Privacy Policy L’importanza di essere Franco Mancini: per sempre il portiere di Zeman

L’importanza di essere Franco Mancini: per sempre il portiere di Zeman

10 Ottobre 2021

“Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì ricomincia la storia del calcio”. Facile pensare alle partite sui polverosi campi, quelli delle squadre fatte con la conta o con pari e dispari, che finivano soltanto col buio. Quelle dei portieri volanti, per scelta o per convinzione. Scegliamo Borges per iniziare a raccontare la storia di questo ragazzo nato il 10 ottobre 1968, innamorato di Bob Marley e della batteria, straordinario interprete del ruolo di portiere nella sua più moderna accezione, veramente ad un passo dal portiere volante, protagonista di un quel canto di libertà messo in scena al Pino Zaccheria dal 1989 al 1994 da un silente e apparentemente freddo uomo della Boemia. È il Foggia di Zeman. È il Foggia di un portiere forte fisicamente, spericolato, bravo e spregiudicato nelle uscite, affidabile e spesso spettacolare nei pali. È il Foggia di Franco Mancini, portiere “libero”, nel cuore e nell’accezione del ruolo. “Portiere volante”, come quando giocavamo per strada da ragazzi. Piedi buoni, mente fredda, cuore caldissimo: Franco Mancini è senza dubbio uno dei simboli di quel Foggia, e ha portato in campo, anni prima, il ruolo di un portiere partecipe all’azione e interprete della amata e odiata “costruzione dal basso”. Una rivoluzione, possibile solo grazie alla mente rivoluzionaria di Zdenek, al suo 433 modulo perfetto per coprire il campo, alla sua zona, al suo voler attaccare sempre. Proprio in questo quadro si muove la storia di Mancini, il portiere di Zeman. Da sempre. Per sempre.

Il parco divertimenti di Zeman

Il Matera prima, il Bisceglie poi, e infine il Foggia, la grande occasione. Dal 1987 al 1989 la vita di Mancini è quella del secondo, prima dell’avvento di Zeman allo stadio di Zaccheria. È l’allenatore boemo a scegliere Franco come titolare dei satanelli, pronti ad affrontare la serie B. È il campionato 1989-90, è già il Foggia di Rambaudi e Signori, ma le giostre apriranno la stagione successiva. Primo posto in serie B, 67 gol fatti, Baiano capocannoniere, in doppia cifra pure Rambaudi e Signori. Mancini a guardia della porta, spesso fuori dai pali pronto ad anticipare l’attaccante e a rilanciare l’azione, uscite spericolate e grandi interventi, uno spettacolo nello spettacolo, al pari della celeberrima fase offensiva zemaniana. È il 1991-92 quando questo piccolo miracolo, ormai battezzato da tutti Zemanlandia, arriva in Serie A, aprendo il campionato con uno splendido 1-1 a San Siro contro l’Inter. La capacità di comandare il gioco, un attacco spettacolare, la zona spesso esasperata esaltano tifosi e non, così come la nuova accezione data al ruolo di portiere da Mancini, leader silente di un reparto inevitabilmente chiamato agli straordinari, sia nell’attaccare che nel difendere. Mancini, portiere che gioca da libero, estremo difensore di una neopromossa che chiude il suo campionato “da grande” al nono posto.

Il sombrero a Van Basten

Per anni la leggenda ha voluto che si trattasse di un tunnel a quello che in quegli anni era il più grande centravanti del mondo. Invece è stato altro. È in un Foggia-Milan che accade l’imponderabile. Per tutti, non per il portiere di Zeman. Palla verso van Basten, Franco in uscita prenda la palla, salta con un sombrero l’olandese e fa ripartire l’azione. Immagine forse simbolo degli anni di Zemanlandia, frutto di una crescita mentale e tecnica di Mancini, alfiere di un collettivo che nel corso degli anni ha visto alternarsi allo Zaccheria gente come Shalimov, Kolyvanov, Dan Petrescu, Andrea Seno, Gigi Di Biagio, ovviamente Pasquale Padalino, Pierpaolo Bresciani, Chamot e Brian Roy, senza dimenticare Stroppa. Dopo la flessione del 1992-93, la stagione gloriosa per i foggiani è quella del 1993-94, perdendo nello scontro diretto alla Zaccheria nell’ultima giornata la qualificazione europea contro il Napoli. È l’atto finale dello spettacolo messo in scena dal boemo in quegli anni. Mancini resta a Foggia nonostante l’addio di Zeman, togliendosi la soddisfazione di tenere la porta imbattuta dal 47’ della quinta giornata (gol di Pirri della Cremonese) al minuto 89 della decima (Dino Baggio del Parma), dunque per 492 minuti. Il Foggia finisce in B.

