Ma come ha fatto l’Olanda nel 2002 a non qualificarsi al Mondiale con questa rosa fenomenale?
1 Luglio 2020
Un rapporto strano, quello dell’Olanda col campionato del mondo. Picchi di bellezza assoluta, basti pensare alla duplice finale persa nel 1974 e nel 1978, al capolavoro del Totaalvoetbal, o al ritorno ad alti livelli del 2010, quando solo la Spagna e la sua epopea d’oro si sono frapposti inesorabilmente tra gli Oranje ed il titolo iridato. Ma, oltre ai cosiddetti “alti”, ci sono altrettanti “bassi” clamorosi e, per certi versi, impensabili. Pensate al 1982: dopo aver centrato due secondi posti di fila, in Spagna l’Olanda non va. Non qualificata. Bene, direte voi: sono a fine ciclo. E ci può anche stare. Che dire, allora, del 2018? Ok, immaginiamo già la risposta. I “tulipani” sono in buona compagnia, visto che in Russia, giusto per fare un nome, non va nemmeno la sVenturata nazionale azzurra. Ma quello che non ha una spiegazione e che, di conseguenza, sfugge ad ogni logica, è il fallimento della qualificazione olandese per il mondiale asiatico del 2002, con una rosa strepitosa e tanti giocatori al culmine della loro carriera, peraltro reduci in parte dall’ottima semifinale ottenuta in Francia quattro anni prima o dalla semifinale casalinga di Euro 2000, con un Toldo in versione Superman ad ergersi come muro invalicabile ai calci di rigore.
Il percorso che dovrebbe portare l’Olanda in Giappone e Corea del Sud parte dall’urna: benevola, per certi versi, perché nel gruppo 2 ci sono Estonia, Cipro ed Andorra, il meglio che si possa sperare, oltre ad un’Irlanda sempre ostica ma alla portata ed il Portogallo, con cui presumibilmente ci si giocherà il primo posto, utile per qualificarsi senza gli spareggi. In panchina siede Louis Van Gaal, reduce da un triennio al Barcellona dove ha fatto bene in patria – due Liga ed una coppa del Re in bacheca – ma non altrettanto in Europa, particolare che ha fatto optare la dirigenza blaugrana per l’addio. L’esordio è subito in salita: ad Amsterdam l’Irlanda strappa il 2-2, con Talan e van Bronckhorst che rimontano i verdi nei venti minuti finali, mentre a Cipro finisce 4-0 ma con tutte le reti segnate dal 69’ in poi. La gara interna col Portogallo dell’11 ottobre 2000 può essere l’occasione del rilancio, che tuttavia non arriva: i lusitani passano 2-0, chiudendo la pratica già nel primo tempo, e per l’Olanda il primo posto è già un miraggio. Il 2001 si inaugura col pokerissimo ad Andorra e con un 2-2 in Portogallo che sta stretto: sopra 2-0 con gol di Hasselbaink e Kluivert, gli arancioni vengono raggiunti con due reti in zona Cesarini. Sembra la rinascita, confermata dal 4-0 a Cipro, poi arriva un altro poker, stavolta in Estonia, ma il 4-2 arriva dopo esser stati sotto 2-1 fino a 8’ dal termine, prima del ribaltone firmato Van Nistelrooy-Kluivert. Campanello d’allarme in vista del decisivo match con l’Irlanda, che si impone 1-0 con gol di McAteer dopo esser rimasta in dieci e chiude definitivamente le porte del mondiale all’Olanda, cui non bastano poi le nove reti totali con Estonia ed Andorra.
Tra i tanti atleti schierati in quel biennio da van Gaal, ecco i principali ventitré protagonisti di quella incredibile eliminazione, ordinati in ordine crescente di presenze, che van Gaal avrebbe potuto portare al Mondiale nippo-coreano
Ronald DE BOER (2 presenze, 174’)
Due sole presenze, contro le sette del gemello Frank, sintomo di una carriera tutt’altro che disprezzabile ma ormai in discesa. Una sola stagione al Barcellona, quella 1999-00, per poi ripiegare sulla più tranquilla Scozia, dove vince un campionato e tre coppe nazionali. Suo l’errore decisivo – maledetto dischetto, poveri Tulipani – nella semifinale di Francia ’98 contro il Brasile, che manda i verde-oro a giocarsi il titolo.
Roy MAKAAY (3 presenze, 103’)
Da cinque anni il Pistolero sta facendo stragi di difensori e portieri in Spagna. Dopo due anni al Tenerife, l’attaccante guida gli assalti alle porte avversarie del Deportivo La Coruña. Ha segnato ben settantuno reti, di cui dodici nell’ultimo anno al Riazor, ma il grande affollamento in attacco ne condiziona il rendimento con la maglia degli Oranje. Per lui si contano soltanto tre presenze da subentrato che non gli saranno sufficienti per dare il suo contributo alla causa arancione.
Arthur NUMAN (3 presenze, 171’)
È uno degli atleti più esperti in rosa. Classe 1969, ha lasciato già da qualche stagione il PSV Eindhoven per accasarsi in Scozia, voluto ai Rangers Glasgow dal connazionale Dick Advocaat, con cui fa collezione di trofei in bacheca. In nazionale, dove poi ricoprirà svariati incarichi una volta smesso di giocare, fa segnare quarantacinque presenze, di cui tre nelle qualificazioni mondiali di quel biennio.
Jeffrey TALAN (3 presenze, 128’)
L’inatteso uomo della speranza. Già, perché questo navigato attaccante dell’Heerenveen, una delle due squadre della sua carriera insieme all’ADO Den Haag, si alza dalla panchina nella prima gara con l’Irlanda, coi compagni sotto 2-0, subentra a Konterman al 65’ e dopo sei minuti accorcia le distanze, viatico al 2-2 finale di van Bronckhorst. Seguiranno altre due apparizioni, di cui una dall’inizio, ma senza lasciare particolare traccia.
Wilfred BOUMA (4 presenze, 204’)
Il laterale sinistro del PSV Eindhoven, che inizialmente agiva qualche metro più avanti, esordisce in Nazionale nel 2-2 con l’Irlanda, con Robbie Keane e compagni che per oltre un’ora fanno a fette la difesa Oranje. Non esattamente il massimo, per una prima volta: la fascia sinistra cambia però spesso padrone e in quattro occasioni, di cui due dalla panchina, Bouma troverà ancora spazio. Al suo attivo, in una carriera trascorsa principalmente ad Eindhoven, anche un quinquennio all’Aston Villa.
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