Privacy Policy La TOP 11 dei giocatori usciti dal settore giovanile del Lecce - Pagina 2 di 3

La TOP 11 dei giocatori usciti dal settore giovanile del Lecce

31 Marzo 2021

Dario LEVANTO

Forse Dario non finirà nel Pantheon dei giocatori più ricordati nella storia del club salentino. Forse per colpa – o merito – del suo compito in campo. D’altronde, si sa, i portatori d’acqua non hanno mai stimolato le attenzioni degli esteti. Tuttavia, quando Levanto non era in campo, tutti si accorgevano della sua assenza. E seppur la sua carriera in giallorosso si sia interrotta sul più bello, il suo ricordo rimane comunque legato alla storia del sodalizio leccese: lungo tutto il tacco dello Stivale, infatti, il suo nome è stato urlato a gran voce per celebrare la promozione in Serie A nell’estate del 1988. Dei tre gol realizzati durante le sue oltre cento presenze in campionato, quello segnato in occasione della trasferta di Messina rimane storico. Eccome. Il mediano, nato nel piccolo centro di Cutrofiano, ha mosso tutti i suoi passi con i colori giallorossi addosso ed è sempre Fascetti ad adocchiare il suo profilo nelle giovanili, facendolo esordire nello 0-0 dell’ultima giornata del campionato 1983-84 all’Adriatico di Pescara. Levanto non è ancora maggiorenne. Con il passar del tempo conquista maggior fiducia da parte dei tecnici e dopo la retrocessione dalla massima serie, conquista la maglia da titolare. E non la lascia più fino al 1990. Lascia il Via del Mare per scegliere la Casertana, in Serie C1, ma dopo poco, vive il suo ultimo campionato di Serie B con la Triestina. A soli venticinque anni.

Pasquale BRUNO

Se l’Inghilterra ha Vinnie Jones, beh noi possiamo vantare Pasquale Bruno. Se il confronto da attore pende inequivocabilmente a favore dell’inglese, lo stesso non può dirsi per quanto mostrato in campo da ‘O Animale. Il bad boy per eccellenza del massimo campionato italiano, infatti, è riuscito a vestire le più prestigiose casacche della Serie A, distinguendosi per la sua inesauribile grinta, con la quale compensava una tecnica non propriamente indicata ai palati più sopraffini. Pasquale, infatti, è l’emblema di un calcio pane e salame, ormai dimenticato ed anacronistico. Ma che manca terribilmente tanto. Così come mancano pure i personaggi come lui: tutto istinto ed esplosività. Caratteristiche distintive che erano già ben visibili quando il ragazzo di San Donato si confrontava con i suoi coetanei nelle categorie giovanili. Ha diciassette anni quando debutta fra i professionisti con i giallorossi, diventando un simbolo della “sua” Lecce. Accumula oltre cento gettoni fra i cadetti, realizzando anche nove gol. Lo nota il Como che lo acquista per puntellare l’organico e mirare alla Serie A: missione compiuta al primo tentativo. Con i lariani disputa ottimi campionati, tanto da muovere l’interesse della Juventus. Tuttavia, il suo carattere provocatorio e spesso sopra le righe oscura le sue buone prestazioni e quando nel 1991 passa agli acerrimi rivali del Torino non fa che acuirne la fama di cattivo ragazzo. Neanche la vicinanza di Mondonico, che lo ebbe anche a Como, riuscì a placarne l’istinto e la clamorosa squalifica comminatagli dopo un’espulsione – con relativa crisi isterica in un derby con la Juventus – fa ancora storia.

Domenico PROGNA

Nel nostro schieramento ideale, accanto a Bruno c’è un suo concittadino: Progna. A differenza di ‘O Animale, però, la carriera di Domenico ripercorre il cliché del rappresentante silenzioso della working class. Mai sopra le righe, tanto lavoro ed affidabilità. Oltre ad un talento oltre la media. L’allenatore del Lecce nella stagione 1980-81 è Giovanni Di Marzio, uno che ha l’occhio lungo ed in occasione dell’ultima giornata di campionato, regala una maglia da titolare al giovanissimo Progna, il quale non è ancora maggiorenne. Matura velocemente sotto l’ala protettiva del tecnico napoletano e nel 1982 punta forte su di lui una neo-promossa: il Campobasso. Il direttore sportivo dei rossoblù è un personaggio che contribuirà non poco con le sue intuizioni alle fortune del calcio italiano: Piero Aggradi. Con i molisani, Domenico – libero dai piedi buoni – diventa immediatamente uno dei leader dei Lupi, nonostante abbia soltanto venti anni. In tre anni si conquista le attenzioni degli addetti ai lavori ed il Pisa di Anconetani lo acquista per affrontare il campionato di Serie A nel 1985-86 ed esordisce nel massimo campionato nello stesso anno in cui il suo Lecce fa lo stesso. Le ottime prestazioni all’ombra della Torre gli fanno guadagnare la stima di Azeglio Vicini, commissario tecnico dell’Under 21 e con gli Azzurrini disputa gli sfortunati europei, persi in finale con la Spagna ai rigori. Progna, dunque, rimane un anno in Toscana. Continua a vestire il nerazzurro, ma stavolta è quello dell’Atalanta e lì rimane fino al 1991. Dopo quasi duecento presenze complessive con gli orobici, chiude riavvicinandosi a casa, scegliendo il Bari per poi dire addio al calcio nel 1993, quando non ha compiuto ancora trent’anni.

Francesco MORIERO

C’è un ragazzino con i ricci nelle giovanili che corre sulla fascia destra che è un piacere. È cresciuto a pane con Conti e Causio su. Attinge al loro repertorio per ripetere sul campo le loro gesta. E ci riesce anche bene: la corsa è quella, i fondamenti tecnici ci sono e la voglia di migliorare anche. Viene aggregato alla prima squadra quando è ancora adolescente e quando il traguardo della maggiore età è lì per essere tagliato, Checco scende in campo con la maglia della squadra della sua città. Mancano soltanto due settimane per compiere diciotto anni e Moriero bagna il suo debutto nel derby con il Bari in Serie B. Convince così tanto che Carletto Mazzone nella stagione che si conclude con la promozione in A lo propone come titolare inamovibile sulla fascia destra. Nasce così l’astro di Moriero che brilla sempre di più man mano che passano gli anni. Con i salentini disputa tre tornei di A e nel 1992, dopo un’ottima stagione fra i cadetti, viene acquistato dal Cagliari che, nel frattempo, ha affidato la guida tecnica al suo pigmalione, Mazzone. L’allenatore capitolino lo stima così tanto da volerlo con sé anche nella Roma nel 1994, dopo che Moriero si è distinto nella rincorsa dei sardi alla finale della Coppa UEFA, interrotta soltanto dall’Inter. E, per un gioco del destino, il nerazzurro Francesco lo vestirà qualche anno più tardi quando finisce in una trattativa che porta André Cruz al Milan, mentre Moriero – acquistato nel frattempo dal Milan – viene proprio girato ai cugini. E lì vive il periodo migliore della sua carriera: nei tre anni con la Beneamata si distingue in campionato e in Europa con giocate incredibili e spettacolari, fino alla conquista della maglia della Nazionale con cui disputa lo sfortunato Mondiale di Francia ’98. È quello l’apice di una parabola incredibile che soltanto qualche infortunio di troppo lo costringerà ad appendere anzitempo gli scarpini al chiodo all’età di trentatré anni dopo due opache stagioni con il Napoli.