
Sono state due le bocciature che hanno consentito alle strade dell’Udinese e di Balbo di incrociarsi. La prima è avvenuta nel 1988 quando, adocchiato dal Verona, fu rimandato in patria da Osvaldo Bagnoli che non rimase colpito dalle sue doti. La seconda, invece, l’ha visto proporsi come rincalzo all’acquisto dell’israeliano Rosenthal che i friulani non concretizzarono un anno dopo. Quello che doveva essere un piano B si rivelò una delle più felici intuizioni nella storia del sodalizio bianconero. Nel 1992-93, Abel disputa il suo quarto campionato in forza all’Udinese. È l’annata decisiva. Dopo le ottime annate – stupenda quella del 1990-91 che l’ha visto capocannoniere del torneo cadetto insieme a Baiano del Foggia e Casagrande dell’Ascoli – c’è da confermarsi sul palcoscenico più prestigioso. E Balbo non si fa attendere. Timbra puntualmente il cartellino in ogni giornata ed il 5 ottobre segna la sua prima tripletta nel 5-2 rifilato al Pescara. La squadra, però, soffre e nonostante l’avvicendamento in panchina tra Fedele e Bigon, i bianconeri non riescono a staccarsi definitivamente dalla zona retrocessione. Non fosse per le sue ventuno marcature finali, l’Udinese non avrebbe neanche avuto la chance di giocarsi lo spareggio-salvezza contro il Brescia. Ed invece è proprio lui ad aprire le danze dopo quattordici minuti, segnando la strada del 3-1 finale che vorrà dire salvezza. Al termine del campionato, la Roma versa diciotto miliardi nelle casse delle Zebre. Nascerà così una storia d’amore che lo vedrà vestire il giallorosso per ben sette stagioni, intervallate dalle esperienze con il Parma e con la Fiorentina.
Roberto BAGGIO (Juventus) – 21 reti
Il Divin Codino vive la sua stagione più bella con la maglia bianconera. Ci sono tutte le carte in regola per centrare finalmente lo Scudetto e l’arrivo di Vialli non fa che esaltare ulteriormente la tifoseria che brama il tricolore da tempo. Tuttavia, Roby deve fare i conti con Trapattoni, con cui il rapporto non è propriamente idilliaco – eufemismo – e con la dirigenza. Resta fermo anche per un mese a causa della frattura di una costola, ma ciò non gli impedisce di fornire prestazioni aliene. La sua quaterna all’Udinese dell’8 novembre lo innalza definitivamente allo stato di semi-dio del calcio. È inarrestabile Roby: dribbla avversari e difficoltà con una facilità imbarazzante. Trascina la Juventus in Coppa UEFA a suon di doppiette contro il Paris Saint Germain in semifinale e con il Borussia Dortmund in finale: alza finalmente al cielo il suo primo trofeo europeo che, paradossalmente, sarà anche l’unico. Getta le basi per la vittoria del Pallone d’Oro che giungerà l’anno successivo e, se non fosse stata per quella sosta forzata, Signori avrebbe avuto pane per i suoi denti.
Giuseppe SIGNORI (Lazio) – 26 reti
L’Italia ha scoperto di avere un centravanti implacabile tra le sue fila che, fino a poco tempo prima, era costretto ad andar su e giù per la fascia sinistra. L’intuizione di Zdenek Zeman, suo padre putativo calcistico, lo ha messo nelle condizioni di scoprirsi centravanti esplosivo che, abbinato ad un sinistro potente e chirurgico, rappresenta la massima aspirazione del prototipo di attaccante che un allenatore vorrebbe avere in squadra. Dopo la meravigliosa esperienza di Foggia che l’ha portato sulla bocca di tutti, Cragnotti mette nelle mani del collega Casillo un assegno da otto miliardi di lire per vestire Signori di biancazzurro. È il primo colpo del neo-presidente dei biancocelesti e si rivelerà un acquisto coi fiocchi. Sulla panchina dei laziali c’è Dino Zoff che, per approccio umano, non differisce molto dal boemo. L’ex campione del Mondo mette nelle condizioni migliori Beppe di esaltare il suo talento di uomo d’area di rigore: è implacabile nell’area avversaria e dal dischetto è un cecchino come pochi. Vince il titolo di capocannoniere, raccogliendo l’eredità di Chinaglia e Giordano nei cuori dei suoi tifosi e si ripeterà in altre due occasioni. La Roma biancoceleste lo osanna e Signori risponde con un grazie ogni domenica, gonfiando le reti avversarie.
Nando Di Giovanni
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