La partita più spettacolare degli ultimi 30 anni
3 Maggio 2020
Zeman in panchina da un lato. La squadra pazza per eccellenza e per definizione, dunque l’Inter, dall’altro. Cosa succede quando si incontrano due entità di questo tipo? La risposta ci porta indietro nel tempo, ed è racchiusa in novanta minuti di spettacolo vero, che gli amanti del calcio non possono non ricordare e che probabilmente quelli della tattica e delle strategie preferirebbero dimenticare. Parliamo ovviamente di quanto accaduto sul prato dello Stadio Olimpico di Roma in data 3 maggio 1999, quando la partita tra la Roma e l’Inter di Roy Hodgson termina 5-4 per i nerazzurri. Una sinfonia di gol, giocate eccezionali, errori difensivi, parate dei portieri. Tutto in una partita.
Il 4-3-3 come ragione di vita: i giallorossi di Zeman
È una Roma d’alta classifica quella messa in piedi da Zeman, sempre seguendo la sua filosofia, uguale a se stessa da sempre e sempre spettacolare, dunque il 4-3-3 caratterizzato dalla costante ricerca di un calcio offensivo. Tanti attaccanti della storia del nostro campionato dovrebbero fare monumenti al boemo e alla sua ideologia, che ha reso spesso onesti mestieranti dell’area di rigore in bomber da doppia cifra. A Zeman serve gente che lo segua nella sua rivoluzione.
E in quella Roma a seguirlo erano in molti. In quella gara il boemo schiera Konsel in porta, Quadrini (ma il titolare è ovviamente Cafu), Zago, Aldair, Candela, Alenitchev, Di Biagio, Di Francesco, Paulo Sergio, Delvecchio e Totti, con Tommasi, Gautieri e Tomic a subentrare nel corso della partita. È una squadra disegnata senza alcun passo indietro rispetto al suo credo, che segna e diverte: un incubo per gli avversari ma altrettanto spesso una vera e propria manna dal cielo per via della scarsa attenzione alla fase difensiva. In quella Roma ci sono anche le meteore Bartelt – che i tifosi della Fiorentina ricordano con un certo male al cuore – e Fabio Junior, e ancora Pierre Wome, Antonio Chimenti, Fabio Petruzzi, Tetradze, Frau e il ventenne Daniele Conti. Quella squadra termina la stagione 1998-99 al quinto posto, a un punto dalla Coppa dei Campioni.
Quattro allenatori per una stagione da dimenticare
Se il 1997-98 è stata per l’Inter la stagione degli investimenti e dei rimpianti in campionato, compensati tuttavia dall’ingaggio di Ronaldo e dalla vittoria della Coppa UEFA, il campionato successivo è completamente da dimenticare. Si parte con Gigi Simoni in panchina e l’acquisto di Baggio, si iniziano a palesare nubi a causa dei frequenti infortuni di Ronaldo e tutto diventa tempestoso con i risultati altalenanti e con periodi di vera e propria crisi di gioco e di risultati. Via Simoni, ecco Lucescu. Mircea non ingrana e il 4-0 subito dalla Samp è la goccia che fa traboccare il vaso. Arriva Castellini, sostituito a fine aprile da Roy Hodgson, che sulla panchina nerazzurra si era seduto solo poco tempo prima.
Eppure quella Inter è una gran bella squadra. Sul prato dell’Olimpico il mister inglese schiera Pagliuca – sostituito nella ripresa da un giovanissimo Frey – e poi Bergomi, Silvestre, Simic, Colonnese, Zanetti (al quale subentra al 79’ Djorkaeff), Cauet, Simeone, e davanti Roberto Baggio, Ronaldo e Zamorano. La solita rosa faraonica dell’Inter di Moratti vede anche in quel campionato Galante, Fresi e West, Moriero e Paulo Sousa, Recoba e Ventola. L’anno finisce in maniera fallimentare. Per l’Inter l’unica strada verso l’Europa è lo spareggio UEFA con il Bologna, altra semifinalista della Coppa Italia (Fiorentina e Parma, che si giocano il trofeo nazionale, sono già qualificate per la Champions League). Finisce malissimo per i nerazzurri, sconfitti dal Bologna di Carletto Mazzone per 2-1 a San Siro (Kenneth Andersson e Paramatti per i rossoblù, Baggio per l’Inter) così come al Dall’Ara, dove segnano Signori e Bettarini per i felsinei e Ventola per la Beneamata.
