Un poker che non dimenticheremo mai: la sconfitta più umiliante della Nazionale italiana
3 Luglio 2020
Tacconi, Tassotti, De Agostini; Galia, Ferrara, Cravero; Colombo, Iachini, Carnevale, Mauro, Virdis. Commissario tecnico Francesco Rocca, stimato tecnico federale, che ha preso il posto di Dino Zoff, passato alla Juventus. Siamo in Corea del Sud, è il 19 settembre del 1988, ed i giocatori sopracitati, tutti ottimi calciatori di una Serie A che è di gran lunga il campionato più bello del globo, stanno per diventare loro malgrado protagonisti di una delle figuracce storiche della nazionale azzurra. Forse, fino al momento dei fatti, seconda solo all’eliminazione dal Mondiale 1966 dell’Italia per mano dei Nordcoreani, ma un 4-0 rimediato dallo Zambia entra di diritto negli annali, per rimanervi indelebilmente per sempre.
Qui non si gioca per il titolo iridato ma per il girone di qualificazione della XXIV Olimpiade. Sappiamo tutti del rapporto non esattamente idilliaco tra il mondo del pallone e quello a cinque cerchi, visto che il calcio è l’unico sport al mondo dove la medaglia d’oro dei Giochi non è il titolo più importante, ma una volta in campo, questi discorsi restano fuori. E a perdere non ci sta nessuno. A maggior ragione in un torneo che si apre ai professionisti, anche se dall’edizione seguente, quella di Barcellona, saranno le selezioni Under 21 a prendervi parte.
L’esordio in terra asiatica è stato più o meno convincente, con un 5-2 al Guatemala dove sono andati in rete Carnevale, Evani, Virdis, Ferrara e Desideri, anche se la nostra difesa non sembra certo imperforabile. E nel tardo pomeriggio, allo stadio Mu Dung di Gwangju, si rivelerà in tutta la sua fragilità. Di fronte, come detto, c’è lo Zambia, nazione africana che dal punto di vista calcistico è davvero insignificante, con un solo giocatore, Kalusha Bwalya, che sarà poi capace di far strada nel calcio che conta. E ce lo farà capire nei novanta minuti di gioco, facendosi beffe di qualsiasi avversario.
L’inizio del match sembra in discesa per gli Azzurri: azione avvolgente che parte da Mauro, passa da Carnevale e Colombo, per poi aprire sulla destra a Tassotti; il terzino destro del Milan, capitano della spedizione, crossa col contagiri per il già citato Carnevale, attaccante del Napoli di Maradona, che schiaccia fuori di poco. Dall’altra parte, dopo un altro colpo di testa a lato di Carnevale, è Bwalya, che spara un missile da posizione impossibile su cui Tacconi respinge come può. Poi tocca a Makinka, centrocampista degli sconosciuti Profound Warriors, scaricare a rete da fuori area, col numero uno della Juventus che alza sopra la traversa.
Presagi sinistri si annidano all’orizzonte: Giacomo Bulgarelli, che commenta la sfida, parla di gara che «Possiamo risolvere individualmente, viste i nostri singoli in attacco, ma per il resto siamo in balia dell’avversario». E quando scocca il 40’ minuto, il numero 12 arancione, Kalusha Bwalya, si inserisce su passaggio verticale dalle retrovie e calcia di sinistro a rete: Tacconi è tutt’altro che perfetto e la palla, lentamente, scivola in rete. L’occasione per pareggiare ci sarebbe subito: su cross dalla sinistra di De Agostini, il portiere Chabala esce bene ma non trattiene, Colombo spara dal limite con la sfera alle stelle.
Nella ripresa ci si attende la reazione azzurra, che però manca totalmente: al 55’ Bwalya si presenta a calciare una punizione dall’out sinistro, Tacconi piazza la barriera perché, come tutti, attende un traversone, ma il giocatore del Cercle Bruges lo beffa sull’altro palo, portando a due le reti dei suoi. Ed il “de profundis” suona al 63’, quando l’altro Bwalya, Johnson, spara dai trentacinque metri a rete, la palla incoccia su un difensore azzurro e scavalca Tacconi. L’Italia sfiora il gol della bandiera dapprima con Virdis, poi con Carnevale, che calcia fuori da due passi, per poi subire il poker in Zona Cesarini, col solito Kalusha Bwalya che si presenta solo davanti al portiere, ha tempo per fare finte e controfinte, per poi concludere a rete.
Nonostante le polemiche per il risultato, con Rocca principale attore sul banco degli imputati, l’Italia passa comunque il turno grazie al 2-0 all’Iraq, batte a fatica la Svezia nei quarti e si arrende ai supplementari con i futuri campioni dell’URSS in semifinale, fallendo poi la medaglia di bronzo. E lo Zambia? Vince il girone davanti agli azzurri, grazie al 4-0 al Guatemala, ma la sua favola termina nei quarti, con un poker ricevuto dalla Germania Ovest, ben più attenta e quadrata dei nostri.
E, purtroppo, non è finita qui. La squadra africana fallisce la qualificazione per Italia 1990 ma punta dritta al mondiale successivo, quello americano, ponendo grandi speranze nel match sul campo del Senegal. Il 27 aprile 1993 il volo che porta tutta la squadra a Dakar lascia il Gabon, sede dell’ultimo rifornimento, ma il motore prende fuoco. Niente panico, basta spegnerlo e si può comunque proseguire con uno solo, ma un errore del primo pilota, stanco per la lunga traversata, costa il blocco dell’altro propulsore, quello funzionante, ed in pochi secondi l’aereo si schianta al suolo. Muoiono diciotto calciatori, oltre allo staff tecnico ed agli accompagnatori, in un disastro che purtroppo conta precedenti illustri nel mondo del calcio.
Scampano al disastro proprio Kalusha Bwalya, arrivato privatamente in Senegal in quanto impegnato col suo club, il PSV Eindhoven, ed il difensore Charlie Musonda, infortunato. Entrambi onorano al meglio il ricordo dei compagni guidando una nazionale nuova di pacca nella Coppa d’Africa 1994, chiusa al secondo posto, in quello che è il punto più alto del calcio zambiano fino a quel momento, oltre a quel poker realizzato nel pomeriggio di Seul.
Damiano Reverberi
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