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La Serie A 1984-85 è la Lega più competitiva della storia?

25 Settembre 2021

NAPOLI

Daniel Ricardo BERTONI

I più “stagionati” lo ricorderanno per aver segnato il primo gol ufficiale di uno straniero in Serie A dopo la riapertura delle frontiere. Non poteva che essere lui, il centrocampista che nel 1980 fu portato in Italia dalla Fiorentina. Uno dei più completi nel battaglione estero che sbarcò quell’anno in Serie A. Fu proprio la società guidata dalla famiglia Pontello a volerlo vestire di viola per consentire alla squadra di effettuare il balzo tecnico necessario per contendere il tricolore alle grandi. L’esperimento fallì per un soffio l’anno successivo, quando perse il duello alla distanza con la Juventus all’ultima giornata. Quattro anni allo stadio Artemio Franchi – all’epoca ancora Comunale – dopo lo sbarco in Europa in quel di Siviglia con i galloni di campione del mondo sul petto. Nel 1984 fu acquistato dal Napoli per facilitare l’inserimento in squadra di Diego Armando Maradona ed il suo apporto fu decisivo, anche nell’economia del club, con cui segnò ben quattordici reti in due anni. Chiuse la sua esperienza in Italia e con il calcio nell’Udinese che non riuscì a salvare dalla retrocessione in Serie B dopo la mega-penalizzazione di nove punti. 

Diego Armando MARADONA

Non vorremmo peccare di blasfemia, ma riteniamo che non sia esagerato dire che se nel mondo intero lo scandire degli anni che passano si divide in avanti e dopo Cristo, a Napoli è possibile applicare il medesimo discorso, considerando come l’anno zero quel 1984, quando il 5 luglio Diego Armando Maradona si presentò ad una folla in delirio di 70.000 spettatori nel giorno della sua presentazione. Giunto dal Barcellona al termine di un’estenuante trattativa, El Pibe de Oro si propose come l’uomo della provvidenza calcistica per portare finalmente il Napoli lì dove non era mai arrivato, a contendere i successi in campionato alle squadre del Nord ed in Europa agli squadroni esteri. Sappiamo tutti com’è andata. Sappiamo tutti di cos’è stato in grado di fare Diego al San Paolo. Di quell’anno rimarrà indimenticabile la sua tripletta rifilata alla Lazio, durante la quale il povero Orsi fu infilato prima da una rete in acrobazia, poi da un pallonetto da oltre trenta metri ed infine da calcio d’angolo. Solo un piccolo antipasto di quel che poi avrebbero vissuto il Napoli e tutti i partenopei negli anni a venire. Anni nei quali conobbero davvero un ragazzo venuto da un altro pianeta.

ROMA

Paulo Roberto FALCÃO

Forse qualcosa s’è rotto nel rapporto tra l’Ottavo Re di Roma, la società e la tifoseria nell’estate che porta i giallorossi ad affrontare il campionato 1984-85. La sconfitta ai calci di rigore contro il Liverpool all’Olimpico pesa ancora ed il rifiuto di andare a calciare dal dischetto, in molti, l’hanno mal digerita. Le fratture s’ispessiscono con l’andar della stagione e dopo quattro partite avviene il doloroso distacco che porta all’addio fragoroso dopo la rottura definitiva con il presidente Viola. Se ne va segnando la rete decisiva nel match con il Napoli, tuttavia nulla e nessuno potrà mai cancellare quel che è stato capace di edificare l’imperatore Falcão lungo le sponde giallorosse del Tevere. È stato il diamante più prezioso nel diadema assemblato pezzo dopo pezzo da Liedholm, portando la Roma dall’anonimato degli anni ’70 a porre le basi per vestire i panni di principale antagonista nella corsa allo Scudetto con la Juventus. Il repertorio tecnico di Falcão non aveva limiti e nell’anno di grazia 1983, che coincide con il ritorno al tricolore dei giallorossi dopo un’attesa di quarantuno anni, Paulo Roberto dà sfoggio di tutta la sua classe sopraffina. Roma lo adora e lui la ripaga facendole toccare i punti più alti della sua storia recente. Indimenticabili. E firmati Falcão.

Antonio Carlos CEREZO

Il Brasile stellare che partecipa ai Mondiali del 1982 viene estromesso dalla competizione dal carattere dell’Italia. Ed è quasi inevitabile che la quasi totalità di quella Selecão venga smembrata per esser portata in blocco in Serie A. Per quel che concerne il tuttocampista verdeoro, il 1983 è l’anno dello sbarco che avviene insieme al compagno di nazionale Zico. Prendono insieme l’aereo che li porta verso il Belpaese, ma mentre Toninho si ferma nella Capitale, ‘O Galinho prosegue fin quasi al confine con l’Austria per sposare la causa dell’Udinese. Cerezo è uno dei più importanti campioni annoverati dal Brasile di quegli anni, in quanto coniuga doti tecniche e fisiche fuori dal normale. A Roma lo abbracciano calorosamente e lo soprannominano subito Tira e Molla per il suo caratteristico caracollare in campo. Il suo stile è riconoscibilissimo ed il suo contributo è evidente sin da subito. Ha un che di eroico il suo gol che nel 1986 consegna la Coppa Italia alla Roma: s’infortuna pochi giorni prima della partenza per il Messico e il tecnico Santana lo sostituisce; per questo Cerezo fa immediato ritorno in Italia per prepararsi per la finalissima, entra a partita in corso e segna. È il suo regalo d’addio ai tifosi che l’hanno tanto amato e nel 1986 sceglie la Sampdoria per proseguire a disegnare ed insegnare calcio. Boskov gli cuce attorno il centrocampo e con l’andar del tempo, la sua banda terribile prende forma fino a conquistare lo Scudetto nel 1991 e sfiorare il clamoroso successo nella Coppa dei Campioni nel 1992. Un professionista.