Fuochi d’artificio all’Olimpico
Nessuna attesa, nessun attimo di studio, come prevedibile e come vuole la filosofia zemaniana. Le prime schermaglie dopo il fischio di inizio dell’arbitro Collina vedono la Roma arrivare con una maggiore frequenza nei pressi della porta di Pagliuca, ma al primo vero affondo l’Inter passa. Ed è poesia, c’è tutto il senso del calcio in una sola azione. È il minuto numero diciotto quando Roberto Baggio prende palla sulla trequarti e lancia con una naturalezza luminosa in profondità il Fenomeno Ronaldo. Quadrini non si accorge della folata di vento che lo travolge: il brasiliano supera anche Konsel e porta l’Inter in vantaggio.
Il Divin Codino cerca la gloria personale con un destro a rientrare che il portiere austriaco mette in angolo. Dagli sviluppi di quel corner, Cauet serve Zanetti, che apre sulla destra ancora per Roberto, che mette in mezzo per Zamorano e la sua maglia 1+8: il bomber cileno segna e raddoppia per i nerazzurri. Adesso in una partita tra due squadre normali sarebbe probabilmente finita. Ma in quel 3 maggio non si affrontavano due squadre normali. Perché se la Roma dietro traballa – giocateci voi in una difesa di Zeman senza prendere gol – davanti fa paura. I giallorossi si gettano in avanti e pochi minuti dopo tornano in partita: Silvestre strattona Paulo Sergio in area, rigore trasformato da Totti, 1-2 e siamo soltanto al 25’ del primo tempo!
Non c’è alcuna pausa. Dieci minuti dopo Javier Zanetti con una incursione delle sue arriva fino alla trequarti e serve Zamorano. Il cileno sembra perdere il momento giusto per la battuta, si decentra lasciando dietro di sé Aldair e Candela e poi si inventa una strepitosa palombella che supera di nuovo Konsel, un pallonetto da posizione defilata per il terzo gol dell’Inter. Il tempo di due miracoli di Pagliuca su Candela prima e su Delvecchio poi e si arriva al termine dei primi quarantacinque minuti.
Il ritorno giallorosso: lo spettacolo continua
Inizia la ripresa, e la partita si stravolge di nuovo. La Roma torna quella che Zeman vuole, perlomeno in avanti, e l’Inter lascia la concentrazione negli spogliatoi. Pronti via, Tommasi con un lancio fantastico serve in area Paulo Sergio, che anticipa di testa l’uscita di Pagliuca e riporta la Roma in gara. Ma non è finita, perché il brasiliano diventa uomo assist e dopo uno scambio con Candela crossa in area dove Delvecchio svetta di testa e mette la palla all’angolino. Il centravanti sfiora la doppietta personale ma è ancora l’Inter ad andare in vantaggio: i giallorossi perdono palla a centrocampo, Baggio serve in profondità Zamorano che diventa assistman per Ronaldo, che a porta vuota segna il 4-3 per la Beneamata.
Finita? Macchè! Ci prova Zago, risponde Pagliuca che salva poi sull’accorrente Delvecchio. Il portierone nerazzurro si fa male ed esce, al suo posto un giovanissimo Sebastien Frey. La Roma continua a spingere, e una svirgolata di Paulo Sergio diventa un cross per Totti, che di testa serve l’accorrente Eusebio Di Francesco, che segna con un diagonale all’angolino il 4-4. Il tempo passa, e quando sembra che le due squadre possano accontentarsi del pareggio, il neo entrato Djorkaeff impegna severamente Konsel con un gran tiro dalla distanza. Ma non basta, perché Baggio serve di nuovo perfettamente Ronaldo, che segna di nuovo ma in fuorigioco secondo l’arbitro (a rivederlo non sembra esserci, ed è un peccato vista la combinazione tra i due fuoriclasse), Delvecchio non arriva per questione di centimetri al gol del vantaggio romanista.
Ancora rovesciamenti di fronte fino al minuto 87, quando Baggio mette in area una punizione che sembra più un corner corto: la prende di testa Simeone, che svetta e mette in rete il 5-4 finale. C’è tempo per un ultimo miracolo, quello di Frey su Di Francesco. Partita incredibile, non per i deboli di cuore e nemmeno per chi al Fantacalcio dell’epoca aveva scelto uno dei portieri in campo. Comunque, gara scritta nella memoria di ognuno di noi, manifesto della grande utopia zemaniana e della Pazza Inter, storico marchio di fabbrica nerazzurro.
di Yari Riccardi
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