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Oggi sono 304, nel 1994/95 gli stranieri in Serie A erano 60 e guardate che nomi

1 Giugno 2020

BARI

Il Bari che sfida il Foggia il 12 dicembre 1994: Amoruso, Montanari, Manighetti, Gautieri, Fontana; Gerson Caçapa, Pedone, Tovalieri, Ricci, Protti, Bigica

GERSON CAÇAPA Cândido de Paula

Il centrocampista carioca Gerson Caçapa in azione con la maglia del Bari

Il centrocampista brasiliano è nato a San Paolo, ma il suo cuore è al San Nicola. Infatti, sono passati più di trent’anni da quando Gerson varcò l’Oceano Atlantico insieme al suo connazionale João Paulo per sposare il progetto dei Galletti. Era il 1989 e, dopo due campionati in A con i biancorossi, un biennio al Fenerbahçe e la non indimenticabile esperienza in quel di Lecce, il Bari si affida all’usato sicuro, riportando alla casa madre il carioca. Padrone del centrocampo, Gerson riprese in mano le chiavi della mediana dei pugliesi, contribuendo fattivamente allo splendido campionato dei baresi.

Miguel Angel GUERRERO

Miguel Angel Guerrero, sulla destra, insieme al centrocampista brasiliano Gerson Caçapa

L’attaccante colombiano aveva conosciuto l’Italia già nel 1990, quando partecipò al Mondiale con i Cafeteros. Viene scelto dai pugliesi per integrare l’attacco. Materazzi, tecnico dei pugliesi, ne apprezza la tecnica e la velocità e lo mette a presidio della fascia sinistra in attacco. Segna soltanto due gol durante la sua prima annata italiana, tuttavia il suo primo acuto fa la storia del club: dopo neanche un minuto porta in vantaggio il Bari a San Siro contro l’Inter e partecipa all’azione del raddoppio, siglato da Tovalieri, che varrà la prima, storica vittoria dei biancorossi a Milano. Le reti vengono festeggiate con il trenino, la sua esultanza in Colombia, che rimarrà per sempre scolpita nelle memorie degli appassionati come una delle più iconiche esultanze di sempre.

BRESCIA

Una formazione del Brescia: Bonetti, Neri, Adani, Ballotta, Battistini, Baronchelli; Cadete, Corini, Nappi, Schenardi, Gallo

Danut LUPU

Danut Lupu, a sinistra, abbraccia Ioan Ovidiu Sabau dopo la vittoria del titolo rumeno con la Dinamo Bucarest

Il Brescia, alla stregua del Milan per gli olandesi e dell’Inter per i tedeschi, rappresenta la meta prediletta da parte dei giocatori rumeni da un paio d’anni. Merito del tecnico Mircea Lucescu, alla guida delle Rondinelle dal 1991. Dopo Mateut, Raducioiu, Sabau e Hagi, il 1994 segna l’arrivo del fantasista di Galati. L’allenatore lo conosce bene: grazie al suo talento in campo, infatti, nel 1990 entrambi portarono al titolo in campionato la Dinamo Bucarest e Danut partecipò alla spedizione della sua Nazionale ad Italia ‘90. Quando il suo ex allenatore lo chiamò per coinvolgerlo nell’avventura in Serie A con il Brescia, Lupu diede subito il suo assenso, ma quando giunse davanti agli occhi di Lucescu, il centrocampista offensivo si presentò in condizioni fisiche “non ideali”. Dopo diciotto anonime apparizioni con la maglia con la “V” bianca ed una rete realizzata nello scontro-salvezza contro la Reggiana, Danut Lupu fu ceduto senza particolari remore da Gigi Maifredi che sostituì alla guida della squadra il suo ex mentore. La più nitida delle cartine tornasole circa l’annata storta di quel Brescia.

Ioan Ovidiu SABAU

Ioan Ovidiu Sabau viene contrastato da Giovanni Bucaro durante Brescia-Foggia del 12 febbraio 1995 terminata 1-0 per i lombardi

La sua storia, sino ai Mondiali del 1990, percorre parallelamente la strada dei suoi connazionali Lucescu e Lupu. Un biennio al Feyenoord e poi l’arrivo in quella che sarà la sua seconda casa: Brescia. Con il popolo delle Rondinelle nasce un rapporto di lungo e duraturo affetto che dura ben sei anni – escludendo la parentesi con la Reggiana del 1996-97, dove si trasferì su volere di Lucescu – per terminare nel 1998. La stagione in esame, tuttavia, è condizionata dal pessimo score dei lombardi che vivono la loro peggior annata di sempre. Il centrocampista riesce a mettere insieme la miseria di dodici presenze, durante le quali non riuscirà ad incidere positivamente nell’economia del campionato.

Jorge Paulo CADETE

Jorge Paulo Cadete insieme al tecnico Mircea Lucescu

Quando scende gli scalini dell’aereo che l’ha portato in Italia, Jorge Paulo Cadete sa che avrà davanti a sé una montagna da dover scalare. Il campionato è già iniziato ed il Brescia sta per affrontare il Padova in vista della nona giornata. Nei primi otto match del torneo sono stati racimolati la miseria di due punti, frutto di altrettanti pareggi contro Juventus e Inter. I lombardi hanno un tremendo bisogno di gol e, con l’arrivo dell’asso portoghese, le speranze di rimpinguare l’abulico bottino di cinque reti è più che giustificato. La sfida con i patavini termina così e questo sarà il ricorrente cliché che durerà sino al termine della stagione. Cadete sembra un pesce fuor d’acqua e mentre il Brescia va alla deriva, lui non riesce a dare il necessario colpo di timone per raddrizzare la navigazione verso la salvezza. Segna soltanto un gol, sotto la neve, in una sfida di gennaio contro il Cagliari. La sua avventura, praticamente, sfiorisce con l’arrivo della primavera: torna anzitempo allo Sporting Lisbona dopo aver lasciato un ricordo tutt’altro che indimenticabile nelle memorie dei bresciani.