Oggi sono 304, nel 1994/95 gli stranieri in Serie A erano 60 e guardate che nomi
1 Giugno 2020
MILAN
Marcel DESAILLY
Negli occhi ci sono ancora le immagini del mediano francese che vede schiantarsi puntualmente su di sé i tentativi d’attacco del Barcellona durante la finale di Atene. Dopo aver toccato il cielo con un dito è dura replicarsi e, infatti, l’epilogo del 1994-95 è quanto di più amaro per Desailly & Co. La rete di Kluivert al Prater di Vienna è la punizione da girone dantesco che il Dio del calcio serba per i milanisti. È lì che Marcel incontra il giocatore di cui ha raccolto l’eredità: Franklin Rijkaard. E la sua interpretazione può sicuramente dirsi alla pari dell’olandese. Specie se si considera che, originariamente, ricopriva il ruolo di centrale di difesa. Il suo contributo al quarto posto del Milan in campionato si sostanzia nella rete contro la Fiorentina che fa da corollario alle ventidue presenze collezionate durante il torneo.
Zvonimir BOBAN
Zorro è paradigma di genio e sregolatezza. Nei comportamenti e nelle prestazioni. Ma è dannatamente elegante e dal suo tocco è difficile prescindere. Compie ventisei anni durante il torneo, ma già da tempo ha dalla sua parte le stigmate del campione di lungo corso. Leader carismatico dello spogliatoio, Boban riesce a spostare gli equilibri della partita – oltreché gli avversari – grazie alla sua classe innata, ma talvolta discontinua. Come si conviene ad ogni giocatore proveniente dalla penisola balcanica. Fabio Capello lo stima, ma ne centellina l’impiego e, infatti, a fine stagione si contano ventuno presenze e una rete nel 3-1 di San Siro contro la Cremonese.
Ruud GULLIT
Il cervo è tornato in foresta, per parafrasare Boskov. Dopo l’esilio dorato e doriano di Genova, con la casacca della Sampdoria, sembrano essersi ricomposti i cocci di un rapporto ormai logoro tra l’ex Pallone d’Oro 1987, la società rossonera ed il tecnico Capello che, insieme ad alcuni compagni di squadra, non sembrano vedere di buon occhio il ritorno del carismatico olandese in rossonero. E i timori di una brace che cova pericolosamente sotto la cenere si palesano in men che non si dica e già durante la sessione autunnale del mercato di riparazione, Gullit chiede la cessione definitiva e termina anzitempo il suo rapporto con i rossoneri dopo oltre sei campionati costellati di successi in campo nazionale ed internazionale. Dopo otto presenze e tre reti nella prima parte di campionato, Ruud fa nuovamente ritorno verso la sua amata Genova in cambio di Alessandro Melli che compie il viaggio sulla direttrice opposta. Finisce, così, definitivamente un’epoca. Gullit saluta il Milan dopo 171 presenze complessive fra campionato e coppe e 56 reti.
Dejan SAVICEVIC
Il Genio non lo si può costringere in uno steccato. E infatti, la sua bizzarria tattica – che è stata vera croce e delizia di tecnici e tifosi – lo ha portato ad un’interpretazione così strettamente personale del suo ruolo da essere irripetibile, unica. Il talento del Montenegro, ormai, è in Italia da due anni e, complici le regole che contingentano l’utilizzo degli stranieri, deve ottimizzare le occasioni che mister Capello gli concede. Illumina con la sua classe cristallina ed impreziosisce le sue partite con giocate che son pepite d’oro. Se sarà una giornata di queste, narra Marco Simone in un’intervista, lo si capisce quando ha tra le mani il telecomando o accende da sé la sigaretta: quando compie questi gesti in autonomia, la vittoria è assicurata, ma se chiede aiuto ad un compagno di squadra, in campo ci sarà da correre anche per lui, pigro, volubile ed indolente com’è. Ciononostante, gli addii di Rijkaard, Gullit e Papin, insieme all’indisponibilità di van Basten, gli consentono di aver più spazio in campo e le nove reti in diciannove partite costituiscono il miglior bottino raccolto durante la sua esperienza italiana.
