La Top 11 dei calciatori usciti dalla cantera del Newell’s Old Boys potrebbe vincere contro chiunque
2 Marzo 2021
Abel Eduardo BALBO

Capello lungo sulle spalle, gol nel sangue. Balbo arriva al Newell’s quasi per caso (stava andando a fare un provino per l’Independiente, ma l’avvocato per cui lavorava la sorella era vicepresidente dei rosarini e gli fece cambiare idea) e dopo una sola stagione in prima squadra è già pronto al salto nel Belpaese: lo acquista il Verona, ma il Mago della Bovisa Bagnoli lo boccia e lo manda in prestito al River Plate. Da qui torna in Italia, all’Udinese, e fa vedere di che pasta è fatto, segnando gol a grappoli sia in cadetteria che in Serie A. Sembra destinato all’Inter, poi la spunta la Roma, primo acquisto di fatto dell’era Sensi: in giallorosso sono cinque annate ricche di gioie, grazie ad un’intelligenza tattica fuori dal comune che lo ha fatto apprezzare da tutti i suoi allenatori. Dopo Roma, due brevi parentesi a Parma, dove vince Coppa UEFA e Coppa Italia nella stagione 1998-99 e Firenze, dove segna una rete in Champions League contro i campioni in carica del Manchester United. Torna a Roma nel 2000, dove conquista scudetto e Supercoppa italiana, prima di chiudere la carriera in patria, al Boca Juniors.
Gabriel Omar BATISTUTA

Gennaio 1987. La scelta che cambia la carriera. Un giovane Gabriel Omar decide che il calcio è la sua vita, a discapito di una palla a spicchi che sembrava averlo stregato. Un anno dopo l’esordio con il Newell’s, prima in campionato e, tre giorni dopo, in una semifinale di Libertadores senza squilli; il passaggio al River Plate, dove fa panchina, l’esplosione al Boca Juniors e l’arrivo a Firenze, sponda viola, dove diventerà il simbolo, l’eroe, il Messia. In una parola sola Batigol. Un concentrato di gol e potenza, capace di colpire da qualsiasi posizione: oggi diremmo che le sue conclusioni “spaccavano” la porta. Nel 2000 il saluto alla sua Fiorentina per approdare alla Roma e vincere quello scudetto che al Franchi non era riuscito a portare. Senza dimenticare il record di gol firmati nella fase finale del mondiale con la maglia dell’Argentina, dieci, togliendo il primato ad un certo Diego Armando Maradona.
Jorge VALDANO

Il filosofo del football. Uomo colto, capace di vedere il calcio con gli occhi di un bambino, ma di saperlo anche giocare in modo sopraffino: cresce nelle giovanili del Newell’s ma a vent’anni è già nel Vecchio Continente, dove veste i colori di Alaves e Real Saragozza, mettendo in mostra la sua capacità di attaccante capace di lavorare con e per i compagni. Nel 1984 arriva il Real Madrid, dove vince due volte la Coppa UEFA dividendo il reparto con gente del calibro di Butragueño e Hugo Sanchez, ma è due anni dopo che corona la carriera col trionfo più bello, quello iridato, affiancando Maradona nella splendida cavalcata conclusa col 3-2 in finale alla Germania Ovest. «Sognai tante volte fin da bambino quel momento che quando segnai il gol in finale pensai che sarebbe arrivata mia madre a svegliarmi».
di Damiano Reverberi

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