Quando la rete viene da lontano: chi sono i difensori più prolifici della storia della Serie A?
25 Maggio 2020
3. Sinisa MIHAJLOVIC – 38 reti
«Concorrenza? Chi ha visto guerra non ha paura di concorrenza». Risponde così a chi gli chiede se l’arrivo di Jaap Stam alla Lazio lo spaventi, visto che l’altro centrale è Alessandro Nesta. E risponde sul rettangolo verde a suon di prestazioni, facendo sloggiare l’olandese sulla corsia di destra. Arriva in Italia dopo aver vinto la Coppa dei Campioni con la Stella Rossa: ha una lunga chioma sulle spalle, gioca prevalentemente sulla corsia mancina. Con gli anni si sposta al centro della retroguardia e diventa mortifero sui calci piazzati: dopo Roma e Sampdoria torna nella capitale, stavolta in biancoceleste, e nella stagione 1998-99 segna ben otto reti, vincendo la Coppa delle Coppe, per poi vincere il tricolore l’anno dopo. La sua malattia, da allenatore, ha commosso tutti.
2. Sergio CERVATO – 45 reti
In un’epoca, quella degli anni Cinquanta, dove i difensori preferivano “spazzare” la palla piuttosto che cercare la giocata, questo padovano di Carmignano di Brenta rappresenta la classica eccezione che conferma la regola. Piede educato, implacabile sui calci da fermo, guida la Fiorentina al titolo nel 1955-56, confermandosi un fattore soprattutto dagli undici metri. Quando alla soglia dei trent’anni passa alla Juventus, sembra sul viale del tramonto, colpa anche di un fisico provato dagli infortuni (al pollice della mano destra, amputato in gioventù, si somma il cosiddetto “piede freddo”, che in precedenza aveva colpito Giuseppe Meazza): si rilancia alla grande, diventando un difensore centrale di alto spessore, e vince due Scudetti.
1. Giacinto FACCHETTI – 59 reti
«Capitano di pulizia e di forza, capitano sempre a testa alta, capitano onesto e chiaro, capitano senza arroganza». Bastano le parole di Gianni Mura per definire il primatista di questa speciale graduatoria: cinquantanove reti, tutte su azione, in una interpretazione innovativa del ruolo di terzino dagli anni Sessanta al tramonto degli anni Settanta, in diciotto stagioni con la casacca nerazzurra sulle spalle ed una bacheca piena di trofei. Il segreto del Cipe? La sua capacità di correre sulla corsia mancina e di rientrare verso il centro, sorprendendo così le difese avversarie. La sua stagione più prolifica? Quella del 1965-66: dopo aver vinto tutto nelle due precedenti con Helenio Herrera in panchina, divenne il primo difensore ad andare in doppia cifra con dieci centri all’attivo.
di Damiano Reverberi
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