La Top 11 dei giocatori con una sola presenza in Nazionale
13 Febbraio 2020
Sergio PELLISSIER
Non costringeteci ad aprire il dizionario dei sinonimi e contrari per cercare una definizione che possa descrivere quel che Pellissier rappresenta nell’immaginario degli aficionados del mondo del pallone. Per noi è e rimarrà sempre un campione, sia dentro che fuori dal campo. Lo sanno bene al Chievo Verona: i Mussi Volanti hanno ritirato lo scorso anno la maglia 31 in suo onore, vestita ininterrottamente per ben diciassette anni durante i quali ha messo a referto la bellezza di 134 reti in campionato, di cui 112 in Serie A. Un attaccante con l’istinto del gol? Forse è riduttivo, ma in un mondo di hashtag e nomenclature non possiamo che catalogarlo così: #unico. In Nazionale ha applicato lo stesso leitmotiv che ha caratterizzato la sua carriera: gli sono bastati undici minuti dal suo ingresso in campo al posto di Pazzini per segnare in semirovesciata il gol del definitivo 3-0 all’Irlanda del Nord nell’amichevole del giugno 2009. Bagnare così il debutto a trent’anni: roba da Pellissier.
AMAURI
Ha impiegato del tempo per farsi notare, ma quando c’è riuscito, l’ha fatto per bene. Tanto da creare un semi-caso diplomatico tra le federazioni del Brasile e dell’Italia, insieme al suo club d’appartenenza, la Juventus. Tutto si circoscrive al 2009 quando Amauri Carvalho de Oliveira è uno dei centravanti più in forma del panorama italiano e le sue prestazioni sono notate dal commissario tecnico dei Verdeoro, Dunga, il quale lo convoca per sostituire Luis Fabiano, infortunatosi in occasione dell’amichevole in programma all’Emirates Stadium di Londra proprio contro l’Italia, sua nazione adottiva di cui sta per diventare cittadino. Il club torinese gli nega il permesso di partire per l’Inghilterra e svanisce così l’occasione di vestire i colori della Seleção. Passano pochi mesi e nel giugno 2010 il CT Prandelli lo vuole con sé nel match amichevole contro la Costa d’Avorio (0-1). Rimarrà questa la sua unica presenza con gli Azzurri che coinciderà con l’inizio della fase calante della sua carriera. L’attaccante di Carapicuiba si ritirerà dopo aver messo a segno 89 reti nei campionati di A e B in 332 match disputati.
Giuseppe MASCARA
Le sue traiettorie hanno disegnato in cielo arcobaleni letali per gli avversari, memorabili per i suoi tifosi. Con i suoi gol, Mascara ci ha abituato al gesto estemporaneo ed improvviso di cui solo un’artista del pallone era capace. Prodezze balistiche disseminate qui e lì in giro per gli stadi d’Italia con indosso il rosso e l’azzurro del Catania, la squadra che ha portato nel giro dei grandi durante i suoi cinque anni e mezzo al “Massimino” – fu “Cibali” – fra il 2005 e il 2010. Così come Pellissier, anche Mascarinho esordì nell’amichevole di Pisa del 2009 contro l’Irlanda del Nord, ma a differenza dell’attaccante del Chievo Verona, non riuscì ad andare in rete e negli spogliatoi Lippi lo sostituì con Foggia. All’ombra dell’Etna, Giuseppe ha toccato il punto più alto della sua carriera: dopo essersi levato la soddisfazione del debutto in Champions League con la maglia del Napoli, iniziò il suo lungo peregrinare in giro per la provincia italiana e gli Emirati Arabi Uniti prima di dire basta all’alba dei 37 anni.
Allenatore: Enzo BEARZOT
Il Deus ex machina del trionfo del Mundial ’82 è accomunato con gli undici idealmente schierati in campo per aver disputato, anche lui, un’unica partita “sul” campo con la maglia azzurra della Nazionale. Di Bearzot allenatore si sa tutto, del giocatore (forse) un po’ meno. I giornalisti del dopoguerra lo avrebbero definito un centromediano metodista, quelli attuali un regista arretrato o centrocampista difensivo. Ma poco cambia, il Vecio è stato un vero e proprio baluardo per i club con cui ha disputato le sue migliori stagioni. Un simbolo del Toro che in lui ha ritrovato un punto di riferimento per un decennio abbondante dopo la sciagura di Superga. Per questo l’allora commissario tecnico azzurro, Alfredo Foni, lo scelse per metterlo alle calcagna di Ferenc Puskas, centravanti dell’Ungheria d’Oro, l’Aranycsapat, che da molti era considerata la squadra più forte del mondo. Öcsi impiegherà ben ottanta minuti per liberarsi delle “cure” di Bearzot e segnare la prima delle due reti che consegnerà la vittoria dei magiari al Nepstadion in occasione della Coppa Internazionale – antenata dell’attuale campionato europeo di calcio – del 1955.
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