Portieri anni ’90: Taffarel
8 Maggio 2020
In tante situazioni quando pensiamo al calcio e non solo, spesso partiamo da preconcetti secondo noi molto evidenti e quasi oggettivi. I pregiudizi calcistici sono nati dopo anni di critica e giornalismo sportivo che sviluppavano l’analisi partendo spesso da fondamenti che non tenevano minimamente conto del campo e dello sviluppo del calcio nelle diverse aree geografiche che non fossero la Penisola. Ad esempio eravamo convinti che i tedeschi non erano fantasiosi, che gli spagnoli erano semplicemente furiosi, che gli inglesi sapevano solo giocare di testa e che i portieri brasiliani erano scarsi. Questa nostra ultima convinzione aveva una testimonianza precisa: il secondo gol incassato da Valdir Peres, numero 1 del Brasile a Spagna ’82, nella partita della tripletta di Paolo Rossi. Poiché uno dei più grandi terremoti calcistici si è avuto anche per l’errore del portiere su uno dei gol, allora i portieri brasiliani erano i peggiori al mondo. Un sillogismo alquanto strano. Nella mischia dimenticavamo portieri eccezionali e vincenti come Gilmar, Felix, Leão e quando il Parma acquista dall’Internacional di Porto Alegre Cláudio Taffarel a molti viene da ridere e da chiedere a Tanzi: “Ma come ti salta in mente di comprare un portiere brasiliano?” La risposta è pronta e rassicurante: “Non vi preoccupate, serve soprattutto per diffondere il marchio Parmalat in Brasile”.
Taffarel però è un ottimo portiere e lo dimostra fin da subito. I suoi grandi pregi sono l’essenzialità e la precisione tecnica del gesto. Non ruba mai l’occhio per una parata dal grande valore estetico, più che altro ha riflessi impressionanti, che spesso stoppano sulle corde vocali già vibranti le urla di gioia dei tifosi avversari.
Nel 1991-92 con i ducali vince la Coppa Italia e l’anno successivo la Coppa delle Coppe nella finale di Wembley contro l’Anversa. Ma nelle partite decisive lui non c’è, sostituito da Marco Ballotta che, come si dice in gergo, “dava maggiori garanzie”. Per la Bola de Ouro 1988, premio per il miglior giocatore in assoluto del campionato brasiliano, era un affronto e allora tanto vale prepararsi alla Coppa del Mondo 1994 in una squadra con meno ambizioni, la Reggiana. La stagione è buona, la salvezza arriva all’ultima giornata grazie ad un Milan accomodante che pensava già alla finale di Atene contro il Barcellona, ma resta quel marchio: se il Brasile ha questo numero 1 non può fare strada.
E invece l’America cambia tutto. Taffarel è uno dei migliori portieri del torneo, con la sua essenzialità toglie dal fuoco le castagne più bollenti e para due rigori nella finale che da il titolo mondiale. Proprio contro di noi.
Ho scritto che l’America ha cambiato tutto. Mi sbagliavo. Quando torna da noi non ha squadra e per fede, restare in allenamento e amicizia nei confronti di Don Felice, gioca da attaccante nella squadra del Preziosissimo Sangue di Reggio Emilia. Il portiere campione del mondo, che ha portato alla vittoria i verdeoro parando i rigori decisivi in finale, ha praticamente terminato la sua carriera.
Ma nella storia di Taffarel ci sono tanti invece e tante ripartenze. Lo chiama l’Atlético Mineiro, lui ci va, lasciando il cuore a Reggio Emilia, e vince anche la Copa America del 1997, quella in Bolivia dove il duo Romario-Ronaldo fa scintille. Il palmares in Nazionale è spaventoso, perché c’è da aggiungere anche un Mondiale Under-20 nel 1985, un’altra Copa America nel 1989, i Giochi Panamericani del 1987 e quattro argenti pesanti, quello mondiale del 1998, due in Copa nel 1991 e 1995 e quello olimpico del 1988.
Intanto vince anche con l’Atlético e l’Europa lo rivuole, questa volta senza remore e sorrisetti. Nel 1998 va al Galatasaray ed è la pietra angolare su cui viene costruita la squadra turca di club più forte di sempre. Vince la Coppa UEFA del 2000, la Supercoppa Europea contro il Real Madrid di Raúl, Figo e Roberto Carlos e fa paura nella Champions League 2000-2001, in cui batte ed elimina il Milan e raggiunge i quarti di finale.
Smette di giocare sentendo e seguendo il suo spirito, come ha sempre fatto. Gioca al Parma di nuovo da due anni e lo vuole l’Empoli per la stagione 2003-2004. Lui accetta, prende l’auto e va verso la città toscana per iniziare. Sulla strada la macchina va in panne e in quel momento decide: Dio vuole che non arrivi ad Empoli e quindi che la mia carriera finisca in questo momento.
Poche parole, essenziali e precise, come le sue parate.
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