La Top 11 dei giocatori con una sola presenza in Nazionale
13 Febbraio 2020
Inseguire un sogno per quel che basta. E avanza. In mezzo ai nomi di chi ha fatto la storia della nostra Nazionale, ci è capitato di ripescare – con giustificata gioia – i nomi di “indimenticabili” protagonisti che sono riusciti a coronare l’obiettivo di vestire la maglia azzurra, seppur per una volta sola.
Fra questi, spicca Antonino Asta. E non possiamo non che celebrare l’epopea dell’ala esplosa nel Torino di Camolese fino a sfiorare la convocazione di Giovanni Trapattoni nella corsa ai Mondiali di Corea e Giappone 2002. Un fuoco di paglia che durò lo spazio di quarantacinque minuti che, però, lo rende ancor più immortale sugli almanacchi, qualora il nostro ricordo non sia sufficiente.
Ecco dunque un buon, se non ottimo motivo, per stilare quella che sarebbe stata il nostro ideale undici nostalgico. Per continuità storica, ci pare giusto schierarla secondo i dettami di un classicissimo 3-5-2. Come natura crea.
Pierluigi PIZZABALLA
Sì, lo sappiamo. Forse abbiamo un po’ esagerato con la nostalgia. Ma la grande tradizione di numeri uno che hanno difeso la porta azzurra, chiudendo la stessa a qualche promettente collega, obbliga chi vi scrive a scavare nei meandri della memoria per consegnare la palma di estremo difensore a chi è assorto agli onori della cronaca più per la sua fama di “introvabile” sulle figurine Panini che per i picchi di una carriera che, comunque, l’ha visto protagonista per quasi venti anni con le maglie di Atalanta, Milan, Roma e Verona. Proprio quando crebbe il suo mito, Pierluigi riuscì a guadagnarsi la chiamata del CT Edmondo Fabbri in vista dei Mondiali del 1966: giocò il 18 giugno nell’amichevole contro l’Austria subentrando ad Albertosi. Assistette impotente al naufragio dei compagni di squadra che si fecero eliminare dalla rete di Pak Doo-Ik. Più leggendario di così…
Massimo CARRERA
Quasi settecento partite fra i professionisti valgon bene una messa. Anzi, una presenza. Una carriera costellata di trofei e successi che, ahilui, ha dovuto fare i conti con la più agguerrita delle concorrenze nella retroguardia tricolore. Sgomitare – soltanto metaforicamente – con colleghi che fanno di cognome Tassotti, Maldini, Baresi, Costacurta, Bergomi e Ferri non è mica semplice. Tuttavia, le buone prestazioni con la maglia della Juventus non vengono snobbate dal neocommissario tecnico, Arrigo Sacchi, il quale convoca insieme al gruppo di inamovibili anche il quasi ventottenne di Sesto San Giovanni. Subentra dopo l’intervallo al sampdoriano Moreno Mannini nel 4-0 che l’Italia rifila al San Marino nel match amichevole di Cesena. Saranno gli unici 45 minuti in azzurro per il difensore centrale che si leverà grandi soddisfazioni con i bianconeri, vincendo fra le altre cose uno scudetto ed una Champions League, prima di diventare capitano dell’Atalanta. Conclude la sua carriera a 44 anni suonati, oltre vent’anni dopo essersi messo in mostra con la maglia del Bari.
Dario DAINELLI
I suoi ricci sono stati una costante per quasi un ventennio della Serie A italiana. La sua gran fisicità ed il senso della posizione anche. Caratteristiche fisiognomiche e tecniche vanno a confluire nel mondo di Dario Dainelli, fresco nostalgico, avendo appeso da neanche un anno i suoi scarpini al proverbiale chiodo, alla soglia dei quarant’anni. Tanto ci basta per inserirlo nel nostro ideale undici nostalgico con tutti i crismi del caso. Il difensore di Pontedera entra poderosamente nella nostra rubrica “una volta e via” avendo vestito in un’unica occasione la maglia azzurra nonostante le numerose convocazioni da parte di diversi CT. L’unico ad avergli dato una chance è stato Marcello Lippi durante la mini-tournée americana dell’estate 2005 negli Stati Uniti contro Serbia-Montenegro e Ecuador. È proprio contro i sudamericani che il tecnico schiera da titolare Dainelli in una Nazionale “sperimentalissima” – fra gli altri c’erano Roma, Cassetti, Coppola, Mesto, Brienza, Langella e Baronio (di cui parleremo poco più in là) – che impatta per 1-1 contro la Tricolor. Anzi, è proprio Dainelli a commettere il fallo che consente ai sudamericani di pareggiare, ma non fa nulla. Lippi premiò le splendide stagioni in viola di Dainelli da centrale inamovibile. In totale ha disputato ben 501 partite fra i professionisti; Fiorentina e Chievo Verona le squadre a cui ha unito il suo nome per maggior tempo.
Giulio FALCONE
La felicità si può raggiungere anche a 32 anni. Per avere informazioni potete chiedere a Giulio Falcone, il quale ha dovuto attendere più di trecento partite per vedersi finalmente vestito d’azzurro. Con l’Italia fresca di titolo mondiale, Giulio si tolse la soddisfazione di scendere in campo per rappresentare la Nazionale insieme ai suoi compagni di squadra della Sampdoria: Delvecchio, Palombo e Terlizzi. Con le gesta degli eroi di Berlino ancora negli occhi di tutti, lo 0-2 rimediato a Livorno contro la Croazia dal neocommissario tecnico, Roberto Donadoni risultò pressoché indolore. Onnipresente in Serie A e bandiera tra Torino, Fiorentina, Bologna, Sampdoria e Parma. Il ragazzo originario di Atri, in provincia di Teramo, si è ritirato a 35 anni dopo aver disputato quasi 400 partite fra i campi di A e B.
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