La TOP 11 (+7) della Reggiana degli anni ’90
3 Aprile 2021
Fernando DE NAPOLI
Arriva a Reggio a fine carriera, quando Rambo è stanco ed il ginocchio ormai è usurato. D’altronde è stato due anni a “prender polvere” nella bacheca di campioni voluta da Silvio Berlusconi al Milan, anche se il campo lo ha visto davvero poco: per questo rilanciarsi in granata potrebbe essere la cosa migliore ma, come detto, il fisico che ne ha accompagnato l’ascesa a Napoli e che lo ha visto per ben 54 volte vestire la maglia della nazionale, non lo assiste più. Dopo la retrocessione del 1995, passa al Cagliari prima di tornare a Reggio per un’altra retrocessione, ma non è quella l’immagine più amara della sua esperienza granata: nel 2005, col fallimento della società e la conseguente ripartenza dalla C2, perde una cifra considerevole e si allontana in modo definitivo dal calcio.
Dorin MATEUT
Il giorno in cui la Sud osanna al Mirabello l’arrivo di Futre, c’è uno striscione di benvenuto sia in portoghese che in rumeno. Perché? Per l’arrivo in contemporanea di un altro straniero, Mateut, uno capace di segnare quarantatré reti con la Dinamo Bucarest nel 1988-89 senza nemmeno essere un attaccante, conquistando così la Scarpa d’Oro: misteri del regime del terribile Ceauscescu, che due anni prima aveva ottenuto il medesimo trionfo segnando venti reti nell’ultimo mese di campionato. Mateut, nativo della Transilvania, arriva da un biennio al Real Saragozza ed una comparsata a Brescia, e all’esordio segna contro la Cremonese, uno dei suoi tre gol stagionali. Resterà anche all’inizio dell’anno seguente, prima di far ritorno in patria.
Igor SIMUTENKOV
Partiamo dai dati: l’uomo dagli occhi di ghiaccio è lo straniero con più presenze (97) e più reti (20) nella storia della Reggiana. E, un po’ come accaduto con Futre l’anno prima, sembra l’uomo della provvidenza: arrivato a dicembre dalla Dinamo Mosca, esordisce segnando il primo dei due gol con la Cremonese, avventandosi a centro area sul cross del cavallo di ritorno Padovano. Quell’anno andrà a segno altre tre volte, una col Milan nel recupero dopo l’Intercontinentale, mentre nel torneo successivo, agli ordini di Ancelotti, trova otto volte la via della rete in una squadra che, seppur priva di un cannoniere designato, ritorna immediatamente nel massimo palcoscenico. Chiusa la carriera da atleta ha lavorato con i tecnici italiani approdati in Russia: dapprima con Spalletti allo Zenit, a seguire con Capello in nazionale.
Sandro TOVALIERI
L’illusorio “morso” del Cobra. È l’8 settembre 1996 quando la Reggiana si riaffaccia sul palcoscenico della Serie A, ospitando in un Giglio stracolmo (ventisettemila spettatori e oltre un miliardo di incasso) la Juventus di Marcello Lippi, campione d’Europa. La squadra di Lucescu va sotto su azione di Boksic, che mette al centro per Vieri, abile ad insaccare a porta vuota; passano due minuti e Ballotta rilancia, Tovalieri si avventa come un falco sulla sfera e batte Peruzzi, fissando l’1-1 che resisterà fino al novantesimo. Sembra l’inizio di una grande stagione per la Reggiana e per l’attaccante arrivato dall’Atalanta, ma dopo solo undici partite e quattro reti, le strade si dividono: i granata si avviano ben presto alla retrocessione, il Cobra va a Cagliari ma gli isolani saranno anch’essi costretti alla discesa in cadetteria, beffati in un arrivo a tre dal Piacenza.
José Adolfo VALENCIA
“L’abbiamo trovato laggiù in Colombia, l’abbiamo portato da noi in Italia, davanti alla porta il Treno non sbaglia. Adolfo Valencia”. El Tren, questo il soprannome dell’attaccante sudamericano, infiamma subito i tifosi che ne fanno il simbolo della squadra pronta ad affrontare la terza stagione in Serie A dopo la promozione datata 1995-96. Resteranno delusi. Già, perché il giocatore di Buenaventura, che a USA 1994 ha fatto coppia in attacco con Tino Asprilla nella deludente corsa iridata degli uomini dei Cafeteros, trovando peraltro la via del gol, ma in Italia non ingrana, anzi, potremmo dire metaforicamente che “deraglia”: segna il suo primo gol nel pari interno con la Roma, ma dopo ventitré presenze, un errore dal dischetto col Piacenza e sole quattro reti all’attivo, saluta la compagnia.
Giuseppe MARCHIORO (allenatore)
La bellezza di 226 partite alla guida della Reggiana. Due promozioni, quella dalla C1 al primo tentativo nel 1988-89 e quella, storica, del 1992-93, con giocatori spesso poco conosciuti portati ad alto livello. Senza dimenticare la conferma in A datata 1994. Bastano questi pochi dati per certificare che, a Reggio, quello che tutti hanno chiamato Pippo sia ben più che un semplice allenatore, bensì una sorta di profeta, di cui preservare il ricordo di generazione in generazione. Non è un caso che, quando le cose nel 1994-95 buttano male e arriva puntale l’esonero, i tifosi insorgano: curioso evidenziare come due anni dopo la Reggiana affronti in B il Venezia con Ancelotti praticamente esonerato dopo un avvio senza vittorie, ma i lagunari, allenati proprio da Marchioro, cadono 3-0 e fanno strada alla rimonta granata che culminerà con la A. Per Pippo, invece, scatterà l’avvicendamento: di far male al “suo” club, infatti, non se ne poteva proprio parlare.
Damiano Reverberi
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