Lothar Matthäus, una carriera da 10, e quella lode rubata in pochi minuti
21 Marzo 2020
“È un vincente!”. Quante volte abbiamo sentito questa frase, per descrivere un giocatore? Eppure mai come per il nostro soggetto di oggi, altra frase fu più azzeccata. Ma dunque, cosa significa? La nostra definizione è: essere ossessivamente alla ricerca della perfezione assoluta, dell’eccellenza, del voto dieci. Proprio di un dieci dunque, vogliamo parlarvi, uno dei più carismatici e talentuosi mai apparsi in Italia e al mondo: Lothar Matthäus.
Un vero vincente, un calciatore che a trentotto anni si ritrova a disputare una finale di Champions League e la gioca con ardore nonostante abbia già vinto un FIFA World Player ed il prestigiosissimo Pallone d’Oro nel 1990 a livello individuale, oltre ai quali, tra Bayern Monaco ed Inter: otto Scudetti, sei Coppe Nazionali, due Supercoppe Nazionali, due Coppe UEFA, senza dimenticare un Europeo nel 1980 ed un Campionato del Mondo da capitano della Deutsche Mannschaft esattamente dieci anni dopo. Ironia della sorte, entrambe le competizioni conquistate con la sua Germania, saranno conquistate in Italia. Un’Italia che era un po’ nel destino di Lothar, ma facciamo un passo indietro.
Matthäus, nasce ad Erlangen, in piena Baviera, il 21 marzo del 1961, cresce nelle giovanili dell’Herzogenaurach e passa al Borussia Mönchengladbach nel 1979. Il suo primo anno in Bundesliga, chiusosi con ventotto presenze e quattro reti, gli consente di staccare il pass e finire nella lista dei convocati di Jupp Derwall per il Campionato Europeo del 1980 che si svolgerà in Italia. Potremmo sintetizzare questo Europeo con una semplice frase “Buona la prima!”, la Germania Ovest si laurea Campione d’Europa e anche se Lothar non è tra i protagonisti, è il primo assaggio dei prossimi vent’anni, ricchi di trionfi.
Nelle successive quattro stagioni, Matthäus diventa uno dei protagonisti in casa Mönchengladbach, e ciò attira nel 1984 le attenzioni del club più blasonato di Germania: il Bayern Monaco. Si, perché il tecnico Udo Lattek si accorge del potenziale del ragazzo, tanto talentuoso quanto rigoroso, e del fatto che Matthäus può diventare la pedina che manca nel centrocampo bavarese. L’avvio è devastante, il ventitreenne si inserisce alla perfezione nelle meccaniche di gioco del Bayern, testimonianza ne è che a fine anno, non solo Matthäus e compagni conquisteranno la Bundesliga, ma il giovane Lothar risulterà anche il miglior marcatore del club, con ben sedici reti all’attivo. Niente male per il ragazzo bavarese.
Il fatto è che la cultura vincente del Bayern Monaco e lo spirito da vincente di Matthäus sono semplicemente un mix esplosivo. Dimostrano questo le successive tre stagioni, in cui Lothar finisce sempre in doppia cifra (ad eccezione della stagione 1985-86), ed il Bayern Monaco, conquista in due stagioni su tre la Bundesliga, cedendo il passo soltanto nella stagione 1987-88 al Werder Brema di Otto Rehhagel.
Proprio all’inizio dell’annata 1987-88, Matthäus, ormai perno del centrocampo del Bayern e della Nazionale tedesca – della quale, nel frattempo, ha iniziato ad indossare la fascia di capitano – resiste alle “avances” del Napoli di Maradona, Campione d’Italia in carica. Il Pibe de Oro ha sempre avuto un profondo rispetto ed una grande ammirazione per Matthäus, soprattutto dopo il loro primo confronto a Messico ’86, che vide lo scugnizzo argentino spuntarla. Ciononostante, Matthäus resiste alla corte partenopea e resta al Bayern, ma un anno dopo, cambierà molto.
È l’estate del 1988 quando Lothar Matthäus viene ingaggiato dall’Inter del presidente Ernesto Pellegrini per una cifra vicina ai sei miliardi di lire, in una Serie A piena di squadre forti, con grandi campioni, tra cui il Milan campione uscente di Sacchi e degli olandesi, oltre al Napoli di Maradona e Careca. Arrivato in nerazzurro, i numeri con cui era abituato a giocare Matthäus, vale a dire il sei e l’otto, erano già “occupati” nello scacchiere di Trapattoni da Gianfranco Matteoli e Nicola Berti. Ecco, dunque, che Lothar dà una nuova interpretazione del numero dieci.