Dopo il Foggia

Ritrova Zeman alla Lazio, complici gli infortuni di Marchegiani e Orsi. È il 1995-96. Una nuova stagione in Serie B con il Foggia prima di abbandonare di nuovo lo Zaccheria, spostandosi un po’ più su per diventare il portiere titolare del Bari. Al San Nicola Mancini resta dal 1997 al 2000, ad attenderlo c’è Eugenio Fascetti alla guida di una squadra dove il portiere trova come compagni, negli anni, Ingesson, Garzya, Ventola, Doll, Masinga, Zambrotta, Guerrero, De Ascentis, Spinesi e Osmanovski, Innocenti e De Rosa, Daniel Andersson e Neqrouz, e tanti, troppi altri. Nell’autunno del 2000 Mancini va al Napoli destinato alla retrocessione, e gioca buona parte dei due campionati di B dei partenopei, trovando come allenatori prima Luigi De Canio, e poi, nella travagliatissima stagione 2002-03, Franco Colomba, poi Sergio Buso, poi il Professor Scoglio e poi ancora Colomba. Vale la pena menzionare i compagni di Mancini in quel Napoli: Moriero, Stellone, Ametrano, Vidigal, Sesa, Montezine e tanti altri.

La Serie C1 e l’incontro col passato

Terminata l’esperienza napoletana, per Mancini si aprono le porte della C1. Ad attenderlo i pali del Pisa, che difende fino al gennaio del 2005 prima di passare alla Sanbenedettese, con la quale esce sconfitto dal doppio confronto dei playoff di Serie C1 contro il Napoli. Particolarmente interessante far notare alcuni compagni del portiere: su tutti Leon, idolo della Reggina, e ancora Bogliacino, Amodio, Cigarini, allenati da Davide Ballardini. Teramo, Salernitana, Martina e Fortis Trani le ultime tappe della sua carriera da calciatore, terminata nel 2009.

Le lacrime di Zeman

Siamo abituati a vederlo con la sigaretta in bocca, la voce quasi impercettibile, l’ironia tagliente. Questo è Zdenek Zeman. Ma c’è uno Zeman uomo, anche, ed esce in tutta la sua forza. È il 20 maggio del 2012, piove a Marassi dove il Pescara può guadagnarsi la promozione matematica in serie A. Gli abruzzesi, guidati da Zeman, sono una macchina perfetta, del tutto simile al Foggia del boemo di qualche anno prima. Immobile, Verratti, Insigne, Caprari, una fuoriserie guidata da un maestro di calcio, capace di regalare un anno memorabile e spettacolare ai suoi tifosi. L’arbitro fischia, il Pescara vince e festeggia la serie A. Zeman è travolto dalla gioia del suo staff, ma il volto bagnato non è soltanto per la pioggia. Il pensiero è per Franco Mancini, nei pensieri del mister boemo anche nelle dichiarazioni del dopo gara: lo dice lo stesso Zeman, la gioia è tanta, «Anche se mi viene da piangere per Franco», al quale, con un nodo alla gola, dedica la promozione del suo Pescara.

“Mancio è ancora lì”

Franco, che ritrova il boemo nel 2010-11, allenatore dei portieri in un altro Foggia. Franco, che l’anno precedente ha iniziato la sua seconda vita nello staff del Manfredonia, in Seconda Divisione. Franco, quasi un figlio per Zeman, che lo porta con sé al Pescara per insegnare la filosofia di gioco del mister ai portieri della squadra abruzzese. Franco, che se ne va il 30 marzo del 2012, due mesi prima della festa per la serie A. Si è fermato il cuore, a quarantatré anni. Difficile accettarlo, difficile farsene una ragione. “Erano i giorni di un grande portiere, Un faro nell’area, un muro oltre le barriere Capelli indiano, occhi neri di mago Stregava il pallone col solo palmo della sua mano”,così il gruppo degli Avenida nel brano “Il Volo di un Campione”, struggente canzone che celebra il ricordo di Mancini nel periodo foggiano. Quello di Zemanlandia, montagne russe dove si divertivano non soltanto gli attaccanti, ma anche quel portiere che ha rivoluzionato l’idea del ruolo, quel portiere che giocava da ultimo difensore, quel portiere che ha spezzato le catene ed è diventato libero, non soltanto nel ruolo, ma nel cuore e nella mente. Solo uno così poteva permettersi di fare un sombrero a van Basten. Una carriera, una canzone di libertà. “All I ever have Redemption songs. These songs of freedom”. Tutto quello che è stato Franco Mancini. Una canzone di libertà.

di Yari Riccardi

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