Una vita a sinistra: trenta terzini che hanno fatto la Storia
10 Aprile 2021
Fabio GROSSO

Grosso è una questione di cuore un po’ per tutti noi, e ci perdonerete se ne parliamo solo in ottica di Nazionale. E come potrebbe essere altrimenti? La storia di Fabio è una favola che diventa realtà, è la riserva che si prende fascia e gloria, è l’uomo del destino al 93’ di Italia-Australia, quando si prende il rigore che poi Totti segna, è la rivisitazione dell’Urlo di Tardelli, è il rigore fatale alla Francia e della gioia immensa per tutti noi. Fabio è la rappresentazione concreta di come i sogni possano diventare realtà da un giorno all’altro. Da Serse Cosmi e dalle corse sulla fascia con la maglia del Perugia a Berlino all’assist di Pirlo e al tiro decisivo.
Juan Pablo SORIN

Scoperto da Sivori e segnalato alla Juventus, parentesi sfortunata della carriera del difensore argentino, che in bianconero mette insieme soltanto quattro presenze, senza mai giocare una partita intera. È il 1995, e a fine stagione Sorin se ne va al River, dove resta per cinque stagioni prima di andare al Cruzeiro e tornare poi in Italia, nella stagione 2002-03, con la maglia della Lazio. Terzino di corsa e di vocazione offensiva, è dotato di buona tecnica e di altrettanta capacità di giocare in più ruoli. Per lui un record particolare: ha vinto la Coppa dei Campioni con la Juventus nel 1995-96 e la Libertadores con il River nel 1996. Al suo attivo, dopo la sfortunata parentesi con la Lazio, anche le “comparsate” con Barcellona e Paris Saint Germain. Dopo Villareal e Amburgo, ha chiuso la carriera al Cruzeiro prima di riprendere – si fa per dire – qualche anno dopo in India e di dire definitivamente basta nel 2012.
Phil NEVILLE

Tra i simboli del Manchester United, è stato tra i volti ad aver caratterizzato l’epoca di Alex Ferguson. Indifferentemente terzino o centrocampista, sempre sulla sinistra, ha giocato insieme al fratello Gary dal 1991 al 2005, quando lascia lo United per l’Everton. Impossibile menzionare tutti i titoli vinti ad Old Trafford, è interessante l’aneddoto sulla sua prima gara con i blu di Liverpool, proprio contro i Red Devils in FA Cup, la prima volta da avversario del fratello. Goccia che fa traboccare il vaso per i tifosi del Liverpool, per i quali Phil non è certamente nella hit parade delle simpatie, lui, Phil cresciuto nel Manchester United, storico rivale dei Reds, ora nelle file dei rivali dell’Everton (squadra di cui diventerà anche capitano) con il fratello simbolo dei Diavoli Rossi con tanto di fascia al braccio. Troppo, anche per i tifosi di Anfield.
Diego Rodolfo PLACENTE

Sembrava destinato ad una carriera folgorante. L’esordio nel 1995, a poco più di 18 anni, con l’Argentinos Juniors, il passaggio al River Plate per esplicita volontà del mister dei Millonarios di allora, un certo Ramon Diaz, l’esplosione e le sirene dell’Europa, lo sbarco in Germania alle Aspirine del Bayer Leverkusen. Anni da protagonista in Bundesliga, culminati nella finale di Champions League 2001-02 persa contro il Real Madrid. Si libera a parametro zero dai tedeschi, ma nonostante qualche timido interesse di alcune grandi (o presunte tali) d’Europa, Placente sceglie il Celta Vigo. Resta in Galizia fino al 2007, torna in Argentina al San Lorenzo (ancora da Ramon Diaz) per poi tentare di nuovo l’avventura europea con il Bordeaux. Di fatto un flop, soltanto nove presenze con i Girondins e un mesto ritorno in patria. Di nuovo San Lorenzo, poi Nacional Montevideo e la fine all’Argentinos Juniors. Peccato, il talento c’era, e lo ha dimostrato sul palcoscenico più prestigioso con una squadra, il Bayer dell’epoca, davvero piena di talenti.
ANTONIO Lopez Guerrero

Un vero e proprio simbolo dell’Atletico Madrid, dove è nato e cresciuto, dove è partito dalle giovanili ed è diventato capitano, vincendo con la squadra di Simeone due Europa League e una Supercoppa Europea. Antonio Lopez è un terzino di vecchio stampo, buona gamba e tanta grinta, perfetto rappresentante di quel cholismo che impone corsa e garra ai suoi giocatori. Lunga è stata la strada per arrivare al 2009, anno in cui è diventato capitano dei Colchoneros. Il debutto in prima squadra nel 2001 (a vent’anni), e il prestino all’Osasuna, con il ritorno alla casa madre nel 2004, dove si appropria della fascia sinistra diventando uno dei simboli dell’Atletico. Dal 2009 capitano, giusto in tempo per alzare la cara vecchia (ex) Coppa UEFA. Ha chiuso la carriera con il Mallorca.
Eric ABIDAL

Terzino sinistro, ma anche capace di giocare al centro con profitto. La progressione è stato il suo marchio di fabbrica nell’arco dell’intera carriera, unita a un riconosciuto senso della posizione: questi i tratti distintivi di Eric Abidal, gli esordi nel Lyon-La Duchère e il passaggio al Monaco nel 2000, il prestito e il conseguente riscatto da parte del Lille, dove si consacra e arriva alla corte della grande di Francia per eccellenza dell’epoca, il Lione. È il 2004, Abidal scala le posizioni e diventa tra i migliori terzini d’Europa. Tanto basta per la chiamata del Barcellona, dove vince da protagonista praticamente tutto e dove affronta il dramma della malattia. Tumore rimosso, in campo dopo due mesi nella semifinale di ritorno di quella Coppa dei Campioni poi vinta contro il Manchester United: nella memoria di tutti il bel gesto di Puyol, che cede al compagno la fascia di capitano per permettergli di alzare quella Coppa che per Abidal ha rappresentato l’inizio di una seconda vita. Dopo il tumore il trapianto e un ulteriore stop, che non ha tuttavia pregiudicato la sua carriera, andata avanti con le opportune prudenze fino al 2014, quando dice addio al calcio dopo nove gare con l’Olympiakos.

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