La Serie A 1984-85 è la Lega più competitiva della storia?
25 Settembre 2021
SAMPDORIA
Graeme SOUNESS
Charlie Champagne è uno degli uomini-simbolo del Liverpool che ha dominato l’ultimo decennio. Con i Reds, infatti, ha vinto cinque campionati, tre Charity Shields e tre Coppe dei Campioni. L’ultima all’Olimpico contro la Roma, dando il suo contributo durante la lotteria dagli undici metri. È un centrocampista completo, fisico, di carattere, aspetto quest’ultimo che lo porta ad avere eccessiva foga agonistica, tanto da esser premiato dal tabloid inglese The Sun come calciatore più falloso di sempre. E se è riuscito a precedere anche Nobby Stiles, beh… Comunque, Graeme arriva in Italia su suggerimento al presidente Mantovani di Trevor Francis, altra colonna del calcio inglese, ormai a Genova da due anni. Il suo impatto col campionato italiano è più che buono: i blucerchiati finiscono al quarto posto e si aggiudicano la Coppa Italia; Souness è il leader indiscusso della squadra che sta crescendo esponenzialmente nel suo rendimento. Vive due anni ricchi di soddisfazione in Liguria, ma dopo un’altra stagione a Marassi, saluta mister Bersellini e compagni per coronare il suo sogno di bambino e vestire la maglia dei Rangers di Glasgow.
Trevor FRANCIS
In patria viene ricordato per aver dato, con un suo acuto, la possibilità al Nottingham Forest di Brian Clough di coronare una impresa epica: alzare al cielo la Coppa dei Campioni. C’è lo zampino sornione dell’attaccante di Plymouth scolpito nell’albo dei ricordi del massimo torneo continentale. E se non partecipa alla finale vinta l’anno successivo, il contributo di Francis si fa sentire lungo la strada che porta i Garibaldi Reds a bissare il successo, stavolta ai danni dell’Amburgo di Kevin Keegan. Si è fatto notare con la maglia del Birmingham, ma la consacrazione è arrivata al City Ground. Dopo un’ottima stagione con il City che gli consente di staccare il biglietto per il Mundial spagnolo, dopo l’estate si accasa alla Sampdoria, appena tornata in Serie A. Insieme a lui, a Genova, c’è Brady e la presenza dell’ex fantasista dei Gunners ne facilita l’inserimento nel campionato italiano. Seppur siano solo diciassette le reti messe a segno nei quattro anni all’ombra della Lanterna, l’esperienza di Francis può dirsi tutto sommato positiva vista l’alta qualità delle prestazioni fornite fra un infortunio e l’altro patito negli anni. Una costante che ne ha tratteggiato l’esperienza al Luigi Ferraris. Risulta, infatti, decisivo per la conquista della Coppa Italia – di cui è anche il capocannoniere – nel 1985 e nel 1987 saluta l’Italia dopo un’ultima esperienza con la maglia dell’Atalanta.
TORINO
JUNIOR Leovegildo Lins Gama
In Brasile si è ritagliato un ruolo di primo piano vestendo i panni del terzino sinistro. Seppur fosse destro. In Italia è diventato il miglior mediano del campionato. E nel 1989 vinse il titolo di miglior straniero del campionato – davanti a Maradona, van Basten e Matthäus – nonostante fosse stato retrocesso in Serie B. Eccolo il ritratto di uno dei più eclettici e completi campioni che siano sbarcati in Serie A dal giorno della sua prima edizione targata 1929-30. Difficile, infatti, trovare un altro giocatore al livello di Junior. Il suo primo anno è sfavillante ed è il condottiero del Torino che contende fino a poche giornate dalla fine lo Scudetto al Verona di Bagnoli. Segna in ogni modo, ma la sua specialità rimangono i calci di punizione, tant’è che al termine della stagione infila ben otto palloni in fondo al sacco, seppur il suo ruolo sia quello di mediano. Le sue prestazioni non calano mai nel rendimento e nella continuità, ma la convivenza con mister Radice si fa sempre più difficile fino ad esplodere nel 1987: un’idiosincrasia che si risolve nell’inevitabile divorzio con i granata. Accetta l’offerta del neo-promosso Pescara a trentatré anni e diventa uno dei giocatori più amati nella storia del sodalizio adriatico. C’è soprattutto il suo contributo nella salvezza – finora unica – che riesce a centrare con i biancazzurri: è il baluardo a cui Galeone affida il timone di una banda di ragazzi terribili. Nonostante la seconda stagione termini con la retrocessione fra i cadetti, tutti gli addetti ai lavori gli riconoscono i meriti di un campionato straordinario, premiandolo come migliore esponente della legione straniera della Serie A.
Walter SCHACHNER
Ha soltanto 24 anni quando Walter accetta l’offerta del Cesena. I romagnoli gli offrono la possibilità di mettersi alla prova nel campionato di Serie A e, sebbene Schachner sia uno dei maggiori esponenti degli attaccanti austriaci che crescono all’ombra di Hans Krankl, accetta di vestire la maglia di una neo-promossa. I primi due anni al La Fiorita – poi ribattezzato Dino Manuzzi – gli servono per mettersi in mostra davanti agli occhi dei più grandi club. Dopo aver sfiorato l’arrivo all’Inter nel 1982, finisce al Torino nell’estate del 1983. Gioca in attacco, ma veste spesso la maglia numero sette: in granata, infatti, si ritrova spesso e volentieri nel ruolo di spalla alla punta centrale e nell’annata 1984-85 contribuisce non poco, insieme ad Aldo Serena, a cullare i sogni dei tifosi della Maratona di tornare sul tetto d’Italia dopo lo Scudetto firmato Pulici e Graziani. L’obiettivo fallisce e pian piano Schachner sembra scivolare nelle gerarchie di mister Radice. Nel 1986, dopo un’iniziale accordo con il Pisa – che viene promosso a tavolino e poi rispedito in Serie B per la penalizzazione dell’Udinese a seguito della seconda sentenza del calcioscommesse – si accorda con l’Avellino ed insieme a Dirceu forma una coppia che proietta gli irpini nelle zone nobili della classifica. Rimane al Partenio fino al 1988, anno del definitivo addio dei Lupi Verdi alla massima serie e Schachner, così, torna in Austria dove giocherà fino all’età di 41 anni, ritirandosi nel 1998.
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