Marco VAN BASTEN
Ormai non lo si vede in campo da più di un anno, ma Marco van Basten cerca di superare gli scogli che la vita gli pone davanti. La quarta operazione dalla caviglia non sembra avergli dato le necessarie certezze per consentirgli di sottoporla allo stress che gli viene richiesto, ma il Cigno di Utrecht smania per tornare ad aprire le sue ali in campo e volare tra le maglie degli avversari. Non scende mai in campo, ma lavora per tentare il recupero. Non si arrende per tutta la stagione e nell’estate del 1995 prova a forzare il rientro. Tuttavia, gli basta poco per capire che le sue articolazioni di cristallo sono fragilissime e nel mese di agosto annuncia il suo ritiro. Per lui si è scomodato anche il maestro Carmelo Bene: «Il lutto per il suo ritiro anticipato non si è estinto e mai si estinguerà».
NAPOLI
ANDRÉ Alves da CRUZ
Il Napoli pesca il jolly e lo fa a ragion veduta, assicurandosi le prestazioni del difensore centrale brasiliano acquistato dai belgi dello Standard Liegi. Il suo non è un nome altisonante, ma la qualità non si discute: è nell’orbita della Seleção da diversi anni e, dopo aver sfiorato la convocazione per i Mondiali di Italia ’90, ha completato la sua maturazione nel Vecchio Continente. La sua arma segreta è un piede sinistro da rifinitore che, abbinato alla forza fisica ed al senso della posizione, ne fanno in un certo qual modo uno dei prototipi del difensore moderno: è capace di impostare dalle retrovie e di guidare le manovre da lontano. Con Vujadin Boskov le sue prestazioni acquistano maggior spessore e il brasiliano acquisisce ulteriore consapevolezza dei suoi mezzi. Conclude la stagione con un bottino di sette reti in trenta partite – che tuttavia non consentiranno ai partenopei di accedere al tabellone della Coppa UEFA – ponendolo all’attenzione di tutti come uno degli acquisti più azzeccati dell’anno
Freddy Eusebio RINCON
La missione estera del Napoli si rivela particolarmente fruttuosa nell’estate del 1994 e dopo gli addii di Fonseca in attacco e di Thern a centrocampo, la dirigenza azzurra attende di dare un’occhiata ai Mondiali per affondare il colpo che porta all’acquisto del colombiano Freddy Eusebio Rincon. Gioca sulla linea del centrocampo, all’occorrenza anche come ala ed al suo arrivo al San Paolo nessuno può attendersi di vederlo vestire la maglia del Real Madrid durante il campionato successivo. Eh sì, perché Rincon riesce a far tacere i mugugni di chi lo accoglie con freddezza, mettendo a segno ben sette reti in ventotto partite. La sua stagione è così convincente da incoraggiare El Poeta a vestirlo con la casacca delle Merengues nell’estate del 1995. Non riesce a ripetersi nella Casa Blanca e fa così ritorno in Sudamerica al Palmeiras. Disputa tre Mondiali con i Cafeteros: 1990, 1994 e 1998.
Alain BOGHOSSIAN
Il Napoli approfitta della retrocessione in Ligue 2 dell’Olympique Marsiglia per portare all’ombra del Vesuvio uno dei ragazzi di maggior prospetto in forza ai transalpini. È un centrocampista di origini armene e, nonostante la giovane età, ha già il piglio del giocatore maturo. Alain Boghossian sbarca a Napoli nell’estate del 1994 ed il suo approccio alla città partenopea, però, non inizia nel migliore dei modi. Un durissimo infortunio al legamento crociato durante la sfida del Delle Alpi contro il Torino lo tiene via praticamente per tutta la stagione, costringendolo ad un lungo recupero. Si riprenderà, con gli interessi, nelle annate a venire.
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