Privacy Policy Quando era impossibile giocare a calcio senza i baffi: tra tutti questi chi ha il baffo più memorabile? - Pagina 7 di 10

Quando era impossibile giocare a calcio senza i baffi: tra tutti questi chi ha il baffo più memorabile?

3 Dicembre 2021

Herbert PROHASKA

Dopo quattordici anni autarchici, l’Italia riaprì le frontiere nel 1980, concedendo ad ogni squadra del campionato di Serie A di poter tesserare uno straniero tra le proprie fila. La scelta dell’Inter cadde su Schneckerl Prohaska, simbolo dell’Austria Vienna. Il centrocampista si presenta alla Scala del Calcio con l’obiettivo di difendere lo Scudetto cucito sul petto e portare il più possibile in avanti i Nerazzurri in Coppa dei Campioni. L’annata sarà avara di soddisfazioni, tuttavia Prohaska si rivelò utile per la vittoria in Coppa Italia. Scaricato dopo due anni, Herbert venne ingaggiato dalla Roma e agli ordini del Barone Liedholm si rivelò più che decisivo per la vittoria dello Scudetto giallorosso.

Franklin RIJKAARD

È l’estate del 1988 quando spunta il terzo tulipano nel lussureggiante giardino del Diavolo che è chiamato a difendere il tricolore conquistato l’anno prima sul Napoli di Maradona e, contemporaneamente, a riportare in alto il suo nome in Coppa Campioni dopo un’assenza di dieci anni. Il suo arrivo scaccia definitivamente il fantasma di Claudio Borghi. Colonna dell’Ajax degli anni ’80, il suo 1987 viene caratterizzato dalla gita fuori programma in Portogallo con lo Sporting Lisbona e, dopo mezza stagione in prestito al Real Saragozza, viene chiamato alla corte dei Rossoneri per completare il trio con Gullit e van Basten. Il suo inserimento è un successo e con il Milan domina in Italia, in Europa e nel Mondo.

Giovanni ROCCOTELLI

E adesso chi è Giovanni Roccotelli? Molti non lo sapranno, ma le sue gesta hanno fatto il giro del mondo. Anzi, un suo gesto in particolare: la rabona. Anzi, l’incrociata, come venne definita all’epoca. Fu durante una sfida del “suo” Cagliari contro la SPAL che l’ala destra barese sbalordì il pubblico del Sant’Elia con questa soluzione tecnica e stilistica dannatamente efficace. Il suo arrivo in Serie A da titolare si concretizza nel 1977 quando Roccotelli arriva all’Ascoli e nella massima categoria ritorna grazie al Cesena nel 1981-82 per la sua ultima stagione fra i grandi, prima di concludere la carriera nelle serie minori.

Claudio SALA

È passato agli annali con il soprannome di Poeta del Gol. Dai suoi cross, che provenivano indifferentemente dalla destra o dalla sinistra, son scaturite montagne di gol, puntualmente realizzate dai Gemelli del Gol: Pulici e Graziani. Con le sue elegantissime movenze ha saputo vestire la maglia numero 7 che fu di Luigi Meroni con la leggerezza che è propria dei campioni. Dopo una vita in granata, la squadra del suo cuore con cui ha vinto anche lo Scudetto 1975-76, Sala finisce la sua carriera con il Genoa: l’altra squadra – insieme al Como – che fu proprio di Luigi Meroni.

Graeme SOUNESS

L’ex centrocampista del Liverpool arriva in Italia da campione d’Europa in carica su suggerimento al presidente Mantovani di Trevor Francis, altra colonna del calcio inglese, ormai a Genova da due anni. Il suo impatto col campionato italiano è più che buono: i Blucerchiati finiscono al quarto posto e si aggiudicano la Coppa Italia; Souness è il leader indiscusso della squadra che sta crescendo esponenzialmente. Vive due anni ricchi di soddisfazioni in Liguria, ma dopo un’altra stagione a Marassi, saluta mister Bersellini e compagni per coronare il suo sogno di bambino e vestire la maglia dei Rangers di Glasgow.

Blaz SLISKOVIC

In lui risiedono tutte le caratteristiche che rappresentano il luogo comune di generazioni di fenomeni cresciuti nella penisola balcanica: a qualità tecniche stratosferiche fanno da contraltare un’atavica indolenza ed una continuità che latita, aspetti (troppo) peculiari degli atleti slavi. Sliskovic si fa notare a Pescara, voluto da Giovanni Galeone che lo ebbe in occasione delle stagioni 1987-88, durante la quale Baka mise in mostra un campionario fenomenale, e nel 1992-93, anno del suo ritorno. Quattro anni dopo è più bolso, appesantito, ma fa sussultare i cuori quando ritrova la lucidità dei tempi che furono.

Rosolo VAILATI

Se questa rubrica ha visto la luce, gran parte della “colpa” è solo sua. Siam ben certi che la sua figurina ha stregato generazioni intere di collezionisti con il suo sguardo maliardo e il suo baffo alla Lemmy dei Motörhead. Il centrocampista lombardo ha in Eugenio Fascetti e Fernando Veneranda i suoi due pigmalioni e proprio quest’ultimo lo chiama all’Avellino nell’ottobre 1982, facendolo esordire in Serie A contro la Juventus. Disputa diciotto partite con gli Irpini prima di tornare fra i cadetti con le due maglie di Triestina e Varese.