La rosa della Stella Rossa che vinse la Coppa Campioni al San Nicola di Bari: Livello Nostalgia 10+
29 Ottobre 2021
Stella Rossa. O Crvena Zvezda. Chiamatela come preferite, il fascino che evoca rimarrà immutato. Come potrebbe essere altrimenti per il club considerato il Real Madrid della penisola balcanica? Da sempre, la squadra di Belgrado è stato il crocevia dove sono passati grandissimi campioni, una vetrina per le ricche casse dei club europei alla ricerca di questo o quell’altro campione del futuro che porti nel suo DNA un distillato di genio, follia e talento slavo.
Lo abbiamo imparato negli anni. La Jugoslavia, per anni, ha eccelso in moltissimi sport di squadra: calcio, basket, pallanuoto, pallavolo, ecc… Ed è quasi incredibile da realizzare, specie se si considerano tutte le tensioni sociali e politiche che hanno attraversato la nazione dal dopoguerra in poi: un crogiuolo di tradizioni, etnie, religioni al di là della cortina di ferro che ha portato ai tristi eventi della guerra civile degli anni ’90, a cui ha fatto seguito la disgregazione in nazioni distinte.
Poco prima che tutto ciò avvenisse, quasi come lascito alla storia del calcio di quel che era e non sarebbe mai più stato in futuro, nel 1991 la Crvena Zvezda diede alla Jugoslavia il suo primo ed unico trofeo calcistico in nella massima competizione internazionale, aggiudicandosi la Coppa dei Campioni. La cornice è quella dell’avveniristico stadio San Nicola di Bari: un’astronave atterrata alla periferia del capoluogo pugliese, dall’altra parte dell’Adriatico. Dai Balcani si riversano in città oltre cinquantamila tifosi: la maggior parte di essi ha la stella rossa all’altezza del petto. A contendere il trofeo c’è l’Olympique Marsiglia stellare del vulcanico presidente Bernard Tapie che annovera fra le sue stelle il Pallone d’Oro in carica, Jean-Pierre Papin.

I francesi sono arrivati alla finale in terra di Puglia dopo aver superato lo Spartak Mosca in semifinale e, ancor prima, il Milan campione in carica. Celeberrimo l’episodio occorso al Velodrome nel match di ritorno: si spegne un riflettore, Galliani scende in campo, invita i giocatori a rientrare negli spogliatoi e non disputare i tre minuti rimanenti sul risultato di 1-0 per i padroni di casa (che comunque li qualificherebbe). Una pantomima che ha il sapore della commedia all’italiana e che si conclude con la sconfitta per 3-0 e un anno di squalifica dalle competizioni internazionali.
Insomma, sembrano esserci tutti gli ingredienti per una finale con i fiocchi. E invece, sarà la paura di sbagliare, sarà qualcos’altro, la partita rimane fissa ed inchiodata sul risultato di 0-0. Non bastano neanche i tempi supplementari per indirizzare gli equilibri del match. I biancorossi di Belgrado sono guidati da Ljupko Petrovic, una sorta di emulo di Carletto Mazzone in salsa balcanica: i suoi modi sono schietti, decisi. Ma neanche la sua grinta è sufficiente per far sciogliere i suoi.
Inevitabilmente si arriva ai calci di rigore per decidere quale strada debba prendere la Coppa dalle Grandi Orecchie. Ed è in questa circostanza che la Stella Rossa fa affidamento su tutte le sue peculiarità: grande tecnica per preservare la freddezza dal dischetto e la necessaria sicumera per mettere in difficoltà gli avversari. Ed è proprio qui che sale in cattedra il nostro eroe odierno: Stevan Stojanovic. Il numero uno è il capitano della squadra jugoslava e dopo 120 minuti d’inoperosità, il suo guizzo sul tiro dal dischetto di Amoros – il primo della serie – consente agli jugoslavi di celebrare l’ultimo trofeo di un team che sotto gli stessi colori, in un unico afflato, ha accomunato cristiani e musulmani, croati e serbi, come fratelli. Le piccole grandi magie del calcio. E, chissà, forse avrà esultato dall’altra parte anche Dragan Stojkovic che, proprio dopo i Mondiali del 1990, lasciò i biancorossi per cullare il sogno di alzare la Coppa dalle Grandi Orecchie.
Ecco nel dettaglio i protagonisti della Stella Rossa che in quella serata scesero in campo sul prato del San Nicola, alzando la Coppa dei Campioni al cielo:
Stevan STOJANOVIC

È il capitano della Stella Rossa ormai da una vita. Eppure non è mai riuscito a vestire la maglia della Nazionale maggiore, chiuso com’è da Tomislav Ivkovic. Le sue più grandi soddisfazioni, comunque, giungono fra i pali dei biancorossi, sublimando nel successo del San Nicola di Bari, sotto il cui cielo alza la Coppa dei Campioni, prima di salutare la squadra per accasarsi ad Anversa. In Belgio, però, Stojanovic non godrà dei galloni da titolare, sebbene riuscirà a togliersi la soddisfazione di contendere la Coppa delle Coppe al Parma sul prato di Wembley nel 1993.
Vladimir JUGOVIC

Gioca con il numero due, ma il giovane Vladimir svaria a tutto campo nello scacchiere di Petrovic. Il centrocampista di Trstenik uno dei giovani di maggior prospetto e dopo un altro anno con la casacca della Crvena Zvezda addosso lascia la Jugoslavia ormai sull’orlo della guerra civile per accettare l’offerta della Sampdoria. L’Italia sarà la sua seconda patria, accumulando otto campionati di Serie A: oltre ai tre disputati con i Blucerchiati, Vladimir indossa le maglie di Juventus – aggiudicandosi un’altra Coppa dei Campioni – Lazio e Inter.
Slobodan MAROVIC

Il difensore croato viene acquistato nel 1986 dall’Osijek con cui si è messo in mostra nel campionato jugoslavo. Rimane al Marakàna fino al 1992, quando si trasferisce in Scandinavia per disputare le sue ultime tre stagioni da professionista: due in Norvegia all’IFK Norrköping e l’ultima in Danimarca con il Silkeborg.

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