Viaggio alla scoperta dei calciatori stranieri della Serie A 1988/89
23 Novembre 2021
INTER
Ramon Angel DIAZ (Argentina)
E pensare che l’attaccante argentino giunge a Milano come rimpiazzo dopo il mancato arrivo di Madjer. Il Tacco di Allah, infatti, ha firmato già il contratto che lo legherà ai Nerazzurri, ma diversi problemi fisici rilevati durante le visite mediche fanno saltare l’accordo con l’algerino. Ecco, quindi, che il presidente Pellegrini ripiega sul centravanti della Seleccion, reduce da due campionati poco esaltanti con la maglia della Fiorentina. Invece, Diaz si conquista subito un posto da titolarissimo nello scacchiere del tecnico Trapattoni, affiancando il capocannoniere Serena e rivelandosi spesso decisivo, come già gli era accaduto ai tempi di Avellino. Resta soltanto un anno a San Siro, aggiudicandosi lo Scudetto dei Record e tenendo in caldo la maglia numero 9 al futuro centravanti che, dal 1989, vestirà la maglia dell’Inter: Jürgen Klinsmann. Lascia Milano per andare al Monaco dopo trentatré presenze e dodici reti.
Andreas BREHME (Germania Ovest)
Il suo ingaggio avviene tra lo scetticismo generale, nonostante in patria abbia già vinto diversi titoli con il Bayern Monaco ed è il terzino sinistro inamovibile della Germania Ovest. Tutto ciò nonostante il suo piede migliore sia il destro. Il suo eclettismo, unito ad una fisicità e ad una tecnica fuori dal normale, gli rende ben presto giustizia e Brehme diventa in men che non si dica il “mai più senza” di Trapattoni. Contribuisce fattivamente alla conquista dello Scudetto dei Record, sfornando cross in quantità industriale e pervenendo spesso e volentieri al tiro in porta. Lascia l’Inter nel 1992 – anche a malincuore – dopo undici reti e 116 presenze in campionato.
Lothar MATTHÄUS (Germania Ovest)
È il miglior straniero della stagione 1988-89. Dopo le delusioni accumulate negli anni fra Ludo Coeck, Hansi Müller e Vincenzo Scifo, l’Inter trova finalmente il suo numero dieci. È insostituibile. Lothar, infatti, è in ogni parte del campo e, leader qual è, si ritrova a far da eco alle indicazioni Trapattoni dalla panchina e i siparietti con il tecnico di Cusano Milanino sono la costante di ogni domenica. Matthäus segna e fa segnare, cuce e finalizza, recupera e segna. La sua prima stagione a Milano è da incorniciare e termina con nove reti in trentadue partite. Così come Brehme, lascia l’Inter nel 1992 per far ritorno nel “suo” Bayern Monaco.
JUVENTUS
Michael LAUDRUP (Danimarca)
Avrebbe meritato un’altra Juventus. E invece Michael Laudrup ha cantato e portato la croce, caricandosi sulle proprie spalle il peso dell’eredità di Platini, laddove i preposti – Magrin prima e Rui Barros poi – non furono in grado di sostenere in maniera adeguata il peso della maglia numero 10. Gioca indifferentemente a centrocampo e in attacco ed è il rappresentante più talentuoso della Danske Dynamite che ha stupito il globo durante i Mondiali di Messico ’86. È nell’orbita juventina già dal 1983, ma le regole dell’epoca costrinsero la Vecchia Signora a dirigerlo altrove per vederlo maturare: disputa due campionati nella Lazio e torna al Comunale nel 1985-86, aggiudicandosi lo Scudetto e la Coppa Intercontinentale. Poi, il buio dopo l’addio di Le Roi. Al termine del campionato, Laudrup lascia la Juventus per accasarsi al Barcellona.
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