Matthäus non ci aveva nemmeno pensato, disse: «Non sono Platini, né Maradona». Il tecnico Giovanni Trapattoni, che sarà molto presente nella sua carriera, gli rispose: «Non sei Platini, né Maradona, sei più importante tu di loro per me», ed ecco che il nuovo numero dieci interista si appresta a debuttare in Serie A. Ci metterà soltanto due giornate Lothar a marcare la prima rete in nerazzurro a San Siro, contro il Pisa, in un vittorioso 4-1 in rimonta. Quell’Inter che passerà alla storia come l’Inter dei Record, impone il suo volere fin dalle prime battute e quando è ormai lanciatissima verso lo Scudetto, rimane un ultimo scoglio: il Napoli. Il 28 maggio del 1989, in una San Siro vestita a festa con un clima surreale, è proprio Lothar Matthäus, a pochi minuti dal termine, a realizzare il gol vittoria del 2-1 che regala i due punti all’Inter e il tanto sospirato tredicesimo Scudetto.
I successivi tre anni di permanenza a Milano, sponda nerazzurra, sono senz’altro soddisfacenti: arriva la Supercoppa Italiana, la Coppa UEFA e nel mezzo, il Mondiale di Italia ’90 vinto da capitano ancora contro Maradona, ma soprattutto il Pallone d’Oro 1990, la più alta riconoscenza individuale per un calciatore. La stagione 1991-92 è piuttosto deludente per l’Inter del nuovo tecnico Corrado Orrico, un ottavo posto e prestazioni fin troppo deludenti, ecco così che Matthäus, alle prese nel frattempo con un bruttissimo infortunio rimediato contro il Parma, decide di comune accordo con la società di tornare al Bayern Monaco per circa la metà del valore del suo precedente spostamento, circa tre miliardi di lire.
Lothar torna a casa, ma stavolta non è più il giovane e spigliato centrocampista che lasciò la Baviera nell’estate 1988, bensì un uomo maturo di trentuno anni deciso e voglioso ancora di vincere. Matthäus, infatti, conquisterà ancora molti altri trofei, nella nuova inedita posizione di libero al centro della difesa. Nel frattempo, nell’estate del 1994 ritrova a Monaco anche il suo tecnico ai tempi dell’Inter, Giovanni Trapattoni, ed ecco il terreno fertile per le discussioni, il Trap non vede Matthäus come libero e vuole riportarlo nella sua posizione abituale a centrocampo, al contrario, Lothar ormai trentatreenne si sente molto più a suo agio e rinvigorito nella nuova posizione. I battibecchi, si sa, non fanno mai bene al calcio e stavolta il sodalizio fra i due viene meno ed in tre anni insieme in Baviera, il Bayern nettamente superiore alle avversarie, vince “solo” una Bundesliga e due Coppe Nazionali.
La stagione 1998-99, è quella che ci permette di ricongiungere idealmente la nostra timeline. Il nuovo tecnico Ottmar Hitzfeld cambia totalmente l’atteggiamento della squadra, lascia Matthäus nella posizione di libero ed il Bayern macina successi, uno dopo l’altro. I bavaresi fanno man bassa in campionato, vincendo la Bundesliga con quindici punti di vantaggio sul Bayer Leverkusen, stessa storia in Coppa di Lega, dove in finale, lo Stoccarda viene travolto dalla tripletta di Giovane Elber ed il gol del gigante Carsten Jancker, per il 4-0 finale. In Champions League tuttavia, il 28 maggio del 1999, curiosamente dieci anni dopo esatti la sfida-Scudetto con il Napoli, Matthäus non ha la stessa fortuna. Infatti, contro il Manchester United, nella finalissima di Champions League, l’unico trofeo mancante in bacheca, il destino è crudele. Mario Basler porta in vantaggio i tedeschi dopo sei minuti, i quali sfiorano il raddoppio più volte, colpendo un palo ed una traversa, ma nei minuti di recupero, prima Teddy Sheringham e poi Ole Solskjaer, due subentrati dalla panchina, ribaltano il risultato a favore dei Red Devils. È un boccone amarissimo da digerire per Lothar che alla fine della stagione successiva, dopo un altro bis in Campionato e Coppa Nazionale ed una breve parentesi negli USA con i New York MetroStars, decide di appendere gli scarpini al chiodo.
Si chiude così la carriera di Lothar Matthäus, uno dei più grandi di sempre nel suo ruolo, capace di vincere tutto, eppure di sentire ancora quel piccolo grande vuoto in bacheca. Champions League a parte, la carriera di Matthäus rimane comunque negli annali del calcio come una delle più ricche e trionfali di sempre, tanto a livello di squadra, quanto a livello individuale. D’altronde, quando perfino Maradona ti definisce “Il miglior avversario che io abbia mai affrontato nella mia carriera”, probabilmente hai fatto un ottimo lavoro.
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