Quando la Premier League era un’esperienza da fine carriera
4 Marzo 2020
ROBERTO DI MATTEO (CHELSEA)
Roberto Di Matteo ha trascorso ben sei stagioni in Inghilterra, sempre tra le fila del Chelsea, e cinque nelle divisioni elvetiche, in mezzo tre anni in Italia (dal 1993 al 1996), vestendo la maglia biancoazzurra della Lazio. Valorizzato nel club romano da Zoff, prima, e Zeman, poi, e da Sacchi in Nazionale, Di Matteo sorprende tutti passando al Chelsea il 3 luglio 1996 per quindici miliardi, cifra di rilievo all’epoca per un centrocampista, sostituito nell’organico laziale (si fa per dire…) da Paul Okon. Seguendo le orme di Vialli già approdato all’ombra di Stamford Bridge, rappresentò il primo caso di un nazionale italiano a militare in una squadra europea, seguito poco dopo da Zola. Con loro due, sotto la guida tecnica di Vialli (1998-00) e Ranieri (2000-04), il Chelsea a trazione italiana iniziò la risalita verso l’Olimpo del calcio inglese, dopotutto Italians do it better.
DAVID DI MICHELE (WEST HAM UNITED)
Due gol e un assist all’esordio. Possibile far meglio? Quasi sicuramente no. Altri due gol in ventotto partite. Possibile fare meglio? Decisamente sì, specie quando sei un attaccante. Ma la storia di Re David alla corte di sir Gianfranco Zola, tecnico del West Ham United, non ha né un epilogo memorabile, né leggendario. Tutto è racchiuso nella “normalità” di un’annata non propriamente memorabile che, però, ha avuto il torto di illudere sia Di Michele sull’aver trovato una propria dimensione che il tecnico sardo circa l’aver trovato una cura ai mali in area di rigore del suo team. Dicevamo di due gol ed un assist nel giorno del debutto dinanzi al pubblico amico del Boleyn Ground. Poi un’attesa di quasi cinque mesi fino agli altri due gol in dieci giorni rifilati a Fulham e Hull City. E niente più. Per sua fortuna, sarebbe mancato poco al suo arrivo a Lecce…
ANDREA DOSSENA (LIVERPOOL – SUNDERLAND)
Rafa Benitez lo sceglie per coprire la fascia sinistra al termine di una stagione con i controfiocchi vissuta con l’Udinese: il suo regno è rappresentato dalla fascia sinistra che, in campionato, ara in su e in giù per trentacinque partite, mettendo a segno anche due reti. Le sue prestazioni sono così convincenti che anche il commissario tecnico, Roberto Donadoni, lo convoca in Nazionale. Nell’estate del 2008 si concretizza il passaggio ai Reds e Dossena continua a presidiare la fascia mancina anche in azzurro. Il duello con Fabio Aurelio per una maglia da titolare lo vede vincitore del ballottaggio, dopo l’infortunio del suo diretto concorrente ma l’ambiente che si respira in Inghilterra è totalmente diversa rispetto a quella del Friuli. Viene ben presto relegato in panchina, seppur si levi la soddisfazione di segnare il suo primo gol in Champions League nel 4-0 rifilato al Real Madrid. La chiamata del Napoli nel gennaio 2010 pone fine alla sua esperienza ad Anfield Road. Torna in Inghilterra dopo tre anni e mezzo, durante i quali si è disimpegnato con le maglie di Napoli e Palermo. Lo smalto non è certo quello di una volta e il Sunderland lo acquista solo nell’ultimo giorno di mercato: con i Black Cats racimola sette comparsate, prima di abbracciare la causa del Leyton Orient e dire addio definitivamente all’Inghilterra.
STEFANO ERANIO (DERBY COUNTY)
Dopo aver alzato trofei con il Milan di Capello e aver vestito la maglia della nazionale, il tornante originario di Genova arriva al Derby County nell’estate del 1997 a quasi trentun anni. Gli addetti ai lavori pensano sia andato a svernare nella provincia inglese, dove un eventuale fallimento sarebbe comunque lontano dalla luce dei riflettori del grande calcio. Ma Eranio smentisce tutti subito. La prima partita casalinga coincide con l’inaugurazione del nuovo stadio, il Pride Park, ed è proprio Stefano Eranio a siglare lo storico gol vittoria dal dischetto contro il Burnley. Il rendimento della squadra è alto, anche Ciccio Baiano, arrivato da Firenze, fa la sua parte in attacco integrandosi perfettamente con Sturridge e Wanchope. Il Derby conclude ottavo, l’anno dopo nono, piazzamenti che da quelle parti non sono proprio all’ordine del giorno. Nei due anni successivi il Derby (orfano dell’ex pupillo di Zeman) soffre, ma evita la retrocessione. Eranio chiude la sua esperienza inglese nel 2001 da capitano, alla soglia dei 35 anni, nonostante i tentativi della dirigenza di trattenerlo. Cinque anni dopo sarà inserito nella Hall of Fame del club.
MATTEO FERRARI (EVERTON)
Non si vedeva un difensore italiano dalle parti di Goodison Park dai tempi di Materazzi. E sebbene il ricordo lasciato dal suo predecessore sia tutto sommato positivo, lo stesso non può dirsi dell’annata dell’italo-algerino agli ordini di David Moyes. In rosa c’è anche Alessandro Pistone, ma il rendimento di entrambi non può definirsi soddisfacente. Le migliori stagioni che gli son valse anche la convocazione in Nazionale sono ormai alle spalle ed il Ferrari che si presenta agli ordini del Ferguson dei Toffees risulta essere solo una copia sbiadita del difensore che tanto bene aveva fatto con la maglia del Parma e che, forse, aveva iniziato a perdere i giri dopo l’esperienza con la maglia della Roma. Le brutte sensazioni si rivelano tali e nella stagione che porta l’Italia verso i Mondiali, Matteo fallisce doppiamente l’obiettivo, racimolando solo otto presenze. Il ritorno in Italia è scontato già a metà anno e l’esperienza con l’Everton si chiude senza particolari spargimenti di lacrime.
GIANLUCA FESTA (MIDDLESBROUGH)
Difensore centrale col vizio del gol, viene acquistato nel gennaio del 1997 da un Middlesbrough che, nonostante la faraonica campagna acquisti estiva, è in piena lotta per non retrocedere. L’attacco del Boro è tanto prolifico quanto la difesa è vulnerabile. Con Festa le cose migliorano, ma non abbastanza e la relegation arriva a fine stagione. Gianluca a Middlesbrough si trova bene, il gioco inglese, all’epoca fatto di palloni alti e di cross, si adatta perfettamente alle sue caratteristiche; inoltre per i tifosi è un vero e proprio beniamino. Così, a differenza di molti altri giocatori della rosa, matura la decisione di rimanere in First Division (l’odierna Football League) e nel 1997-98 è tra i protagonisti dell’immediata promozione. Rimarrà in Premier League con la maglia vestendo il biancorosso fino al 2002, sommando 136 presenze e dieci gol. Sicuramente non il miglior difensore italiano, ma uno dei migliori difensori visti al Riverside Stadium.
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