Viaggio alla scoperta dei calciatori stranieri della Serie A 1988/89
23 Novembre 2021
Antonio Carlos CEREZO (Brasile)
Per lui il tempo sembra non passare mai. Tiramolla è giunto alla Sampdoria nel 1986, dopo tre anni ricchi di soddisfazioni con la maglia della Roma. Con mister Boskov in panchina, Cerezo vive una vera e propria seconda giovinezza e dà un contributo decisivo in termini di tecnica, carisma ed esperienza internazionale ad un collettivo caratterizzato da un’età media molto bassa. Sarà una delle colonne sulle quali si fonda il miracolo doriano e, nel giro di pochi anni, si aggiudica uno Scudetto, una Coppa delle Coppe e due Coppe Italia, rivestendo un ruolo primario fino al 1992 quando lascerà Genova per tornare in patria dopo la dolorosa sconfitta di Wembley con il Barcellona in finale di Coppa dei Campioni.
TORINO
Haris SKORO (Jugoslavia)
L’attaccante bosniaco fa parte della generazione d’oro dello Zeljeznicar Sarajevo che arriva addirittura a disputare le semifinali di Coppa UEFA, raggiungendo così il punto più alto nella storia del club. Conquista, così, anche la maglia della Jugoslavia ed è uno dei punti di riferimento della nazionale balcanica che punta alle qualificazioni al Mondiale 1990. Dopo un’ottima annata alla Dinamo Zagabria, Skoro viene acquistato dai Granata dopo l’addio di Anton Polster. Bagna il suo esordio in Serie A con una rete nella sconfitta interna per 2-3 contro la Sampdoria e la stagione si concluderà con la clamorosa retrocessione tra i cadetti. Segna sette reti in trentadue partite e l’anno successivo, in Serie B, si toglie la soddisfazione di segnare il gol più veloce nella storia del torneo nel match contro l’Ancona.
EDU Carlos Eduardo Marangon (Brasile)
Dopo trent’anni, il Torino retrocede incredibilmente in Serie B. E la dimensione di questa delusione la dà l’acquisto di Edu, operato dalla dirigenza granata con l’obiettivo di innalzare la cifra tecnica del suo organico ma che si rivela, ben presto, come una delle più grandi delusioni dell’intero torneo. I Granata lo strappano alle attenzioni dei maggiori club brasiliani, ma il suo impatto con la realtà italiana si rivela decisamente sotto le aspettative. Pian piano perde la fiducia di Radice prima e di Sala poi – gli allenatori che si alternano in panchina – e soltanto nel finale di stagione, con la situazione ormai compromessa, riesce a segnare le uniche due reti europee, prima di un rapido passaggio al Porto l’anno successivo e la definitiva “ritirata” in patria.
Luis Antonio MÜLLER Correa da Costa (Brasile)
Ha venti anni quando si ritrova in compagnia di Socrates e Zico nella Seleção impegnata nei Mondiali di Messico ’86. Müller è uno dei maggiori talenti sfornati dal vivaio del San Paolo e con i Tricolores si toglie molte soddisfazioni sia in patria che fuori dai confini nazionali. Quasi naturale che intervenisse una squadra estera a chiedere contezza del suo cartellino per assicurarsene le prestazioni. La spunta il Torino che deve sopperire alla partenza di Polster in attacco e Radice, così, opta per l’impiego del carioca accanto allo jugoslavo Skoro. Sebbene i due riescano comunque a farsi apprezzare in zona gol – Müller è il cannoniere della squadra con undici reti in campionato – il Torino retrocede drammaticamente in Serie B. Nonostante l’imminente Mondiale del 1990, Luis resta con i colori granata addosso anche fra i cadetti, riportando immediatamente il Toro in A. Torna poi al San Paolo, con cui conquista due Coppe Intercontinentali consecutive. Una, quella del 1993, porta la sua firma decisiva nel match di Tokio contro il Milan.
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