Quando era impossibile giocare a calcio senza i baffi: tra tutti questi chi ha il baffo più memorabile?
3 Dicembre 2021
Vito CHIMENTI
Guardatelo bene. Chimenti rappresenta la nemesi del giocatore attuale. E perciò gli vogliamo un bene dell’anima: rappresenta in tutto e per tutto l’anima verace di un’Italia che ormai non c’è più. Lavoratrice e caparbia. Caratteristiche che si rilevano in pieno durante la parabola della sua carriera, distinguendosi tra i cannonieri di provincia con le maglie di Catanzaro, Pistoiese e Avellino in Serie A e con il Palermo e il Taranto in Serie B. Particolare non da poco: con i Rosanero disputò la finale di Coppa Italia 1978-79 – i palermitani erano in B – segnando in finale contro la Juventus al primo minuto, risultato poi ribaltato con grandissima fatica soltanto ai supplementari.
Gianluca DE PONTI
Gil è stato un attaccante prolifico, chiamato in causa ogniqualvolta c’è da buttare la palla in rete. E com’è sempre accaduto, il suo compito l’ha svolto più che egregiamente. Ha vissuto il suo maggior periodo di forma tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, distinguendosi con le maglie di Cesena, Bologna, Avellino ed Ascoli, levandosi lo sfizio di guidare l’attacco della Sampdoria in Serie B. Era un attaccante guizzante e veloce, merce rara sui campi spesso fangosi della massima categoria, quando “rizollare” era un lusso concesso a pochi.
JUARY Jorge dos Santos Filho
Il suo balletto intorno alla bandierina del calcio d’angolo ha fatto storia, dando vita al concetto di “esultanza” come non si era mai visto prima. Le sue reti hanno rasserenato – seppur per lo spazio di una domenica – le popolazioni dell’Irpinia, devastate dal terremoto del 1980. E proprio all’Avellino, Juary ha legato i ricordi più belli della sua esperienza italiana. Dopo i due anni con i Lupi, Juary viene acquistato dall’Inter, ma incappa in una stagione storta. Non riesce a riprendersi né con l’Ascoli, né con la Cremonese. Sembra la fine della sua parabola. E invece segnerà una delle due reti – insieme al Tacco di Allah, Rabah Madjer – nella finalissima di Coppa dei Campioni che nel 1987 il Porto si aggiudica battendo il Bayern Monaco.
Massimo PALANCA
Nel suo piedino numero 37 era racchiuso un talento innato che portò in alto il nome del Catanzaro fra le grandi. A lui e alle sue magie, infatti, si legano strettamente i ricordi più belli dei tifosi giallorossi. Dopo la tripletta rifilata alla Roma – fra cui una rete direttamente da calcio d’angolo – il suo nome iniziò a circolare in maniera sempre più insistente e proprio alcuni gol nati direttamente da corner lo resero più che celebre. Nel 1981-82 lasciò le Aquile per tentare l’avventura al Napoli, ma si rivelò un fallimento. Tornò al Nicola Ceravolo nel 1986, con il Catanzaro in Serie C1, riportandolo prontamente fra i cadetti e sfiorando la clamorosa promozione in Serie A nel 1987-88.
Luigi PIRAS
Dopo Riva, ecco Piras. La tifoseria cagliaritana, riposti i sogni di gloria cullati e realizzati grazie a Rombo di Tuono, hanno bisogno di un nuovo punto di riferimento e la provvidenza dona ai Rossoblù un figlio della propria terra. Gigi lega così per sempre il suo nome al Casteddu, mettendo insieme la bellezza di 320 presenze condite da ottantasette reti realizzate tra il 1973 e il 1987. Alla fine degli anni ’70 compose un tandem tutto sardo insieme a Pietro Paolo Virdis che consentì al Cagliari di ritornare in Serie A.
Roberto PRUZZO
‘O Rey di Crocefieschi è stato uno dei bomber più prolifici nella storia della Serie A, costruendo a Roma la sua opera monumentale più bella di tutte: vincere lo Scudetto nel 1983. Venne acquistato dal Genoa nel 1978 dopo aver segnato gol a raffica coi colori del Grifone. Per tre miliardi e il cartellino di Bruno Conti, Pruzzo si è impossessato della maglia numero nove e per dieci lunghi anni non l’ha mai mollata, laureandosi per ben tre volte capocannoniere, infrangendo primati su primati. Uno su tutti? Beh, il pokerissimo rifilato all’Avellino nella stagione 1985-86.
Ian RUSH
Forte di 139 reti realizzate 224 partite col Liverpool, la Juventus scommise forte sul suo profilo per tornare alla conquista dello Scudetto dopo l’addio di Platini avvenuto prima dell’estate del 1987. In lui in molti videro l’erede di John Charles, invece Ian Rush faticò tremendamente ad adattarsi al campionato italiano, tanto da essere ricordato come una delle più grandi delusioni di sempre. Dopo un solo anno pieno zeppo di delusioni, infatti, fece immediato ritorno ai Reds.
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